Come siamo arrivati a pensare e a parlare in termini di verità. Quest’argomentazione non è vera!

6 Aprile, 2024
Tempo di lettura: 17 minuti

BIO – Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità – Educational Papers • Anno XIII • Numero 49 • Marzo 2024

 

Cosa vuol dire pensare qualcosa come vero

La delucidazione in merito alla questione della costruzione sociale della realtà e, di conseguenza, anche della costruzione sociale delle nostre convinzioni sull’idea di verità, costituisce la ragion d’essere di BIO Educational Papers Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità Retroscena, titolo di testata assai fitto ed inconsueto come le stesse argomentazioni di cui si occupa. In effetti, i tredici anni ininterrotti, sinora, di questo trimestrale sono una testimonianza di tale impegno. Oggi, però, contravvenendo la consuetudine di argomentazioni piuttosto articolate e troppo circonstanziate, propongo di ridere, moderatamente, delle nostre convinzioni sulla verità con un testo piuttosto spiritoso sul nichilismo aletico,1 vale a dire la teoria secondo cui nulla sarebbe vero. Penso che, prendendo sul serio questa teoria radicale, ci sarebbe tanto da guadagnare in termini di disintossicazione di alcune apprensioni circa la verità.

L’idea dell’esistenza della verità costituisce un argomento su cui i filosofi hanno riflettuto per millenni. Infatti, i più svariati studiosi che si occupano dei problemi oggetto dell’attività del pensiero, allo scopo di elaborare una concezione complessiva della realtà del mondo e dell’uomo, coerente e fondata sulle cosiddette basi razionali, si sono posti domande del tipo: quale sia il contenuto del concetto di verità. In altre parole, si sono chiesti cosa vuol dire pensare qualcosa come vero. Oppure, direttamente, si domandano, ripetutamente, cosa sia la verità stessa.

Più si approfondisce sulla questione della verità, più emergono interrogativi. Un altro modo di porsi la domanda di quale sia il contenuto del concetto di verità sarebbe chiederci se noi, umani, possiamo fornire un resoconto veritiero e chiarificatore di cosa sia, realmente, la verità. In particolare, ci si può interrogare se la verità sia la stessa cosa che la corrispondenza dei fatti. O, anche, in che modo la verità si colleghi ad altri importanti argomenti filosofici, come la conoscenza, il ragionamento e l’asserzione.

Per gli studiosi in materia, queste sono tutte buone domande, ma l’interrogativo su cui ci interessa concentrarci, in questa breve argomentazione, seguendo le intuizioni di David Liggins2, è quello che viene discusso molto meno spesso. La domanda, che stando particolarmente a Liggins,  è basilare e che merita attento esame, è se noi, umani, abbiamo delle buone ragioni per pensare che alcune cose siano vere.

Senza fare noi i filosofi, la nostra ordinaria visione della vicenda della verità potrebbe essere riassunta nel seguente modo. Non tutto è vero, ma alcune cose lo sono, alcune credenze e affermazioni, in particolare. Ad esempio, viene detto che il fiume più lungo dell’Italia è il Po. Perciò, chi crede che il fiume più lungo dell’Italia sia il Po crede a una cosa vera e chiunque asserisca che il fiume più lungo dell’Italia sia il Po afferma una cosa vera.

Quasi tutti noi abbiamo convinzioni vere su molte cose, segnatamente sul nostro nome, su dove viviamo, su che anno sia e su una vasta gamma di altri argomenti. Tutti abbiamo alcune convinzioni e facciamo alcune asserzioni che, ovviamente, non sono vere. In effetti, alcuni di noi fanno molte asserzioni che non sono vere. Ma il punto è che ci sono molte credenze e affermazioni vere, quindi ci sono (o forse, meglio, ci sarebbero) molte cose vere, stando a certe interpretazioni delle società umane. Per di più, presumibilmente ci sono cose vere che non sono né credenze né asserzioni, in particolare, ci sarebbero le ipotesi vere. Ma nella nostra necessaria semplificazione ci concentreremo adesso su credenze e asserzioni.

