La fitoterapia è una scienza medica antichissima; il suo nome deriva dal greco, dall’unione delle due parole phytón (pianta) e therapéia (cura). È quella pratica medica che utilizza piante o estratti di esse per curare le più disparate patologie nonché per il mantenimento del benessere fisico ed emotivo dei pazienti che la utilizzano. L’utilizzo delle piante come medicamenti non è appannaggio soltanto della specie umana, ma viene utilizzata da millenni anche per la cura degli animali, e perfino per le stesse piante.
Lo strumento terapeutico viene definito fitofarmaco, mentre il termine fitoterapia compare per la prima volta nel trattato di Lineamenti di fitoterapia del medico francese Henri Léclerc, medico francese vissuto alla fine del 1800, che pubblicò nel 1913 il testo “Précis de phytothérapie“ per illustrare la differenza tra la medicina tradizionale basata sull’utilizzo di erbe e la moderna medicina dell’epoca che si basava sull’utilizzo di piante officinali.
Per pianta officinale si intende una pianta che possiede proprietà curative, aromatiche o profumate, che può essere utilizzata in farmacia, erboristeria, cosmesi, cucina per la preparazione appunto di medicamenti o sottoforma di prodotti di vario genere come infusi, impacchi o tisane. Ma vediamo insieme quali sono le origini di questa arcaica pratica medica e come a partire da studi sull’uomo si è arrivati ad utilizzarla anche per gli animali.
Breve storia della fitoterapia
L’utilizzo delle piante per la cura delle malattie ha origini che si perdono nella notte dei tempi, e le prime testimonianze sull’impiego di piante, definite droghe vegetali, risalgono al 2600 a.C. e riportano l’esistenza di un complesso sistema farmacologico in Mesopotamia comprendente circa 1000 medicamenti a base di piante.
Il papiro di Ebers, risalente al 1550 a.C., contiene più di 160 ricette a base di erbe officinali, tra cui la maggiorana e la mirra. Da quel tempo la fitoterapia ha trovato sempre maggiore riscontro nelle terapie integrate, fino ad essere definita dall’ESCOP (European Scientific Cooperative on Phytotherapy) strumento ad uso medicinale, grazie ad una solida base scientifica. L’uso di piante e preparati derivati da esse, da utilizzarsi nel trattamento e nella prevenzione di diverse patologie, viene impiagato oggi secondo gli standard riconosciuti di qualità, sicurezza ed efficacia.
Da diversi decenni quindi si parla di fitoterapia in termini di scientificità, e viene riconosciuta come terapia a tutti gli effetti. L’OMS ha stimato che circa l’80% della popolazione mondiale utilizza la fitoterapia da sola o in associazione con altre terapie come strumento terapeutico, e circa il 40% dei farmaci moderni che vengono sintetizzati nei laboratori farmaceutici deriva direttamente o indirettamente da piante.
In alcuni Paesi come India o Cina si stima che i due terzi della popolazione utilizzi farmaci fitoterapici come parte integrante dei sistemi ufficiali di cure, anche in strutture pubbliche come ospedali; vi sono inoltre corsi universitari dedicati alla fitoterapia.
Nei paesi occidentali, invece, l’uso di droghe vegetali a scopo curativo non raggiunge ancora questi livelli ma è in larga espansione.
Fitoterapia: una terapia sicura?
Quando si parla di fitoterapia si parla di terapia chimica vera e propria e pertanto gli incidenti, se non ben utilizzata e prescritta da personale specializzato, sono dietro l’angolo. Si pensi solo ad alcune piante come l’oppio da cui derivano appunto gli oppioidi, potenti analgesici, e che, se utilizzate nelle loro forme chimiche di sintesi a dosaggi sbagliati, possono portare al decesso dei pazienti.
Per evitare tali incidenti sia l’EMEA (European Medicine Agecy) che l’EFSA (European Food Safety Authority), le due principali autorità europee di riferimento in materia di fitoterapia, hanno stilato linee guida e specifiche monografie per la preparazione e immissione in commercio per i fitofarmaci, sia per uso umano che veterinario.
Anche l’OMS si è da tempo pronunciata sulla fitoterapia e le medicine tradizionali di molti Paesi, introducendo nella strategia 2025-2034 l’integrazione dei diversi saperi, in modo da avere una alternativa alla medicina occidentale che possa affiancarla o essere utilizzata in monoterapia, come una vera e propria branca della medicina.
Fitoterapia e animali
In natura tutti gli animali si cibano naturalmente di alcune piante medicinali ed officinali, il loro istinto primordiale li porta a consumare determinati vegetali con determinate proprietà. Esiste addirittura una scienza che studia questo fenomeno e che prende il nome di zoofarmacognosia, ovvero lo studio della capacità di automedicazione degli animali. È noto che i cani ed i gatti possono ingerire steli d’erba per indurre il vomito e liberarsi di sostanze indigeste o tossiche; meno noto è che alcuni tipi uccelli nidificatori costruiscono i loro nidi con foglie di alloro per proteggere i pulcini dai parassiti e che alcune specie di scimmie antropomorfe, come gorilla e scimpanzé, utilizzano foglie di alcune piante da loro stessi masticate ed applicate su ferite ed eczemi, per curarli.
