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28 Dicembre, 2024

Chiedersi ancora degli scopi della conoscenza!

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BIO – Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità – Educational Papers • Anno XIII • Numero 52 • Dicembre 2024

 

Ignorare o cercare di concepire una tale richiesta

A giugno dell’anno scorso (2023 per l’appunto), riunendo un brillante gruppo di studiosi della conoscenza, ricercatori e attivisti di tutti i campi, è stata pubblicata una raccolta di articoli, rivisitando una domanda fondamentale dell’Illuminismo, vale a dire quale fosse lo scopo ultimo della conoscenza. L’opera, curata da Rachael Scarborough King (professore associato presso l’Università della California) e da Seth Rudy (professore associato presso il Rhodes College nel Tennessee) ed editata sotto il titolo The ends of knowledge. Outcomes and Endpoints Across the Arts and Sciences 1, in effetti, ripropone a ciascuno dei ricercatori negli svariati campi coinvolt2i, la stessa domanda, vale a dire quale siano gli scopi del suo campo di conoscenza.

Dalla mia prospettiva di curatore dell’argomentazione, si tratterebbe, in qualche modo, di un’indagine ridondante posta ai ricercatori circa gli scopi delle loro ricerche e circa come potrebbero sapere quando avrebbero raggiunto tali traguardi. Ma, forse non sia così circolare chiedere al biologo quale sarebbe la linea di arrivo della biologia, allo storico quali sarebbero i fini degli studi del suo campo, al pedagogo quali sarebbero le mire della sua disciplina e così via. Il mondo accademico, a volte, è tautologico, a volte no, perciò accolgo la questione con il beneficio del dubbio, innanzitutto perché affrontare la complessità, che oggi viene riconosciuta a qualsiasi fenomeno o evento, sia esso naturale che sociale, con la divisione disciplinare ancora in vigore, risulta epistemologicamente3 inadeguato.

Stando a quanto sostengono Rachael Scarborough King e Seth Rudy nel saggio di riassunto dell’opera The ends of knowledge, pubblicato da AEON a settembre del 2023, nella riorganizzazione della conoscenza che caratterizzò l’Illuminismo, bisognerebbe partire dal fatto che tali discipline erano state concepite come aventi fini particolari, sia in termini di scopi che di linea di arrivo o punto finale. La domanda, certamente, stenta a svelare meglio il suo senso finché non viene contestualizzata nell’ideologia della società dell’informazione e della conoscenza. In effetti, mentre si annuncia che le nostre società sperimentano un continuo passaggio all’economia della conoscenza dell’era dell’informazione, gli autori di questa sopraccitata raccolta si chiedono se ancora oggi la conoscenza venga concettualizzata nel modo Illuminista. Veramente, nel contesto di una società dove la conoscenza viene popolarmente intesa come il semplice atto di apprendere qualcosa oppure, a livello di nicchia intellettuale, come gnoseologia o indagine filosofica sui valori e i limiti della facoltà di conoscere, forse non ha nessun senso chiedersi se ancora una singola disciplina abbia sia uno scopo intrinseco che un punto finale naturale.

Tuttavia, sebbene la domanda di quest’indagine possa essere giudicata inizialmente come tautologica ciò che risulta interessante è che, pur concentrandosi su aree diverse, quali l’intelligenza artificiale, la biologia, gli studi sui neri, gli studi letterari, la fisica, l’attivismo politico e il concetto stesso di disciplinarità, stando a Scarborough King e Rudy, i ricercatori partecipanti scoperchierebbero una vita dopo la disciplinarità che minaccerebbe, in modo immediato, la struttura, se non la sostanza, dei loro contributi.

Per questa ragione questi saggi, siano essi riflessivi, storici, elogiativi o polemici, traccerebbero un percorso verso la riorganizzazione della produzione di conoscenza nel suo complesso per l’establishment. In ogni modo, senza alcun’altra mia insofferente interferenza in quanto curatore, la semplice domanda che si impone agli accademici è se loro debbano riflettere di più sullo scopo delle loro discipline e se alcune di esse debbano giungere alla fine, ovverosia se ancora la conoscenza venga concettualizzata nel modo illuminista.

Stando alle idee che guidano l’opera edita da Scarborough King e da Rudy The ends of knowledge. Outcomes and Endpoints Across the Arts and Sciences, in questo momento, molte forme di produzione di conoscenza sembrano essere di fronte alla loro fine. La crisi delle discipline umanistiche avrebbe raggiunto un punto di svolta di disinvestimento finanziario e popolare, mentre i progressi tecnologici, quali i nuovi programmi di intelligenza artificiale, si presume potrebbero superare l’ingegno umano. Nel tempo in cui i notiziari fagocitano i loro stessi annunci, i movimenti politici estremi, con azzardati spostamenti epistemologici, mettono in discussione il concetto della oggettività stessa e, ugualmente, del processo scientifico. Inoltre, osservano gli studiosi Scarborough King e Rudy che molti dei nostri sistemi istituzionali per produrre e certificare la conoscenza siano ormai in disuso o vengano smantellati.