Ora che abbiamo espresso succintamente il nostro punto di vista ordinario su ciò che è o sia vero, esaminiamolo criticamente, soprattutto, alla luce del discorso di Liggins sulla verità. In ogni caso, pure noi possiamo convenire, agevolmente, con Liggins che ci siano due ragioni per cui eseguire questa disamina sia emozionante. In primo luogo, se si scoprisse che nulla sia vero, si tratterebbe, per usare un eufemismo, di una conclusione enorme, che ribalterebbe qualcosa che supponiamo costantemente. E se risultasse, invece, che non solo ci siano cose vere, ma che siano più o meno le cose che prima pensavamo fossero vere, allora ciò ci permetterebbe di comprendere le ragioni per pensare che ci siano cose vere. Pensare che alcune cose siano vere non sarebbe più un presupposto indiscusso: capiremmo, invece, perché dovremmo pensare che alcune cose siano vere.

Un modo per affrontare quest’indagine, circa il perché dovremmo pensare che alcune cose siano vere, sarebbe, conformemente a quanto dice Liggins, quello di prendere tutte le cose che riteniamo vere e esaminarle con molta attenzione, una per una, per vedere se lo siano davvero. Per fare un esempio, diciamo che io penso che il mio nome sia “Octavio”. Questa convinzione è, però, per davvero, vera? Oppure, quando gli amici stranieri mi chiedono quale sia il fiume più lungo dell’Italia, cosa che a dire il vero accade molto raramente, rispondo loro che è il Po. Ma quest’affermazione è propriamente vera? Ci sono, tuttavia, così tante cose che consideriamo, in modo naturale, vere, che cercare di esaminarle, una per una, è un modo insensato per andare avanti, perciò non le questioniamo. Sono i nostri assiomi.

 

La teoria secondo cui niente sarebbe vero o della verità come espediente escogitato

Poiché non possiamo esaminare una per una le assunzioni comprese nel nostro discorso, ci sembra naturale considerare che alcune cose siano vere. Un modo migliore per affrontare la questione, suggerisce Liggins, è quello di pensare ad una teoria. A parer suo, è conveniente cominciare, semplicemente, con la teoria secondo cui nulla sia vero, vale a dire la teoria del nichilismo aletico. La teoria propone che non esistano credenze vere, affermazioni vere, che non esista niente di vero. Poiché di solito presumiamo che esistano molte cose vere, questa teoria risulta in violento conflitto con le nostre convinzioni ordinarie. Effettivamente, si tratta di una teoria radicale sotto ogni punto di vista. Comunque, seguendo l’avventura dell’indagine potremmo permetterci di chiederci, come ci propone Liggins, se ci sia qualcosa da dire al riguardo, cioè se la teoria offra qualche vantaggio rispetto alla nostra visione ordinaria della questione.

Sotto quest’aspetto, però, c’è un problema speciale per qualsiasi filosofo che persegua questo progetto. Come propone il professore di filosofia alla Lingnan University di Hong Kong, Jamin Asay: “La tesi secondo cui nulla sia vero è stata a lungo considerata una posizione a carattere auto-confutatoria, non degna di una seria considerazione filosofica,”3 in quanto non farebbe altro che ribattere un’affermazione per dimostrarla erronea. In effetti, se fosse possibile dimostrare che la teoria si auto-confuti, allora non avremmo motivo di crederci. Se la teoria fosse, ovviamente, fallita, non si spiegherebbe perché ancora molti oppongano resistenza, considerandola semplicemente assurda piuttosto che non riuscita.

Liggins è del parere che la teoria del nichilismo aletico, che postula che nulla sarebbe vero, non abbia un carattere auto-confutatorio e che essa debba essere presa sul serio nonostante la radicalità del suo enunciato. Stando alla sua interpretazione gli argomenti che sembrano dimostrare che si confuta da sé non funzionano. Liggins considera che, sebbene sia una visione radicale, ritenere che nulla sia vero offra alcuni vantaggi. In particolare, sostiene che promette di risolvere alcuni problemi filosofici di vecchia data. Sarebbero tutte questioni delicate e controverse e sarebbe veramente difficile dire che si creda onestamente che nulla sia vero. Perciò Liggins crede, schiettamente, che valga la pena prendere sul serio la teoria, anche se i filosofi raramente la discutono o addirittura la menzionano.

