Potrebbe l’ostentazione di un’elevata posizione morale nascondere un vizio?

23 Dicembre, 2023
Tempo di lettura: 16 minuti

BIO – Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità – Educational Papers • Anno XII • Numero 48 • Dicembre 2023

 

Il fenomeno cosiddetto virtue signaling

Da una rapida passeggiata sui social media si può arrivare a concludere che una maggioranza delle persone registrate in queste piattaforme ama dimostrare di essere brava. Sia esprimendo compassione per le vittime di un disastro, sia condividendo un post per sostenere un movimento sociale o denunciando il commento cosiddetto razzista di una celebrità, molte persone sembrano ansiose di rendere pubblica la loro elevata posizione morale.

I critici, spesso, liquidano queste manifestazioni come semplici atti di segnalazioni di virtù. In pratica, come sottolinea il giornalista James Bartholomew, che ha reso popolare la locuzione in un suo articolo su The Spectator nel 20151, i segnalatori di virtù godono del privilegio di sentirsi meglio con sé stessi facendo molto poco. A differenza del tipo di aiuto in cui si deve fare qualcosa, come assistere un’anziana signora ad attraversare la strada, fare volontariato per offrire pasti ai diseredati oppure andare porta a porta per raccogliere fondi per una causa, la segnalazione di virtù spesso consiste in azioni interamente senza alcun impegno materiale o fisico, come cambiare la propria immagine del profilo o dire che non ci piace la posizione di un politico sull’immigrazione.

A dire il vero, la locuzione fa riferimento ad un atteggiamento di artefatta, talvolta esasperata, ostentazione di aderenza a valori morali che riscuotono consenso nella società del tempo, al fine di ottenere visibilità o facile approvazione dagli altri, senza però l’adozione di alcuna azione concreta per promuovere e attuare le istanze manifestate. In breve, l’espressione intende evidenziare un atteggiamento borioso e volto a ottenere approvazione. Rimandando all’intento di sfoggiare una morale superiore si tratta, in definitiva, di una locuzione che ha valenza negativa, e viene utilizzata per tacciare di falsità, ipocrisia e perbenismo, quelle persone, comunità, o aziende, che millantano una superiorità morale e, in apparenza, si fanno paladine di questa o quella battaglia civile, ma nei fatti non si adoperano per portarla avanti.

Segnalare la propria virtù , in realtà, appare come un comportamento facile, ma perché questa facilità lo fa sembrare un gesto negativo? Per rispondere a questa domanda e comprendere gli atti di segnalazione di virtù o del proprio spessore morale in generale, stando a Tadeg Quillien,2 ricercatore in biologia evolutiva e scienze cognitive computazionali presso l’Università di Edimburgo in Scozia, dobbiamo fare un paio di passi indietro. Seguendo la ricerca in materia,3 nel discorso quotidiano, le persone che accusano gli altri di essere segnalatori di virtù, spesso, non sono interessate a fare una vera analisi morale ma vogliono, anzitutto, screditare loro avversari ideologici o politici. Al riguardo, si può sintetizzare la contrapposizione in modo caricaturale con la seguente affermazione: i miei alleati si stanno mobilitando coraggiosamente per una causa giusta, le persone dall’altra parte stanno semplicemente proclamando la loro virtù. Una tale semplificazione, tuttavia, non può chiudere la questione dell’esibizione di un proprio spessore morale o, più tecnicamente detto, della segnalazione di virtù. Ma poiché la questione della comunicazione tra individui, sia all’interno delle specie sia tra le specie, costituisce ambito di ricerca della cosiddetta teoria dei segnali all’interno della biologia evolutiva, potrebbe essere di aiuto seguire il pensiero di Tadeg Quillien e di studiosi in materia, quali Paul Rusell, Neil Levy, Amotz Zahavi ed altri, e chiederci con loro perché proviamo le forti emozioni che proviamo riguardo alla segnalazione di virtù, e se ciò sia effettivamente, da un punto di vista valoriale, da considerarsi buono o cattivo.