Dinanzi a questo cambio di paradigma, Scarborough King e Rudy vorrebbero offrire una nuova prospettiva, sostenendo che sia salutare, persino auspicabile, che i progetti di conoscenza, innanzitutto di un’ormai conoscenza deregolamentata affrontino e ridefiniscano i loro fini o scopi. Con studiosi di discipline umanistiche, sociali e naturali, tutti costretti a difendere il loro lavoro, dalle accuse di inadeguatezza delle nozioni in tutti i campi alle ipotesi di inutilità di una laurea in discipline umanistiche, i produttori di conoscenza, all’interno e all’esterno del mondo accademico, si trovano sfidati ad articolare e giustificare perché fanno ciò che fanno. Perciò la scelta, stando a Scarborough King e Seth, non sarebbe quella di non farlo ma quella di auspicare la prospettiva di una fine imposta artificialmente o esternamente, con l’idea che ciò possa aiutare a chiarire sia lo scopo che il punto finale anche delle cosiddette borse di studio.

Scarborough King, Seth e colleghi credono che sia giunto il momento per gli studiosi di tutti i campi di riorientare il loro lavoro attorno alla questione dei fini o degli scopi. Stando a loro, ciò non significa, necessariamente, acquiescenza alle logiche dell’utilitarismo economico o della fedeltà partigiana che si sono già dimostrate così dannose per le istituzioni del XXI secolo. Nella loro pragmaticità considerano che evitare la domanda non risolverebbe il problema. Con le sue buone intenzioni propongono che se si vuole che l’università rimanga uno spazio vitale per la produzione di conoscenza, allora gli studiosi di tutte le discipline devono essere in grado di identificare l’obiettivo del loro lavoro, in parte per promuovere il progetto illuminista di conoscenza utile e in parte per difendersi dalle false caratterizzazioni pubbliche e politiche.

I partecipanti al progetto The Ends of Knowledge: Outcomes and Endpoints Across the Arts and Sciences (2023) si chiedono tutti come, sia gli accademici che il pubblico, dovrebbero intendere i fini della conoscenza oggi; innanzitutto il pubblico, abituato alla forma classica ed enciclopedica che racconta la conoscenza come il possesso o la presenza nella mente di un sapere già acquisito. Questa descrizione universale della conoscenza la distingue dalla teoria, che indicherebbe una forma di sapere direttamente connessa ad un oggetto. La conoscenza, pertanto implica al tempo stesso sia un rapporto concreto con persone, cose e situazioni, sia la capacità intelligente di elaborare tale rapporto in vista di scopi deliberatamente assunti. La conoscenza, come nozione generale, comporta così esperienza e sapienza pratica e poi, sulla base di queste, un discernimento astrattivo e giudicativo ma che comunque la distinguono dalla sapienza teorica e dalla scienza.

In ogni modo, come già accennato, in ambiti che spaziano dalla fisica agli studi letterari, dall’attivismo agli studi sul clima, Scarborough King e Seth avrebbero insistito nel chiedere a ciascun ricercatore di ponderare le finalità del proprio lavoro, lo scopo inerente, così come la sua intenzione o finalità ultima, descrivendo perfino il punto in cui si potesse giudicare completato. Le risposte avrebbero mostrato sorprendenti punti in comune nell’identificazione degli scopi della conoscenza, così come nel giudicare il suo termine. Stando ai risultati dell’indagine, come gli studiosi dell’Illuminismo, i ricercatori d’oggi ancora trarrebbero ispirazione per questo intreccio di scopi e termine da un’epoca che avrebbe dato inizio a molti dei modelli istituzionali dell’establishment per produrre, condividere e utilizzare la conoscenza. Stando a Scarborough King e Rudy, i pensatori illuministi avrebbero combinato definizioni pratiche e utopiche dei fini, mentre chiedevano nuove modalità e istituzioni di produzione della conoscenza, comprendendo i termini come obiettivi su larga scala che dovevano, allo stesso tempo, essere raggiungibili.

 

Declino della scolastica – Il Novum Organum di Bacone

In modo particolare, già all’inizio del XVII secolo, Francis Bacon [Francesco Bacone] avrebbe chiesto, sia l’istituzione di un nuovo inizio alla produzione della conoscenza, sia una riconsiderazione delle sue finalità. L’errore più grande di tutti, scrisse nel 1505 in The Advancement of Learning, considerato da alcuni il fondamento del metodo scientifico, sarebbe lo smarrimento o la collocazione errata dell’ultimo o più lontano fine della conoscenza. Stando a lui, i veri fini della conoscenza non sarebbero la reputazione professionale, il guadagno finanziario o persino l’amore per l’apprendimento ma, piuttosto, gli usi e i benefici per la vita, per migliorarla e condurla in carità. Sostenendo la fine della scolastica4, il programma educativo medievale che enfatizzava l’argomentazione dialettica e la logica deduttiva, Bacone ideò il suo Novum Organum (1620), sia come modello che come inizio di uno sforzo durato generazioni in tutto il mondo per cercare nuovi fini della conoscenza.