In quanto studioso della materia, come già accennato precedentemente, Liggins chiama questa teoria, che ritiene che nulla sia vero oppure che la verità non esista, nichilismo aletico4 come il nichilismo aletico di stampo nietzschiano, sostenitore di una visione della verità come espediente escogitato da filosofi, religiosi e dogmatici per costringerci a credere a teorie ingannevoli e assurde. Esperto in filosofia della scienza, Liggins approccia la questione con rigorosa metodologia e, perciò, propone che prima di esaminare se il nichilismo aletico presenti dei vantaggi, si dovrebbe analizzare se sia possibile escluderlo subito in quanto stando ai critici della teoria essa sarebbe soltanto una proposizione auto-contradditoria (la verità non esiste). Liggins, opportunamente ci chiede di esaminare perché si potrebbe pensare che la teoria del nichilismo aleatico, in apparenza, si auto-confuti.

Un argomento è che il nichilismo aletico implica la negazione assoluta di ogni affermazione. Supponiamo che qualcuno affermi che l’attività umana sia la causa principale del riscaldamento globale. Affermazione che sarebbe perfettamente, in un certo modo, corretta. Ma, cosa ne penserebbe di quest’affermazione un nichilista aletico, cioè qualcuno che creda che nulla sia vero? Come Liggins, possiamo immaginarlo ragionare come segue: “Bene, se si ritiene che l’attività umana sia la causa principale del riscaldamento globale, allora l’affermazione sarebbe da essere ritenuta vera. Ma, purtroppo, niente sarebbe vero e, quindi, l’attività umana non sarebbe la causa principale del riscaldamento globale”. La tesi di Liggins al riguardo sarebbe, semplicemente, che il nichilismo aletico ci potrebbe portare a fare negazioni che non saremmo nella posizione di fare, alcune delle quali potrebbero risultare decisamente azzardate.

Un altro modo di guardare l’argomento, suggerisce Liggins, si concentra sulla persona che cerca di persuaderci che nulla sia vero. In tal caso, il ragionamento che verrebbe spontaneo di fare, difronte a chi sta cercando di farci credere al nichilismo aletico, cioè che la verità non esiste, sarebbe quello di segnalargli che, allora, perfino lui stesso crederebbe in qualcosa perché pensa che il nichilismo aletico sia vero. E se così fosse, allora pensiamo che qualcosa di vero ci sia. Infatti, credere alla teoria del nichilismo aletico sarebbe come credere a qualcosa come vero, per cui sarebbe un modo di ragionare che si auto-confuta o un pensiero auto-contradittorio.

La logica del collegamento realtà-verità e del collegamento verità-realtà

Confutazioni di questo genere rappresentano, in un certo modo, una sfida al nichilismo aletico, ma stando a Liggins non ci dimostrano che la teoria debba essere rifiutata. A parer suo la lezione da trarre da loro sarebbe che la teoria, così com’è, risulta troppo scarsamente elaborata. Per essere più difendibile, lui considera che la teoria dovrebbe dire di più. Dal suo punto di vista, per vedere come arricchire la teoria, si dovrebbe esaminare un altro aspetto del nostro pensiero culturale ordinario sulla verità. Come sottolineato in precedenza, la nostra visione ordinaria della verità ci porta ad affermare che poiché il fiume più lungo in Italia sia il Po, chiunque creda che lo sia, crede in qualcosa di vero. Questo sarebbe un esempio di un presupposto più ampio, che potrebbe essere riassunto così: qualcosa è vero se ciò a cui si riferisce esiste o accade effettivamente. In altre parole, supponiamo che Mario Rossi crederebbe che ci sia una mosca nella sua zuppa. Se accadesse, davvero, che ci fosse una mosca nella sua zuppa, allora Mario Rossi crede a qualcosa di vero. Liggins suggerisce di chiamare questo ragionamento o logica il “collegamento realtà-verità”.

Seguendo l’argomentazione di Liggins, oltre al collegamento realtà-verità, normalmente crediamo in un collegamento verità-realtà, che riprende la stessa convinzione. Il collegamento verità-realtà implica che se la convinzione di Mario Rossi è vera, allora c’è una mosca nella sua zuppa. Più in generale, il collegamento verità-realtà si riferisce alla convinzione che, se qualcosa è inteso come vero, allora ciò a cui si riferisce esiste o succede concretamente. I collegamenti sarebbero diversi perché, come dice Liggins, corrono in direzioni diverse. Il collegamento realtà-verità consentirebbe a Mario Rossi, cioè a noi, di dedurre che la sua (e nostra) convinzione è vera, in base all’esistenza della mosca. Il collegamento verità-realtà consentirebbe a Mario Rossi (a noi) di dedurre che c’è una mosca nella sua (e nostra) zuppa, in base alla verità della sua (e nostra) convinzione.