 

La segnalazione come fenomeno generale

In realtà, negli ultimi decenni, studiosi in diversi campi hanno sviluppato analisi sofisticate della segnalazione come fenomeno generale, vale a dire del modo in cui noi umani, ed altri animali, invieremmo, oppure effettivamente inviamo, segnali elaborati per trasmettere informazioni ad altri individui. La questione centrale degli studi sulla segnalazione sarebbe quella di stabilire quando ci si dovrebbe aspettare che organismi con interessi confliggenti, come nella selezione sessuale, forniscano segnali onesti, ossia spontanei, senza alcuna presunzione di un intento consapevole, piuttosto che segnali disonesti, cioè ingannevoli e finalizzati a sfruttare a proprio vantaggio la relazione, come considerano Gerhardt, Humfeld e Marshall.4 I modelli matematici sviluppati al riguardo descrivono come i segnali possano contribuire a una strategia evolutivamente stabile. I segnali vengono emessi in contesti come la selezione del compagno da parte delle femmine, che sottopone a una pressione selettiva i segnali dei maschi che fanno pubblicità, come documenta il lavoro di ricerca di Møller e Pomiankowski,5 tra tantissimi altri. I segnali, in questa prospettiva, potrebbero evolversi perché modificherebbero il comportamento del ricevente in modo da beneficiare il segnalatore. I segnali, però, potrebbero anche essere onesti, trasmettendo informazioni che aumentano, utilmente, l’idoneità del ricevente, oppure disonesti. Un individuo potrebbe ingannare emettendo un segnale disonesto, che potrebbe beneficiare per un breve periodo quel segnalatore, a rischio però di minare il sistema di segnali per l’intera popolazione.6

La questione se la selezione dei segnali operi a livello del singolo organismo o di un singolo gene, oppure a livello del gruppo, è stata dibattuta da biologi come Richard Dawkins,7 che ha sostenuto che gli individui si evolvano per segnalare e ricevere i segnali migliori e anche per resistere alla manipolazione. Amotz Zahavi8 suggerì che lo sfruttamento o inganno potrebbe essere controllato dal principio dell’handicap. Secondo la teoria di Zahavi, i segnalatori come i pavoni maschi avrebbero code che costituiscono autentici handicap, se interpretate secondo i nostri criteri valoriali umani, essendo costose da produrre in termini della fitness o idoneità.9 Il sistema però sarebbe, nella prospettiva di Zahavi, evolutivamente stabile in quanto le grandi code vistose costituirebbero segnali onesti.10 Il principio dell’handicap, anche detto del segnale onesto, costituisce, effettivamente, un’ipotesi proposta nel 1975 dal biologo Amotz Zahavi,11 inerente alla comunicazione e al comportamento animale. Secondo questa ipotesi, il segnale emesso da un animale sarebbe tanto più attendibile quanto più appare evidente lo sforzo (o spreco, o handicap) nell’emetterlo.12 La teoria predice che un ornamento sessuale, o qualsiasi altro segnale, deve essere costoso, dal punto di vista della fitness del portatore, cioè del suo possibile successo riproduttivo, per poter pubblicizzare uno o più tratti rilevanti nella comunicazione tra il portatore di tali tratti e altri individui che possono essere eventuali partner, competitori o predatori.13 Tipici esempi di comunicazione tramite l’utilizzo di handicap comprendono il canto e le danze di corteggiamento di alcune specie di uccelli, la coda del pavone, il pergolato dell’uccello giardiniere o anche l’ostentazione di gioielli ed il senso dell’umorismo negli umani. Jared Diamond14 ha suggerito che certi comportamenti umani, eccessivamente audaci, quale il bungee jumping, possono essere espressione di istinti evolutisi sotto l’influenza del principio dell’handicap.

I biologi hanno cercato di verificare il principio dell’handicap, ma con risultati incoerenti, sostiene Quillien.15 Anche precedentemente a Zahavi, ad esempio, il biologo matematico Ronald Fisher16 analizzò l’effetto che il possesso di due copie di ciascun gene (diploidia)17 avrebbe sulla produzione di segnali onesti, mostrando che nella selezione sessuale potrebbe verificarsi un effetto di fuga. In quest’interpretazione, l’equilibrio evolutivo dipende sensibilmente dal bilanciamento tra costi e benefici.

Un aspetto interessante della questione dei segnali è che, stando ai ricercatori, gli stessi meccanismi si possono attendere negli umani. In effetti, i ricercatori hanno studiato comportamenti nostri quali i rischi corsi dai giovani, la caccia di grandi animali da selvaggina e alcuni complessi rituali religiosi, trovando che tali comportamenti sembrano avere le caratteristiche di costosi segnali onesti.

