Albert Schweitzer (1875-1965), le Grand Docteur, è soprattutto famoso per il premio Nobel per la pace conseguito nel 1952 e per essere stato definito dal suo amico Albert Einstein l’Uomo più buono del XX secolo. All’età di trent’anni, già teologo, filosofo e musicista (grande conoscitore ed esecutore all’organo della musica di Bach), decide di intraprendere gli studi di medicina per andare a fare il medico in Africa, in Gabon.
“Il progetto che stavo per mettere in atto lo portavo in me già da lungo tempo. La sua origine rimontava ai miei anni di studentato. Mi riusciva incomprensibile che io potessi vivere una vita fortunata, mentre vedevo intorno a me così tanti uomini afflitti da ansie e dolori […] Mi aggrediva il pensiero che questa fortuna non fosse una cosa ovvia, ma che dovessi dare qualcosa in cambio […] Quando mi annunciai come studente al professor Fehling, allora decano della Facoltà di Medicina, egli avrebbe preferito spedirmi dai suoi colleghi di psichiatria”
Consegue la laurea (con specializzazione in malattie tropicali) nove anni dopo, nel 1913, e parte con la moglie per fondare a Lambaréné quell’ospedale che sarà la missione della sua vita.
Filosofia della Civiltà
Nel corso della Grande Guerra, quella per cui lui alsaziano tedesco fu messo agli arresti nella colonia francese del Gabon, Schweitzer scrive e rielabora un saggio intitolato Filosofia della Civiltà. La diagnosi è drastica: “Un uomo asservito, che non riflette più, incompleto, che ha smarrito la sua umanità, che consegna la propria autonomia intellettuale e la propria capacità di giudizio morale alla società organizzata, prigioniero da ogni punto di vista di ostacoli che lo allontanano dalla civiltà: questo è l’uomo moderno, incamminatosi su un oscuro sentiero, in un’epoca buia.” Il razionalismo trionfante ha smarrito il senso morale a sostegno delle sue grandi conquiste. “Le energie etiche si sono indebolite, mentre le conquiste dell’intelletto nell’ambito materiale hanno continuato più strabilianti che mai.”
Ciò che di nuovo occorre è una riflessione sul senso della vita, per ritrovare una concezione affermativa del mondo e dell’esistenza. In successivi scritti Schweitzer indica questa strada da percorrere. L’etica nasce da questa affermazione del mondo e della vita. “Il rispetto per la vita, veneratio vitae, è l’espressione più immediata e al tempo stesso più profonda della mia volontà di vita.” Il rispetto per la vita è la semplice concezione del mondo da cui ripartire. Il rispetto della vita ci innalza sopra la mera conoscenza delle cose.
Una negazione della vita e del mondo si è insinuata nella storia della filosofia e della civiltà occidentali. Ma l’etica che prescinde da ogni teoria della conoscenza deve essere innanzitutto una riaffermazione del mondo e della vita. Un’etica non utilitaristica, ma un’etica del sacrificio e del perfezionamento di sé.
“La responsabilità soggettiva, senza limiti in estensione e intensità, nei riguardi di tutta la vita che s’incontra nel proprio ambito, così come l’uomo, interiormente affrancatosi dal mondo, la vive e cerca di realizzarla: questa è l’etica.” “Donarsi alla vita in virtù del rispetto per la vita”.
L’etica del rispetto per la vita
Le nozioni di bene e male diventano molto semplici se si mette al centro dell’etica il rispetto per la vita. “Di fatto, tutto ciò che è ritenuto cosa buona nell’abituale valutazione etica del comportamento degli uomini tra loro può risiedere nel difendere – a livello materiale e spirituale – o nel favorire la vita umana, così come nel desiderio di portarla al suo più alto livello. Al contrario, tutto ciò che nel comportamento degli uomini tra loro è considerato male è, in ultima analisi, la distruzione fisica e spirituale della vita umana o il danneggiarla e il non far nulla per darle il massimo valore.” “L’etica implica un sentimento di responsabilità esteso all’infinito verso tutto ciò che vive.”
La compassione, l’amore rientrano nel rispetto per la vita. Schweitzer ha sentito rivelarsi dentro di sé una pura volontà di vivere, che lo ha spinto a farne testimonianza agli altri. Essere sinceri con se stessi richiede anche negli altri una pari forza morale, e dona anche la forza del perdono. Ogni offesa alla vita è assoluta e non relativa, implica la nostra responsabilità. “L’etica del rispetto per la vita fa sì che non possiamo più ritenerci, attraverso un silenzio complice, insensibili a tutto ciò che, in quanto uomini pensanti, dovremmo invece avvertire nell’animo. Ci incita reciprocamente a non chiudere gli occhi davanti alla sofferenza e a parlare e ad agire senza paura secondo le responsabilità che sentiamo gravare su di noi.”
“V’è certamente qualcosa che puoi fare, purché tu lo voglia davvero…”
Possono esserci molto pseudoetiche, ma una sola etica. “C’è etica solo dove c’è umanità, cioè dove l’esistenza e la felicità di ogni singolo essere umano vengono rispettate.” Anche l’utopia di una pace perpetua dipende dall’etica del rispetto per la vita.
La conclusione è una radicale critica della civiltà. “Tutti i progressi compiuti dalla scienza e dalla tecnica, alla fine, producono effetti disastrosi se non manteniamo un dominio su di essi mediante un corrispondente progresso della nostra spiritualità.”
Per lo Schweitzer teologo, quest’etica ha un carattere religioso, si sposa con la concezione escatologica di Gesù. A noi comunque interessa qui sottolineare come sia già solo il suo umanesimo a porre degli argini al nichilismo o al relativismo dell’etica postmoderna.
La reverence of life scaturisce come testimonianza della sua vita e della sua volontà di vivere. My life is my argument, come Schweitzer amava dire.
“Tanto già si potrebbe fare per migliorare la nostra situazione, se solo noi ci concedessimo tre minuti ogni sera per guardare fisso e meditare l’infinito mondo dei paradisi stellati, o se prendendo parte ad un funerale riflettessimo sull’enigma della vita e della morte”.
Grazie al Dott. Mazziotti Di Celso per avermi rinfrescato il mio grande amore infantile e non, per Albert Schweitzer, secondo solo a mio padre,entrambi medici, filantropi, umanisti e musicisti.
W la vita! W tutti coloro che la rispettano e la onorano.
Grazie alla dr.ssa Gallerani, anche lei ottima autrice di questo blog, per le sue parole.