Nell’interpretazione di Liggins, il collegamento realtà-verità è quello importante qui, perché entrambi gli argomenti contro il nichilismo aletico si basano su di esso. Il primo argomento, nella descrizione di Liggins, ritrae il nichilista aletico mentre pensa, ad esempio: “Se l’attività umana fosse realmente la causa principale del riscaldamento globale, allora l’affermazione che l’attività umana ne sia la causa principale sarebbe vera”. Il secondo argomento ritrae il nichilista mentre pensa: “Niente è vero”. Di conseguenza, la convinzione che nulla sia vero è vera”. Entrambi questi sono esempi del collegamento realtà-verità. La lezione per il nichilista aletico appare chiara. Il nichilismo aletico risulterebbe più difendibile se vi integrassimo la negazione del legame realtà-verità. Se tale integrazione venisse fatta, allora queste due obiezioni non potrebbero avere inizio. Certo, il nichilista aletico dovrebbe dire che le persone generalmente credono nel collegamento tra realtà e verità. Ma poi dovrebbero negarne il nesso, cioè dovrebbero ugualmente postulare che dire che una cosa succeda o esista non basti perché essa sia vera.

In ogni circostanza noi non possiamo sottovalutare quanto sia strano tagliare il legame tra verità e realtà. Per usare un’immagine che riesca a chiarire la questione, diciamo che normalmente assumiamo che esista una correlazione tra il fatto, ad esempio, che stia piovendo e che la mia convinzione, che stia piovendo, sia vera. O piove e allora la mia convinzione è vera, oppure non piove e la mia convinzione non è vera. Negando il legame realtà-verità, il nichilista aletico nega correlazioni come questa, come puntualizza Liggins. Dal punto di vista del nichilista aletico, la convinzione che stia piovendo non sarebbe mai vera, qualunque sia il tempo. Nella sua prospettiva, non ci sarebbe niente che il mondo possa fare per rendere vera questa convinzione. Ciò, evidentemente, rappresenta un enorme allontanamento dalle nostre ipotesi ordinarie su come funziona la verità. Perciò, negare il legame realtà-verità rende il nichilismo aletico ancora più radicale di quanto non fosse prima. Ma, come abbiamo visto, lo rende anche più difendibile.

Quindi, questi argomenti, sostiene Liggins, non mostrano che il nichilismo aletico sia auto-confutante o autocontraddittorio. E per quanto ne sappiano gli studiosi della materia, non ci sarebbero argomenti migliori per questa conclusione. In ogni modo, si potrebbe supporre che sia giusto e ciò consente di fare un passo avanti e passare ad esaminare quali vantaggi potrebbe riservarci il nichilismo aletico.

 

Vantaggi che potrebbe riservarci il nichilismo aletico e il paradosso del mentitore

Dalla prospettiva di Liggins, per spiegare i vantaggi, si devono spiegare alcuni dei problemi filosofici di vecchia data che la teoria del nichilismo aletico può aiutare a risolvere. Il primo riguarda un paradosso, cioè un argomento che sembra valido, se lo guardiamo passo dopo passo, ma che deve essere viziato perché porta a una contraddizione. Stando agli studiosi, il paradosso in questione è noto almeno dal IV secolo a.C. come il paradosso del mentitore o, più propriamente, antinomia del mentitore.5 Potremmo utilizzare un’interpretazione dell’esempio dello stesso Liggins per cercare di rendere chiara la proposizione autocontradditoria del paradosso del mentitore. Immaginiamo ch’io affermi, “quest’argomentazione non è vera”. La domanda che voi vi porrete subito sarebbe, certamente, quella di determinare se la mia asserzione sia vera o no. Supponiamo il caso che voi ipotizziate che la mia affermazione non sia vera, vale a dire che voi consideriate che ciò ch’io esprimo sull’attendibilità di questa mia argomentazione sia falso. Cosa succederebbe allora se voi assumete la possibilità che io vi dica il falso. In effetti, se la mia asserzione, stando a voi, non fosse vera, allora quello che, effettivamente, la mia argomentazione direbbe sarebbe vero anziché falso.