Le intuizioni della teoria dei segnali, va riconosciuto, possono risultare controintuitive e hanno avuto un enorme impatto sulla biologia e sulle scienze sociali. Ugualmente va riconosciuto che le segnalazioni di virtù sono più sfumate e più interessanti del quadro dipinto dalla saggezza convenzionale e dalla retorica politica. A quanto pare, ci sarebbero aspetti positivi, come ci indica Paul Rusell,18 e negativi, come mostra Neil Levy,19 riguardo alla segnalazione di virtù, ma probabilmente non per le ragioni che usualmente pensiamo.

 

Il fenomeno della segnalazione di virtù in noi umani

Dopo i brevi accenni alla questione della segnalazione come fenomeno generale nel mondo animale, riprendiamo la nostra domanda, seguendo principalmente il pensiero di Quillien, Levy e Rusell, relativo al perché proveremmo le forti emozioni che proviamo riguardo le persone che esibiscono, a parer nostro, un’elevata posizione morale, e se ciò sia effettivamente, da un punto di vista valoriale, da considerarsi buono o cattivo. Iniziamo per chiederci, banalmente, perché si rimprovera di solito ai cosiddetti segnalatori di virtù di assumere una posizione facile. L’esortazione ad ignorare le azioni di qualcuno perché, a parer nostro, tali manifestazioni non richiedono alcun sforzo costituisce una sollecitazione potente, come osserva Quillien.20 In effetti, lui suggerisce che forse avrebbe più senso concentrarsi su ciò che veramente si ottiene con tali manifestazioni. Tuttavia, sussiste una tendenza entropica e, davvero, possiamo costatare che spesso ci concentriamo su ciò che sono i costi che le persone concretamente pagano per fare le loro esternazioni morali piuttosto che sulla possibile loro efficacia nel migliorare il mondo.

Alcuni decenni fa, biologi ed economisti si sarebbero confrontati con questioni simili. Ad esempio, perché le pavonesse siano così attratte dai pavoni con le code più stravaganti, che sarebbero molto costose da mantenere ma per il resto apparentemente inutili? Oppure, perché ai datori di lavoro importi che uno studente si indebiti con decine di migliaia di euro per ottenere una laurea da un prestigiosissimo ateneo senza alcuna rilevanza evidente per il lavoro che poi, effettivamente, svolgerebbe?

Negli anni ’70 lo zoologo Amotz Zahavi21 e l’economista Michael Spence22 avrebbero offerto una risposta provocatoria a queste domande. Avrebbero sostenuto che il punto centrale fosse il costo pagato dal pavone o dal laureato. La loro argomentazione, che valse a Spence un premio Nobel per l’economia nel 2001, sarebbe un po’ sottile o subdola se si vuole, quindi vale la pena esaminare attentamente come funziona. Il suo postulato era che la comunicazione fosse difficile perché gli individui sarebbero incentivati a mentire. I datori di lavoro cercherebbero determinate qualità, come intelligenza, coscienziosità, ambizione, nei propri dipendenti. Evidentemente stando al ragionamento di Spence23 i datori di lavoro non potrebbero chiedere direttamente alle persone che intervistano se siano intelligenti e coscienziose, perché i candidati al lavoro potrebbero semplicemente mentire.

Invece, i datori di lavoro selezionano i propri dipendenti sulla base di segnali difficili da falsificare, come i titoli di studio universitari. In generale, possedere le qualità apprezzate dai datori di lavoro sono comprese nello sforzo di ottenere una laurea da un prestigioso ateneo. Le persone che non hanno il giusto mix di intelligenza, coscienziosità e ambizione troverebbero l’università più difficile e abbandonerebbero gli studi o passerebbero molto più tempo a completarli. Le persone che prevederebbero che conseguire una laurea sarebbe troppo costoso per loro ne rinuncerebbero.

Quindi, in linea di principio, anche se nulla di ciò che uno studente avesse imparato fosse stato rilevante per il lavoro che desidererebbe, il completamento della laurea invierebbe, comunque, un segnale prezioso ai potenziali datori di lavoro che potrebbero reagire considerando che il laureato che pretende la posizione sia il tipo di persona per cui questo risultato ad alto impegno sarebbe abbastanza facile, come ipotizza Quillien.24 Poiché tale situazione invierebbe un segnale prezioso, sarebbe nell’interesse dello studente ottenere una laurea e nell’interesse del datore di lavoro assumerlo su tale base.