Il lavoro di Bacone sarebbe generalmente considerato un punto di origine per la Rivoluzione scientifica. Scarborough King e Seth5, suggeriscono che in questo modo, l’Illuminismo avrebbe offerto un modello di come lo scopo di una visione della produzione di conoscenza possa essere una rampa di lancio per nuove idee, metodi e paradigmi. Stando al rapporto citato The Ends of Knowledge. Outcomes and Endpoints Across the Arts and Sciences6, la frattura e il declino della scolastica aristotelica durante il Rinascimento avrebbero dato origine a una serie di filosofie concepite per sostituirla. I conflitti dei tomisti7 e degli scotisti8, le inadeguatezze delle dottrine ellenistiche rianimate, il misticismo scomodo del Rosa crocianesimo e della cabala e persino la promessa fallita del platonismo di fornire un’alternativa moderna e completa ad Aristotele avrebbero portato pensatori come Bacone a cercare risposte in altri campi. Stando a Scarborough King e Rudy i termini utilizzati da Bacone – exitus, finis, terminus suggerirebbero un’attenzione agli scopi ultimi e ai risultati.

Nel commento di Scarborough King e Rudy, la conoscenza, nella filosofia di Bacone, aveva fini (vale a dire, scopi) e una fine (un punto in cui il progetto sarebbe stato completato). La nuova scienza, stando all’auto-interpretazione celebrativa di Bacone, avrebbe portato lo studioso alla fine e alla conclusione appropriate dell’errore del progetto illimitato e, a detta sua, valeva la pena di essere intrapresa questa scienza dell’exitus proprio perché una fine era possibile. Nel ragionamento di Bacone, puntualizzano Scarborough King e Rudy, era meglio dare inizio a una cosa che avrebbe una possibilità di fine, piuttosto che farsi prendere da cose che non avrebbero fine, in una lotta e uno sforzo perpetui. Bacone credeva che gli scienziati potessero raggiungere i loro scopi.

L’anno seguente della pubblicazione del Novum Organum di Bacone, lo studioso Robert Burton assunse una visione meno ottimistica della produzione di conoscenza umanistica in The Anatomy of Melancholy (1621). Burton, considerando la sorte dei teologi, la professione più nobile e degna di doppio onore, che, nonostante tale dignità, avevano poche speranze di ricompensa materiale o incoraggiamento, chiese, retoricamente, a quale scopo si dovrebbe studiare una questione umanistica. Perché, si chiedeva Burton, prendersi tanta pena, se la certezza invidiabile del filosofo naturale, giustapposta al lamento, altamente riconoscibile, dello studioso umanista, suggerisce una divisione tra modalità e oggetti di indagine. Continuiamo, giustamente o ingiustamente, ad associare le scienze naturali e applicate a fini specifici e comprensibili, mentre la ricerca della conoscenza umanistica sembra infinita, sosteneva Robert Burton.

Cercando di eludere stereotipi del tipo di Burton, Scarborough King e Rudy avrebbero chiesto ai produttori di conoscenza inclusi nella loro survey di rivisitare la domanda fondamentale di Bacon sull’Illuminismo, vale a dire quale sia l’ultimo o il più lontano termine accattabile in nome della conoscenza. Al riguardo, Scarborough King e Rudy, utilizzando le parole di Philip Kitcher nel suo saggio The Ends of the Sciences (2004), giudicano che gli scienziati avrebbero talvolta concepito i loro fini come la fornitura di un resoconto completo e veritiero dell’universo, ma l’idea che un tale resoconto possa esistere, o che, se esistesse, potremmo comprenderlo, rimane molto dubbia. Nel loro giudizio, l’aspirazione ad una conoscenza globale è normalmente illusoria e potenzialmente distopica.

 

Dalla struttura tripartita delle scienze naturali, sociali e discipline umanistiche alla interdisciplinarità

L’obiettivo di Scarborough King e Rudy, quindi, non sarebbe quello di offrire una risposta singola o definitiva alla domanda sugli scopi della conoscenza né sul tempo valido per produrla ma, piuttosto, di aprire e mantenere uno spazio intellettuale in cui gli scopi della conoscenza possano essere posti. Sotto quest’aspetto, sostengono, gli studiosi di tutti i campi potrebbero irritarsi all’idea che il loro lavoro finisca, con difese di vari campi oggi comuni. Come, opportunamente, fanno presente Scarborough King e Rudy, le discipline, come le consideriamo ancora, sono artefatte dalle origini ottocentesche dell’università di ricerca, che ci avrebbero fornito la struttura tripartita delle scienze naturali, delle scienze sociali e delle discipline umanistiche.

Questo modello, come riferito da loro, che formerebbe studiosi in discipline ristrette ma profonde, sarebbe emerso dal cambiamento di 200 anni compiuto dall’Illuminismo, allontanandosi dalle divisioni curriculari medievali del trivio (grammatica, logica e retorica) e del quadrivio (aritmetica, geometria, musica e astronomia). L’ascesa dell’università di ricerca, prima in Germania e poi negli Stati Uniti, puntualizzano Scarborough King & Rudy, avrebbe posto fine a questo sistema.

Il fatto che tali strutture accademiche siano cambiate radicalmente nel tempo dimostra, nell’interpretazione di Scarborough King & Rudy, che queste non siano strutture intrinseche ed escludenti e che per questa ragione negli ultimi decenni nel mondo accademico si sarebbe manifestato un interesse diffuso per l’interdisciplinarità sotto forma di programmi e centri istituzionali, nonché in nuovi campi come gli studi americani, gli studi di area e gli studi culturali. Tuttavia, Scarborough King & Rudy commentano al riguardo che le critiche all‘interdisciplinarità sottolineerebbero che tali sforzi siano spesso additivi piuttosto che interattivi: ovvero, combinano metodi disciplinari consolidati piuttosto che rielaborarti. Le questioni di scopo, unità e completamento sarebbero state fondamentali, seppur spesso implicite, nel discorso dell’interdisciplinarità che ha dominato le discussioni sull’organizzazione istituzionale accademica.