In altre parole, la supposizione vostra, che ipotizza che la mia asserzione “quest’argomentazione non è veranon sia vera, porta ad una contraddizione, perché si tratta di una proposizione auto-contradditoria. Pertanto, la mia asserzione risulterebbe essere vera e, di conseguenza, l’argomentazione non sarebbe vera. Ma, poi, perché la mia asserzione risulti vera, il suo contenuto dovrebbe corrispondere a ciò che realmente accade nella mia argomentazione, vale a dire, la mia argomentazione, per davvero, non è vera. Di conseguenza, in termini di corrispondenza tra asserzione e verità essa non è vera. Eppure, precedentemente, abbiamo già concluso che era vera! Pertanto abbiamo una contraddizione. Questo ragionamento storce da qualche parte, ma dove? Mostrare dove, stando a Liggins, risolverebbe il paradosso del bugiardo.

Il mentitore ed altri paradossi simili sarebbero stati per secoli al centro della ricerca filosofica, come documenta il lavoro di Alwishah e Sanson in una serie di tradizioni filosofiche diverse. La ricerca continua ancora oggi e non ci sarebbe consenso su come risolvere questi paradossi. Tutte le possibili soluzioni appaiono, in un modo o nell’altro, decisamente poco convincenti. Alcune di queste sarebbero ritenute assai radicali. In modo particolare, alcuni filosofi pensano che la soluzione opportuna sia rivedere le regole della logica comunemente accettate e accettare che l’affermazione sia vera e non vera. Stando a Liggins ciò significherebbe che il Paradosso del Mentitore è lungi dall’essere una banalità o un mero gioco. Esso metterebbe in discussione i metodi che utilizziamo per ragionare su qualsiasi argomento.

L’altro problema filosofico, di vecchia data che, stando a Liggins, sarebbe necessario chiarire per spiegare gli eventuali vantaggi della teoria del nichilismo aleatico sarebbe una variazione sul tema del paradosso del mentitore. Questo problema non sarebbe propriamente un paradosso ma, piuttosto, un enigma, simile all’indovinello logico “Le due porte”.6 Più specificamente, simili a ciò che viene chiamato The Truth Teller Paradox,  vale a dire qualcuno che dice la verità riguardo a ciò che realmente sta accadendo in una situazione. Per rendere un’idea della questione, supponiamo ch’io adesso dichiari: “Quello che sto affermando ora è vero”. Il problema qui sarebbe capire se io stia dicendo la verità. Sicuramente, sarebbe difficile mettersi d’accordo per stabilire quali prove si potrebbero fornire per credere ch’io stia dicendo la verità. Sarebbe ugualmente altrettanto difficile mettersi d’accordo per stabilire quali prove si potrebbero invece fornire per il punto di vista opposto. Se si è un filosofo che lavora sulla verità e sul paradosso, questo tipo di quesito è all’ordine del giorno. Sembra impossibile stabilire cosa si dovrebbe dire sulla verità o meno di questa affermazione. In effetti, a volte è difficile sostenere affermazioni radicali proprio perché sono così estreme.

Stando a Liggins, il nichilismo aletico farebbe la differenza, a partire dal Paradosso del Truth Teller, cioè di colui che dice la verità riguardo a ciò che sta realmente accadendo in una situazione. Per illustrare il punto, supponiamo ancora che io asserisca: “Proprio quello che sto affermando è vero”. Come nei precedenti dilemmi, voi vi chiederete di nuovo se la mia affermazione sia vera o falsa? Il nichilismo aletico darebbe, al parere di Liggins, una risposta rapida a questa domanda: l’affermazione non sarebbe vera, perché niente sarebbe vero. Il principio filosofico generale secondo cui nulla sarebbe vero risponderebbe, direttamente, all’enigma.