L’uomo nei secoli osservando gli animali ha potuto quindi constatare che le piante ed il modo vegetale hanno molto da offrire come strumento terapeutico. Da queste osservazioni empiriche, che non hanno una precisa data di inizio, ma che si perdono anch’esse nella notte dei tempi, è scaturito un percorso che ha fatto approdare la fitoterapia nel calmo porto della scienza ufficiale anche in medicina veterinaria, con diverse differenze e peculiarità.
Non tutti i vegetali hanno gli stessi effetti per gli uomini e gli animali. I diversi sistemi metabolici e digestivi delle diverse specie animali fanno sì che ogni specie abbia reazioni metaboliche diverse a diverse piante, e che alcune di esse risultano tossiche mentre altre hanno potere curativo. L’esempio più eclatante sono i salicilati utilizzati in medicina umana sottoforma di acido salicilico come antiinfiammatorio, ma che se utilizzati a determinati dosaggi in cani e gatti, possono essere addirittura letali. L’acido acetilsalicilico viene utilizzato nella pratica clinica dei pet soltanto per particolari forme trombotiche, sfruttandone più che l’aspetto antinfiammatorio, quello antiaggregante piastrinico, e nel gatto, che poco tollera queste molecole, va somministrato addirittura ogni 48-72 ore per evitare fenomeni di accumulo.
Da queste ed altre osservazioni è risultato quindi chiaro negli anni che la fitoterapia per gli animali dovesse essere appannaggio del medico veterinario, e sono nati master universitari e diversi percorsi di studio dedicati a questa preziosa disciplina. L’utilizzo della fitoterapia in medicina veterinaria è oramai molto diffuso, e numerosi sono gli integratori nutraceutici composti con piante dalle più svariate proprietà. Ne sono esempi le associazioni per problemi dermatologici, osteoarticolari, per i disturbi genitourinari e gastrici e chi più ne ha più ne metta, ma sicuramente l’azione più ricercata negli integratori fitoterapici per gli animali d’affezione è senz’altro quella volta a combattere l’infiammazione cronica.
Vediamo insieme quali sono le piante maggiormente utilizzate in veterinaria per combattere questa temibile condizione.
Piante, infiammazione cronica ed animali
Sono numerosi gli studi a supporto dell’utilizzo di alcune piante nella gestione dell’infiammazione cronica nel cane e nel gatto. In particolare alcuni fitoderivati e loro estratti hanno dimostrato di migliorare l’infiammazione cronica in diversi organi ed apparati, come ad esempio la Boswellia serrata, pianta molto diffusa in India ed utilizzata da secoli per impacchi ed unguenti contro piaghe ed eruzioni cutanee. La Boswelia ha mostrato grandi proprietà antiinfiammatorie soprattutto in problemi cronici come l’osteoartrosi.
La regina delle piante antiinfiammatorie è certamente il Ribes nero, pianta della quale si possono usare diversi estratti idroalcolici, soprattutto fitoembrioestratti ed anche l’olio. Le proprietà del Ribes nero sono simili a quelle degli steroidi di sintesi, tant’è vero che viene definita come pianta dall’azione “cortison-like” e trova applicazione nella gestione dell’infiammazione sia acuta che cronica nei pet in moltissimi ambiti, dalla dermatologia, all’infiammazione delle vie respiratorie, e delle basse vie urinarie.
Come sempre però il fai da te non è mai auspicabile perché ogni pianta medicinale se non ben utilizzata può provocare anche effetti avversi ed indesiderati. È importante quindi chiedere sempre al nostro veterinario di fiducia l’associazione migliore di fitoterapici da somministrare al nostro pet onde evitare effetti collaterali e sprechi economici.
Non privarti quindi e non privare il tuo amico a quattro zampe dell’opportunità di ricevere delle cure con farmaci fitoterapici, ma affidati sempre a medici veterinari esperti che sapranno consigliarti al meglio per sostenere la salute del tuo pet.
BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA
• European Scientific Cooperative on Phytotherapy. [(accessed on 1 April 2022)].
• Sneader W. Drug Discovery: A History. Wiley; 2005
F Borchardt JK. The beginnings of drug therapy: ancient Mesopotamian medicine. DrugNewsPerspect.2002;15:187–192
• European Medicines Agency European Union Monographs and List Entries. [(accessed on 1 April 2022)].
• L’efficacia di un integratore alimentare contenente cozza verde, curcumina ed estratto di foglie di ribes nero nei cani e nei gatti affetti da osteoartrite Ronald Jan Corbee
• Gestione dell’osteoartrite e supporto articolare mediante integratori alimentari: una revisione approfondita del collagene di tipo II non denaturato e della Boswellia serrata Ana Zapata. Rocio Fernández-Parra