Naturalmente, come segnalano Scarborough King & Rudy, la produzione di conoscenza non avviene soltanto all’interno della torre d’avorio, come metaforicamente è stato comune immaginare l’università. Fu proprio durante l’Illuminismo che scrittori come Joseph Addison chiesero che la filosofia venisse portata fuori dagli armadi e dalle biblioteche, dalle scuole e dai college, per risiedere nei club e nelle assemblee, ai tavoli da tè e nelle caffetterie. Come riportato ugualmente nell’opera Scarborough King & Rudy, il periodo vide il decollo delle società di miglioramento, che inizialmente si concentrarono sulle infrastrutture agricole e pubbliche, ma che presto si espansero per includere più ampiamente le arti e le scienze. Alcune di queste organizzazioni, come la Royal Society britannica9 rimangono istituzioni importanti per colmare il divario continuo tra università e pubblico. Ma altri sforzi extra-accademici, stando al pensiero di Scarborough King & Rudy, avrebbero avuto l’obiettivo di ripudiare l’università, piuttosto che di entrare in contatto con essa. Tra questi sforzi anti-accademici viene citato da Scarborough King & Rudy10 quello della Thiel Fellowship11, fondata da Peter Thiel, co-fondatore di PayPal e tra i primi azionisti di Facebook, che fornirebbe ai beneficiari una borsa di studio biennale di 100.000 dollari americani a condizione che abbandonino o saltino l’università per costruire cose nuove invece di stare seduti in classe. Per molti, le organizzazioni accademiche sembrano moribonde e il miglioramento continuo richiede nuovi accordi istituzionali. La fine di un accordo istituzionale avviene spesso in nome dell’inizio di qualcosa di nuovo.

Stando a Scarborough King & Rudy, una volta che si iniziano a cercare i fini della conoscenza, notiamo che le domande interconnesse sullo scopo e sulla completezza siano centrali per molte delle iniziative accademiche. Può essere facile identificare alcuni progetti di conoscenza falliti per tale ragione come l’alchimia, la frenologia e l’astrologia, in particolare, ora considerate pseudoscienze abbandonate, sebbene quest’ultima abbia assunto nuova vita nella cultura del XXI secolo. L’abbandono di altre discipline è segnalato da Clifford Siskin e William Warner12 riguardo gli studi culturali. Ugualmente, in un post del blog intitolato The End of Analytic Philosophy (2021), Liam Kofi Bright  ha espresso l’opinione che la filosofia analitica fosse un programma di ricerca in degenerazione. Il fisico Peter Woit13 Ha utilizzato un linguaggio simile per descrivere la teoria delle stringhe in un’intervista con l’Institute of Art and Ideas all’inizio del 2023. L’ha infatti definita un programma degenerativo il cui obiettivo di unificazione era stato semplicemente un fallimento. E Ben Schmidt, nel suo blog, ha diagnosticato un senso di declino terminale nella professione storica ​​dato il crollo del numero di lavori accademici. Nel commento di Scarborough King & Rudy, questi campi avrebbero prodotto una conoscenza preziosa, ma, secondo questi autori, potrebbero averci portato fin dove potevano arrivare.

 

Quattro modi chiave per comprendere gli scopi: telos, termine, conclusione e apocalisse

La ricerca di Scarborough King & Rudy, come accennato, non si è concentrata su un singolo campo, hanno, a detta loro, intervistato produttori di conoscenza di discipline umanistiche, scienze sociali e scienze naturali, dentro e fuori l’università, per rispondere alla stessa domanda: quali fossero gli scopi di ciascuna delle discipline interpellate. Stando a Scarborough King & Rudy nella loro impostazione della ricerca hanno incoraggiato i partecipanti a considerare più tipi di scopi, senza prescrivere una definizione per il termine e hanno previsto che alcuni avrebbero rifiutato la premessa stessa. Non si aspettavamo un consenso, tuttavia, avrebbero, comunque, trovato punti in comune. A detta loro, quest’approccio sintetico avrebbe rivelato, in particolare, quattro modi chiave per comprendere gli scopi emersi coralmente: scopo come telos,14 scopo come termine, scopo come conclusione e scopo come apocalisse.