Proviamo ora a riallacciarci al paradosso del mentitore. Qualcuno afferma che proprio quello che si sta affermando non sarebbe vero. Il nostro compito sarebbe capire se l’affermazione sia vera oppure no. Come nel caso del paradosso del Truth Teller, il nichilismo aletico dà una risposta rapida e diretta a questa domanda: l’affermazione del mentitore non è vera, perché niente è vero. Il nichilismo aletico individua anche dove l’argomentazione del paradosso del bugiardo va storta. Ricordiamo questa parte del ragionamento. Se l’affermazione non è vera, allora ciò che la persona dice in concreto, ma che dichiara di essere falso, sarebbe realmente vero. Di conseguenza, quello che starebbe effettivamente dicendo, e che bolla come falso, è, dopo tutto, ciò che realmente accade o esiste e, quindi, è vero. Questo sarebbe solo un altro esempio del collegamento realtà-verità. Come abbiamo visto, una forma difendibile di nichilismo nega questo legame. Stando all’analisi di Liggins, questo dimostrerebbe che quella negazione non solo sarebbe utile per respingere le obiezioni al nichilismo aletico, ma ci aiuterebbe, addirittura, a risolvere il paradosso del mentitore.

Queste sono, nel pensiero di Liggins, le soluzioni proposte dal nichilista aletico al paradosso del mentitore e al the truth teller paradox. Sostenere che queste soluzioni siano in qualche modo superiori alle altre soluzioni offerte richiederebbe molte argomentazioni tecniche che esulano le possibilità di questa breve argomentazione. In ogni modo, Liggins sostiene che il nichilismo aletico sia un serio contendente, segnalando che se dovesse risultare in grado di risolvere questi difficili problemi filosofici, questo sarebbe un motivo per crederci.

Come detto, a volte risulta difficile sostenere affermazioni radicali proprio perché sono così estreme che, in ogni modo, avremmo bisogno di ragioni particolarmente forti per rinunciare a così tanto. Poiché il nichilismo aletico costituisce una teoria così radicale, questo sembra un problema. Ma qui non sarebbe un problema così grande, perché anche le principali soluzioni alternative ai paradossi come il Mentitore sarebbero molto radicali. Per usare l’esempio che è stato già citato all’inizio di quest’argomentazione, un approccio importante sarebbe rivedere le regole di ragionamento comunemente accettate. Ciò risulterebbe ancora molto più radicale del nichilismo aletico. Un lavoro importante che il nichilista aletico dovrebbe ancora fare, stando a Liggins, sarebbe spiegare come siamo arrivati a credere che alcune cose siano vere. Se non potesse farlo, ciò dimostrerebbe, stando a Liggins, che la sua teoria non è molto plausibile.

Come siamo arrivati a pensare e parlare in termini di verità

Per concludere, e seguendo i suggerimenti di Liggins, risulta opportuno fare un resoconto dalla prospettiva aletico nichilista di come siamo arrivati a pensare e parlare in termini di verità, in quanto è la questione dell’esistenza o meno della verità ciò che ci ha spinto in quest’argomentazione. L’incamminarsi del pensiero e del discorso circa la verità, effettivamente, è accaduto così tanto tempo fa che qualsiasi affermazione al riguardo appare, inevitabilmente, assai speculativa. Tutto ciò che conta in questo sforzo è che esista una possibile spiegazione compatibile con il nichilismo aletico.

Come accennato all’inizio di quest’argomentazione, un aspetto indiscutibile del parlare di verità è che ci aiuterebbe a dire di più ovvero a dire di più al secondo! Segnatamente, se volessimo negare tutto ciò che qualcuno abbia detto, potremmo dire: “Niente di tutto ciò era vero”. Effettivamente, si tratta di una proposizione estremamente più rapida che sottoporre ad analisi le affermazioni fatte e obiettarle una per una. Difatti, una volta che si è istituita l’idea di verità e possiamo parlare in termini o a nome di essa, ci è consentito dire cose del tipo: “Se l’economia keynesiana è vera, allora seguono questa e quella conseguenza”, il che ci risparmia il compito impegnativo e tecnico di attestare e confermare le affermazioni dell’economia keynesiana.

L’altro aspetto certo del parlare di verità, come segnala Liggins, è che possiamo immaginare che l’inizio del discorso sulla verità sia stato associato con un’espressione come ““. In effetti, quando qualcuno enuncia qualcosa con cui si è d’accordo, un modo per dimostrare che si è d’accordo è dire “sì” e poi ripetere ciò che è stato detto. Tuttavia, mostrare accordo con l’utilizzo del “sì” è significativamente diverso dal dire la verità. Ugualmente, in questa deriva entropica, usiamo l’attributo “vero” per descrivere le cose, quando caratterizziamo la convinzione o l’affermazione di qualcuno come veritiera. Ma se uno dicesse, in particolare, “, il tempo ieri è stato splendido”, non starebbe descrivendo come veritiera alcuna convinzione o affermazione. Non starebbe nemmeno menzionando alcuna convinzione o affermazione. Piuttosto, descriverebbe il tempo di ieri e, allo stesso tempo, dimostrerebbe che si è d’accordo con la persona che avrebbe parlato prima.

Supponiamo ora però che qualche persona audace provi a usare l’espressione del “sì” in modo più creativo. Per dimostrare che si trova completamente in disaccordo con le affermazioni di un oratore precedente questa persona creativa potrebbe dire qualcosa del tipo: “Niente di tutto questo è sì”. Ciò che si vorrebbe evincere è che in tal caso saremmo passati dall’usareper segnalare accordo all’usarlo per descrivere le cose. Se chi parla è d’accordo con un’affermazione, allora l’affermazione viene descritta come “”.

Niente di tutto questo è sì” non ha senso grammaticale, ma è facilmente comprensibile. Infatti, risulta facile capire, come sottolinea Liggins, come un simile modo di parlare abbia potuto aver preso piede, anche se non siamo edotti in materia. Nella visione di Liggins, descrivere le cose come “” ci avrebbe aiutato a dire o comunicare di più in un modo che non era utilizzato semplicemente per segnalare un accordo. Una volta che nell’evoluzione del linguaggio si è giunti ad utilizzare “” per descrivere le cose, noi umani avremmo iniziato a esprimere e trasmettere molto di più. Il vecchio modo di usare ““, ipotizza Liggins, non ci avrebbe dato modo di segnalare un disaccordo totale, ma nell’evoluzione del linguaggio è diventato possibile dire, addirittura, “Niente di tutto questo è sì“.

L’ipotesi di Liggins è che il discorso sulla verità sia nato in questo modo. Stando a lui noi umani, inizialmente, avremmo sviluppato un dispositivo per esprimere accordo che, eventualmente, si è trasformato in un modo per descrivere le cose. Tale trasformazione sarebbe stata vantaggiosa perché ci avrebbe permesso di esprimere, comunicare o trasmettere di più. Ma questo dispositivo avrebbe avuto un prezzo, oppure una condizione, seguendo l’ipotesi di Liggins: dovevamo credere che alcune cose fossero vere! E dovevamo credere che un’asserzione fosse vera se ciò che enunciava era concretamente ciò che esisteva o succedeva, vale a dire fosse un’asserzione vera su qualcosa che realmente accadeva o esisteva. In altre parole, dovevamo credere al collegamento tra realtà e verità. Naturalmente, si potrebbero fare delle illazioni e immaginare che i nostri antenati erano felici di accettare questi utili presupposti senza dover avviare un’indagine filosofica per verificare che alcuni enunciati e certe cose fossero realmente veri. E così, nell’interpretazione di Liggins, il presupposto che alcune cose siano vere è entrato nella cultura umana, insieme al legame realtà-verità. Questi presupposti ci sarebbero stati tramandati di generazione in generazione, così come ancora oggi noi li trasmettiamo ai bambini.

In effetti, perfino i filosofi generalmente partono dal presupposto che esistano delle verità quando discutono di molti argomenti: conoscenza, ragionamento, affermazione. Se utilizzando il paradigma del nichilismo aletico, i filosofi scoprissero che nulla è vero, tutte le loro discussioni dovrebbero essere ripensate. Sembra che la scoperta che nulla sia vero, ma costruito socialmente a convenienza, avrebbe enormi implicazioni sul modo in cui viviamo le nostre vite. Sembra implicare, addirittura che mentire andrebbe bene. Nessuno dovrebbe essere criticato per non aver detto la verità, perché non ci sarebbero verità da dire.

A voce mi sentirei molto a disagio se la teoria che stiamo esplorando con simpatia avesse questa implicazione. In realtà, Liggins stesso pensa di no. Ciò che questa teoria implicherebbe sarebbe che la nostra comprensione della menzogna deve cambiare. È più semplice chiarire il punto con un esempio abbastanza conosciuto nell’ambiente del nichilismo aletico. Supponiamo che io abbia rapinato una banca e che un mio amico menta per darmi un alibi, dichiarando che ero in casa sua al momento della rapina. Perché tale affermazione sarebbe una menzogna? Normalmente diremmo: perché l’affermazione non è vera. Ma il nichilista non può dirlo in questo modo. Invece, il nichilista aletico deve dire che l’affermazione è una menzogna perché, effettivamente, non ero a casa del mio amico. Se la menzogna venisse intesa in questo modo, allora il nichilista potrebbe addirittura dire che mentire è sbagliato, anche se non ci sarebbe niente di sbagliato nel non dire la verità.