Riguardo questi quattro modi di intendere gli scopi o i fini della conoscenza Scarborough King & Rudy commentano che le prime due definizioni, cioè scopo come telos e scopo come termine, sono più direttamente collegate al lavoro di una disciplina o di un singolo studioso. In effetti, in tale ambito la questione si riduce a quale sia il progetto di conoscenza intrapreso e cosa significherebbe se fosse completo. In questo contesto della ricerca la maggior parte degli studiosi si sentirebbe relativamente a suo agio nel porre la prima domanda relativa al telos, anche se, come segnalano Scarborough King & Rudy, non avrebbero risposte chiare. Questa tipologia di studiosi non prenderebbe mai in considerazione la seconda questione, vale a dire il termine, e considererebbe il processo di produzione della conoscenza come sempre infinito, dal momento che, in questa visione della ricerca e della conoscenza, rispondere a una domanda porta necessariamente a nuove domande. Sotto quest’aspetto, che Scarborough King & Rudy sono consapevoli di non poter trascurare, loro sostengono che anche se ciò fosse vero e un particolare progetto non potesse mai essere completato nel corso della vita di un individuo, sarebbe utile lo stesso avere un punto finale identificabile. Il terzo significato degli scopi, vale a dire la conclusione, si riferisce, nell’interpretazione di Scarborough King & Rudy, alle pressioni istituzionali che molte discipline stanno affrontando come la chiusura di centri, dipartimenti e persino intere scuole, insieme alla pressione politica e all’ostilità pubblica.

Su tutto questo incombe il quarto significato, vale a dire lo scopo come apocalisse, principalmente nel contesto di una possibile catastrofe climatica, che metterebbe in prospettiva i primi tre estremi. A questo riguardo, Scarborough King & Rudy, spiegano che ci sono ricercatori o studiosi che si chiedono quale sia il senso di tutto questo argomentare accademico di fronte a incendi, super tempeste e mega siccità. Scarborough King & Rudy non considerano questa una domanda retorica. Per loro è pienamente legittimo chiedersi quale sia il senso degli studi letterari, della fisica, della storia, delle arti liberali, dell’attivismo, della biologia, dell’intelligenza artificiale e, naturalmente, degli studi ambientali nel momento attuale. Le risposte anche per quest’ultimo campo non sono ovvie. Come mostra Myanna Lahsen nel suo contributo al volume Scarborough King & Rudy15, sebbene il caso scientifico sia chiuso per quanto riguarda la documentazione dell’impatto degli esseri umani sul clima, i governi comunque stentano a prendere misure necessarie per ridurre una deriva ingestibile. La domanda che ne consegue è se allora i ricercatori o gli scienziati debbano alzare le mani per la loro incapacità di influenzare le tendenze politiche o debbano invece impegnarsi con gli scienziati sociali per proseguire la ricerca su soluzioni sociali e politiche.

E questa domanda spinge apertamente ad un’altra più controversa: quale ruolo svolgono le norme disciplinari che separano le scienze, le scienze sociali e le discipline umanistiche nel mantenere lo status quo, per molti, apocalittico?

In una certa misura, quindi, la sollecitazione di Scarborough King & Rudy sembra essere che i fini particolari siano considerati meno importanti della possibilità di scoprire un senso di scopo condiviso. Ma, in definitiva, il loro intento è quello di mostrare quali sarebbero i vantaggi dei progetti di conoscenza che iniziano con i loro fini in mente. In effetti, introducono la loro posizione con una metafora vincente, chiedendosi come si possa arrivare da qualche parte se non si sa dove si vuole andare. Un’altra loro sferzata con l’utilizzo della retorica accademica sul metodo è quella di segnalare che anche se gli studiosi pensano di avere degli obiettivi, dovrebbero sempre chiedersi se effettivamente stiano lavorando per raggiungerli. Idealmente, un solido senso, sia di scopo che di risultato, potrebbe aiutare gli studiosi a dimostrare come stanno facendo progredire la conoscenza piuttosto che continuare a girare a vuoto.


Unificazione, accesso, risultati utopici e distopici e ricerca di concetti chiavi

Recapitolando, il sondaggio Scarborough King & Rudy ha individuato quattro idee sui fini della conoscenza: telos, terminus, conclusione e apocalisse. Ma nel rispondere alla domanda sui fini delle loro discipline, i loro collaboratori sono rientrati in un altro insieme di quattro gruppi, che attraversano la divisione universitaria in tre parti delle discipline umanistiche, delle scienze sociali e delle scienze naturali. Un gruppo avrebbe adottato l’approccio dell’unificazione: come può il campo del ricercatore raggiungere una teoria o una spiegazione unificata, e quanto è vicino a tale obiettivo? Un secondo gruppo ha sostenuto che lo scopo e il punto finale della produzione di conoscenza consiste in un maggiore accesso, e che tale accesso sia fondamentale per la giustizia sociale. Le discussioni sui risultati utopici e distopici hanno compreso un terzo gruppo, mentre un quarto ha individuato i propri fini nell’articolazione e nella ricerca di concetti chiave come razza, cultura e lavoro.

Questi quattro raggruppamenti (unificazione, accesso, utopia/distopia e concettualizzazione), stando a Scarborough King & Rudy, sintetizzano molti dei modi in cui i knowledge worker rispondono quando viene chiesto loro di considerare gli scopi della loro disciplina, dalla ricerca di un punto di convergenza per la conoscenza all‘articolazione del progetto centrale del loro campo.

Individuando questo raggruppamento, Scarborough King & Rudy, hanno richiesto ai collaboratori della loro ricerca di reimmaginare i loro posti all’interno della struttura universitaria. Come si apprende dalla quotidianità della vita accademica, dalla ricerca o dalla metodologia di qualsiasi studioso individuale, ciò che viene solitamente chiamato il suo progetto di conoscenza, potrebbe divergere, in modo significativo, da quello dei suoi colleghi all’interno di un dipartimento o di una disciplina. In effetti, la formazione dell’università nel XIX secolo aveva statuito le tre divisioni primarie di discipline umanistiche, scienze sociali e scienze naturali.