Qualsiasi breve discussione sul nichilismo aletico è destinata a sollevare più domande che risposte. Ma speriamo che questa brevissima argomentazione illustri uno degli scopi della filosofia stessa, cioè essere genuinamente critica. Per dirla in un altro modo: uno degli scopi della filosofia è quello di prendere presupposti che difficilmente ci fermiamo a considerare e metterli al microscopio per vedere se meritano veramente di essere creduti. Di questi presupposti è piagata la nostra civiltà con le sue quotidianità e con le derive di tali presupposti nella biopolitica. E sono questi presupposti che costituiscono i canoni per le nostre esistenze e per le modalità delle nostre morti. Perciò dovremmo sempre rivedere le regole di ragionamento comunemente accettate ed esaminare il nostro pensiero culturale ordinario sulla verità.

______________Note _________________

1 La logica aletica o modalità aletica, dal greco ἀλήθεια (aletheia) e traducibile come verità, è una modalità linguistica che esprime il valore di necessità logica, contingenza, possibilità o impossibilità attribuita dal parlante alle proprie locuzioni. La modalità aletica è spesso associata alla modalità epistemica che denota la valutazione o il giudizio di verità da parte dell’interlocutore. La critica afferma che non c’è alcuna reale differenza tra “la verità nel mondo” (aletica) e “la verità nella mente di un individuo” (epistemica). La ricerca non ha trovato un unico linguaggio in cui si distinguano formalmente modalità aletiche ed epistemiche, ad esempio per mezzo di un modo grammaticale. Nella proposizione “Un cerchio non può essere quadrato”, l’espressione “non può essere” è espressa da una modalità aletica, mentre nella proposizione “Non può essere così ricco” l’espressione “non può essere” sarebbe espressa da una modalità epistemica. Come si può osservare, la distinzione fra modalità aletica ed epistemica non è tracciata nella grammatica italiana.

2 David Liggins è un professore di filosofia presso l’Università di Manchester con interessi di ricerca in metafisica e filosofia della matematica.

3 Jamin Asay. Something is true. Philosophy and Phenomenological Research. Volume 105, Issue 3, pages 505-764, November 2022.

4 Dal greco alétheia, cioè verità.

5 In logica, il paradosso del mentitore è descritto come: data una proposizione auto-negante come “Questa frase è falsa”, nessuno riuscirà mai a dimostrare se tale affermazione sia vera o falsa; se infatti fosse vera, allora la frase non sarebbe veramente falsa. (la verità della proposizione non invalida la falsità espressa nel contenuto della proposizione). Se invece la proposizione fosse falsa, allora il contenuto si capovolgerebbe (è come se dicesse “Questa frase è vera“) quando abbiamo appena affermato il contrario.

6 Indovinello logico “Le due porte”: Una persona giunge di fronte a due porte, ciascuna sorvegliata da un guardiano. Una delle porte conduce alla salvezza, l’altra a morte certa. Dei due guardiani si sa che uno risponde in modo veritiero alle domande che gli vengono rivolte e che l’altro mente sempre, ma non si sa quale sia il guardiano sincero e quale il bugiardo. La persona può fare una sola domanda, ad uno solo dei guardiani. Come può individuare la porta che conduce alla salvezza? La soluzione consiste nel chiedere ad uno qualsiasi dei due guardiani cosa ci risponderebbe l’altro se gli chiedessimo di indicarci la porta che conduce alla salvezza, per poi scegliere la porta opposta a quella indicata: il guardiano sincero darebbe come risposta l’indicazione menzognera e mortale del guardiano bugiardo, mentre il guardiano bugiardo darebbe come risposta il contrario dell’indicazione veritiera e salvifica del guardiano sincero. [Per aver individuato e fornito l’indovinello si ringrazia Marco Bruno – 2° anno di corso Laurea triennale Anno Accademico 2016/2017] https://www.unibo.it/sitoweb/marco.mazzoleni/contenuti-utili/e510f620

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