La proposta che ne deriva dalla ricerca di Scarborough King & Rudy per superare questo artificio consiste piuttosto in un esperimento mentale di una nuova struttura in quattro parti. Al riguardo, ciò che propongono di immaginare sarebbe come potrebbe apparire un dipartimento o una divisione di unificazione e concettualizzazione. In effetti, ciò che richiedono, in particolare, è come la produzione di conoscenza potrebbe cambiare per adattarsi al momento presente se gli atenei si organizzassero, non in base al contenuto (letteratura, fisica, informatica e così via), ma in base a come comprendiamo i nostri scopi. In quest’ipotesi Scarborough King & Rudy presuppongono che tali finalità siano necessariamente interconnesse e che i singoli progetti di ricerca probabilmente si adatterebbero a più di una contemporaneamente. Come sostiene Hong Qu nel suo contributo alla ricerca di Scarborough King & Rudy, i singoli ricercatori e team che lavorano per l’apprendimento autonomo dei sistemi di intelligenza artificiale, o intelligenza artificiale generale (AGI), avrebbero bisogno di un’esposizione più deliberata alla filosofia morale, alle scienze politiche e alla sociologia per garantire che le preoccupazioni etiche e le conseguenze indesiderate non vengano affrontate su base ad hoc o dopo il fatto, ma siano anticipate e rese parte integrante dello sviluppo della tecnologia.

Ugualmente, nella sua argomentazione, Hong Qu aggiunge che educatori, attivisti e decisori politici avranno concordemente bisogno di una conoscenza più pratica su come funziona l’intelligenza artificiale e cosa può o non può fare. Il raggiungimento della fine immediata dell’AGI comporta il perseguimento di una fine nuova e più astratta, maggiore della somma delle sue parti disciplinari, cioè il raggiungimento di un quadro di governance che delinei regole e aspettative per configurare l’intelligenza artificiale con ragionamento morale in linea con i diritti umani universali e le leggi internazionali, nonché con i costumi locali, le ideologie e le norme sociali. In effetti, Qu esplora potenziali scenari distopici mentre sostiene che, se non si raggiunge la fine della creazione di un’AGI etica, l’umanità potrebbe trovarsi di fronte a una fine tecnologica. In questo modo, stando a Qu, le attuali divisioni disciplinari stanno guidando un senso di potenziale rovina in tutta la società.


Se non si raggiunge la fine della creazione di un’AGI etica, l’umanità potrebbe trovarsi di fronte a una fine tecnologica

Tornando all’Illuminismo si vede come le preoccupazioni sulle divisioni disciplinari siano state presenti fin dal loro inizio. Nel 1728, Ephraim Chambers, editore della Cyclopædia16, si chiese se non sarebbe stato più utile per l’interesse generale dell’apprendimento, far abbattere tutte le recinzioni e le partizioni e rimettere tutto in comune, sotto un nome distinto. Entro la fine del secolo, la ripartizione della conoscenza era stata formalizzata nei Trattati e sistemi proto disciplinari dell’Enciclopedia Britannica. Nel 1818, l’ascesa di gruppi specialistici come la Linnean Society17 e la Geological Society of London18 portò l’eminente naturalista Joseph Banks a scrivere che tutte queste nuove associazioni alla fine avrebbero smantellato la Royal Society19. La disciplinarità era vista come la fine di alcuni tipi di conoscenza senza soddisfare i loro scopi.

Stando a quanto riportano Scarborough King & Rudy nella loro edizione circa gli scopi e i termini della conoscenza, i confini stabiliti a metà del XIX secolo e consolidati nel corso del XX secolo sono ora mantenuti a livello manageriale e finanziario, nonché attraverso metodi e programmi di studio, sono altresì spesso rafforzati dall’architettura e dalla geografia, con dipartimenti umanistici e STEM20 ospitati in edifici alle estremità opposte dei campus. Per molto tempo, queste tattiche e strategie hanno funzionato: hanno dato alle nuove discipline emerse dall’Illuminismo tempo e spazio per crescere. La disciplinarità offre un mezzo importante per certificare la produzione di conoscenza.

Scarborough King & Rudy sostengono che le strategie che hanno portato la produzione di conoscenza dell’establishment fin qui, tuttavia, potrebbero non essere quelle di cui ora si ha bisogno per andare avanti. Puntualizzano che se il fine ultimo dell’università è o dovrebbe essere il progresso e la distribuzione della conoscenza su larga scala, una questione sempre più aperta in alcuni ambienti, allora, la capacità di determinare e articolare fini condivisi tra i campi della conoscenza è un passo fondamentale verso l’affrontare divisioni istituzionalmente radicate, spesso controproducenti, e l’autorizzazione di nuovi sistemi e organizzazioni di produzione di conoscenza. Scarborough King & Rudy, si chiedono se il mondo accademico possa sfuggire al discorso della competizione e della crisi, che tende a tenere la riflessione concentrata sulla salute delle singole discipline o delle specializzazioni universitarie, continuando a riorganizzare la produzione di conoscenza attorno a domande o problemi piuttosto che a oggetti di studio. Domanda che spinge ad una successiva più radicale e propositiva, per cui si chiedono e richiedono al mondo accademico se, invece di tentare all’infinito di analizzare e porre rimedio ai problemi di una particolare divisione, rivolgessero la loro attenzione al sistema di divisione stesso.

Nella loro sintesi del loro lavoro The ends of knowledge Scarborough King & Rudy dichiarano che il tentativo iniziale della loro ricerca sia quello di vedere come potrebbe apparire il progresso dell’apprendimento se fosse riorientato attorno a fini emergenti piuttosto che a strutture ereditate. La questione dei fini deve continuare a essere perseguita su scale crescenti, dal singolo ricercatore, all’ufficio o dipartimento, alla disciplina, all’università, al mondo accademico e alla produzione di conoscenza nel suo complesso. Il progetto condiviso di considerare il fine (o i fini) del lavoro di conoscenza rivela la ricca storia e gli investimenti accademici delle singole discipline, nonché l’obiettivo più ampio di produrre una conoscenza accurata che sia orientata verso un mondo più etico, informato, giusto e riflessivo. Siamo, per molti versi, solo all’inizio della fine, puntualizzano Scarborough King & Seth Rudy.   

 

Fonte immagini: sethzman

  1. Rachael Scarborough King (Anthology Editor) &  Seth Rudy (Anthology Editor) The Ends of Knowledge. Outcomes and Endpoints Across the Arts and Sciences. Bloomsbury Publishing, 2023
  2. La Parte I chiamata Unification, comprende i lavori di B.R. Brown, circa The Ends of Physics, The Ends of Literary Studies di Aaron Hanlon, The Ends of Computing di Geoffrey C. Bowker, The Ends of Biology di B.N. Queenan e The Ends of Digital Humanities di Mark Algee-Hewitt. La Parte II, chiamata Access, comprende The Ends of Law di Yochai Benkler, The Ends of Journalism di Jolene Almendarez, The Ends of Pedagogy di Sean Michael Morris e The Ends of the Liberal Arts di G. Gabrielle Starr. La sua Parte III, denominate Utopia, contiene i lavori The Ends of Artificial Intelligence di Hong Qu, The Ends of Gender Studies di Ula Lukszo Klein, The Ends of Activism di Ady Barkan e The Ends of Environmental Studies di Myanna Lahsen. Ed ancora una Parte IV, denominate Concepts, che include The Ends of Performance Studies di Jessica Nakamura, The Ends of History di Marieke Hendriksen, The Ends of Black Studies di Kenneth W. Warren e The Ends of Cultural Studies di Mike Hill.
  3. Epistemologia o la conoscenza dei metodi delle scienze e dei principî secondo i quali la scienza costruisce sé stessa.
  4. La scolastica sì è formata in prevalenza su Aristotele e distingue in lui la sua guida indiscussa sul terreno filosofico. Nata dalla dialettica aristotelica, si è nutrita dei maggiori scritti dell’Organon, che le fornirono l’apparato metodico e le trasmisero anche alcuni concetti basilari. Giunta alla piena maturità, nel momento in cui le confluì, attraverso gli scritti di filosofia naturale, di metafisica, di etica e di politica, la piena del sapere e del pensiero classici. Soffrì parziale decadenza e un’interna dissoluzione quando, in conseguenza della fioritura delle moderne scienze naturali, l’immagine aristotelica del mondo fu radicalmente modificata e uno spirito critico eccessivo scosse anche alcuni concetti e principî metafisici basilari. Il suo rinnovamento interno si verificò ogni qual volta si prese a scindere da essa quanto era divenuto insostenibile, e d’altra parte a circoscrivere, rinsaldare e ricostruire le sue fondamenta metafisiche. L’aristotelismo della scolastica non va però inteso come se fosse mai esistito un aristotelismo assolutamente puro; a seconda dei diversi sistemi e dei loro rappresentanti c’è sempre stato un maggiore o minore apporto di dottrine e concetti provenienti da Platone, da Agostino, da neoplatonici e naturalisti greci e arabi. Persino un così dichiarato aristotelico come Tommaso d’Aquino rivela una forte impronta neoplatonica; ciò vale in misura incomparabilmente superiore per la scuola dei francescani. Naturalmente nell’epoca moderna si fa valere l’influenza della moderna scienza della natura, della teoria della conoscenza e della sociologia. L’origine della scolastica dal vivo insegnamento delle scuole le ha dato un’impronta particolare nello spirito e nella forma. In primo piano non sta la parte problematica, quella per cui ogni singolo pensatore cerca una soluzione personale, possibilmente nuova, bensì la trasmissione ed elaborazione del tesoro di verità già acquisito. È cresciuta tra popoli giovani; donde la bramosa accettazione di nuovo materiale scientifico, che si manifesta specialmente nei primi stadî dello sviluppo. Al carattere recettivo e tradizionale è connessa la preponderante posizione dell’autorità. In questi aspetti costituisce uno strumento del potere biopolitico.
  5. Rachael Scarborough King (Anthology Editor) & Seth Rudy (Anthology Editor) op. cit. 2023
  6. Rachael Scarborough King (Anthology Editor) & Seth Rudy (Anthology Editor) The Ends of Knowledge. Outcomes and Endpoints Across the Arts and Sciences. Bloomsbury Publishing, 2023
  7. Il tomismo è il pensiero filosofico di san Tommaso d’Aquino, da molti considerato il più significativo dell’età medievale. Secondo Tommaso: «sebbene la verità della fede cristiana superi la capacità della ragione, tuttavia i princìpi naturali della ragione non possono essere in contrasto con codesta verità.
  8. Lo scotismo è la scuola filosofica e il sistema teologico intitolato a John Duns Scotus, un filosofo e teologo scozzese del XIII secolo
  9. La Royal Society, formalmente The President, Council, and Fellows of the Royal Society of London for Improving Natural Knowledge, è un’associazione britannica, fondata il 28 novembre 1660, allo scopo di promuovere l’eccellenza scientifica come viatico per il benessere della società.
  10. Rachael Scarborough King (Anthology Editor) & Seth Rudy (Anthology Editor) op. cit. 2023
  11. La Thiel Fellowship (originariamente denominata 20 under 20) sarebbe una borsa di studio creata dal miliardario Peter Thiel tramite la Thiel Foundation. La borsa di studio sarebbe destinata a studenti di età pari o inferiore a 22 anni e offre loro un totale di $ 100.000 in due anni, oltre a guida e altre risorse, per abbandonare gli studi istituzionali e intraprendere un altro lavoro, che potrebbe riguardare la ricerca scientifica, la creazione di una startup o il lavoro su un movimento sociale. La selezione per la borsa di studio avviene tramite un processo annuale competitivo, con circa 20-25 borsisti selezionati ogni anno
  12. Warner, William B., and Clifford Siskin. “Stopping Cultural Studies.” Profession, pp. 94–107, 2008
  13. Woit ha dichiarato di essere contrario alla teoria delle stringhe in quanto mancante di previsioni verificabili e perché la ricerca su di essa è finanziata da denaro pubblico, nonostante il fatto che finora non abbia prodotto alcun risultato. Su questo argomento Woit ha scritto vari articoli scientifici ed ha partecipato a dibattiti pubblici. Egli sostiene che l’eccessiva attenzione mediatica e il finanziamento pubblico di questo settore particolarmente speculativo rischia di minare la fiducia della gente nella libertà della ricerca scientifica.
  14. Telos è il termine filosofico greco per indicare un fine o uno scopo. La parola telos, usata talvolta da filosofi come Aristotele, anche all’interno della parola entelechia, è la radice etimologica del termine teleologia, che indica lo studio dell’intenzionalità, ma anche degli oggetti in funzione dei loro obiettivi, oppure degli obiettivi stessi. La teleologia funge da centro nella biologia di Aristotele e nella sua teoria delle cause. Sarà poi fondamentale praticamente per tutte le teorie filosofiche della storia, come ad esempio quelle di Hegel e di Marx. La filosofia dell’azione fa anche un uso essenziale del vocabolario teleologico: per Davidson, un’azione è solo qualcosa che l’agente fa nell’aspettativa di un fine
  15. Myanna Lahsen. The Ends of Environmental Studies. In Rachael Scarborough King (Anthology Editor) & Seth Rudy (Anthology Editor) op. cit. 2023
  16. La Cyclopaedia or an universal dictionary of arts and sciences, o brevemente Cyclopaedia, è un’opera scritta da Ephraim Chambers, stampata per la prima volta a Londra nel 1728 in quattro volumi in folio. Meno conosciuta della più famosa Encyclopédie dei francesi Diderot e d’Alembert, Cyclopaedia è comunque la fonte principale d’ispirazione e un modello per tutti coloro che, durante tutto il XVIII secolo, si prefissarono l’obiettivo di redigere opere in grado di offrire un sapere critico e universale (la stessa Encyclopédie inizialmente era stata pensata come una semplice traduzione in francese di Cyclopaedia).
  17. La Società linneana di Londra, in inglese Linnean Society of London, è la maggiore associazione del mondo per lo studio e la diffusione della tassonomia e della storia naturale. La società è stata fondata nel 1788, il nome le fu dato in onore al celebre naturalista svedese Carl von Linné (italianizzato in Carlo Linneo)
  18. La Geological Society of London (Società geologica di Londra) è una associazione scientifica del Regno Unito che ha per scopo lo studio della struttura della Terra. È la più antica società di geologia del mondo, e anche la più grande in quanto conta oltre novemila soci. La società, basata in parte sulla Società Askesian, è stata fondata nel 1807.
  19. La Royal Society, formalmente The President, Council, and Fellows of the Royal Society of London for Improving Natural Knowledge, è un’associazione scientifica britannica, fondata il 28 novembre 1660 per iniziativa di John Evelyn e altri accademici allo scopo di promuovere l’eccellenza scientifica come viatico per il benessere della società.
  20. L’acronimo STEM, dall’inglese science, technology, engineering and mathematics (in precedenza anche SMET), è un termine utilizzato per indicare le discipline scientifico-tecnologiche (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) e i relativi corsi di studio. In italiano è talvolta anche usato l’acronimo STIM, nel quale la “I” di ingegneria sostituisce il corrispettivo inglese. La classificazione degli insegnamenti come STEM ha implicazioni in vari ambiti, non solo educativi, coinvolgendo in alcuni Stati anche l’ambito della difesa, dell’immigrazione e della lotta alle disparità di genere.

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