Un argomento simile si applica nel dominio biologico, ma con la selezione naturale al posto di guida.25 Far crescere una coda stravagante è, secondo noi, moderatamente costoso per un pavone sano, ma un uccello malato metterebbe a rischio la sua vita se spendesse così tante energie per far crescere l’ornamento. Pertanto, si potrebbe congetturare che solo i pavoni in condizioni sufficientemente buone possono permettersi di far crescere una coda elaborata. In quanto tale, la selezione naturale favorisce le pavonesse che preferiscono i pavoni con una lunga coda perché queste pavonesse si accoppierebbero con maschi sani e di conseguenza otterrebbero una prole sana.

I segnali costosi, segnali onesti perché costosi, sono onnipresenti, sostiene Quillien,26 come mostra il fatto che le persone tendono a regalare fiori ai loro interessi romantici o li portano in ristoranti importanti. E lo fanno, probabilmente, perché questi atti sono oggettivamente costosi. Se il corteggiatore non fosse interessato a una relazione a lungo termine, avrebbe pochi incentivi a investire tale impegno. I suoi doni funzionano non perché le rose siano oggetti particolarmente utili, ma perché sarebbero un segnale27 costoso del suo impegno.

Ecco perché questi segnali onesti e costosi sono importanti per la segnalazione di virtù. La disonestà è un grave problema in ambito morale. Noi, persone, vogliamo apparire buone, perché ciò ci fa guadagnare amici e status sociale. In questa prospettiva si può ipotizzare che il nostro senso morale si sia evoluto perché le persone che convincono gli altri delle loro qualità morali, raccolgono tali benefici sociali. Ma, opportunamente ci chiede Quillien: – cosa impedisce a qualcuno di fingere di essere una brava persona, di raccogliere tutti i benefici sociali e di non portare a termine il proprio impegno?

 

Noi umani siamo ossessionati dall’ipocrisia morale

Nel corso dell’evoluzione umana, come delucidano John Tobby e Leda Cosmides,28 essere in grado di discriminare i veri alleati, che restano con noi qualunque cosa accada, dagli amici del bel tempo, che ci abbandonano appena abbiamo una necessità, potrebbe fare la differenza tra la vita e la morte. In quanto tali, noi umani siamo ossessionati dall’ipocrisia morale, come argomentano Jillian Jordan, Roseanna Sommers, David Rand e Paul Bloom.29 Come documentano con la loro ricerca, noi umani esaminiamo, attentamente, potenziali partner romantici, amici o membri del team per individuare segni che ci confermino che non siano coinvolti solo per i soldi. E poiché, secondo la logica della segnalazione costosa, i costi che le persone sono disposte a pagare sarebbero un segnale affidabile del loro impegno, prestiamo particolare attenzione a questi costi quando valutiamo le altre persone. Gli psicologi sociali avrebbero individuato, come ci segnalano Rayan Carlson e Jamil Zaki,30 che quando vediamo qualcuno compiere un atto altruistico abbiamo il sospetto che lo sia davvero se trae qualche beneficio dall’atto. Esperimenti di psicologia cognitiva mostrerebbero, come documenterebbero Andrew Delton e Theresa Robertson,31 che classifichiamo, addirittura, le altre persone sulla base dei costi che sarebbero disposte a pagare per avvantaggiare il loro gruppo ma non sulla base della quantità di benefici che effettivamente fornirebbero.

Questo gioco di acquisizione di benefici tramite un esercizio di altruismo apparente sarebbe, probabilmente, il motivo per cui troviamo irritanti i segnalatori di virtù, suggerisce Quillien.32 Queste persone farebbero semplicemente cose che potrebbero far guadagnare loro uno status sociale, l’approvazione della società, un posto dalla parte giusta della storia. Ma la domanda che spontaneamente ci poniamo al riguardo è quella di verificare se questi segnalatori di virtù siano, effettivamente, impegnati nelle cause che sostengono. Oppure vorremmo verificare se sarebbero interessati soltanto ai benefici sociali derivanti dal loro atto in apparenza altruistico. Quando, a nostro giudizio, i segnalatori di virtù non pagano costi significativi, sottolinea Quillien,33 noi attiviamo i campanelli d’allarme che milioni di anni di evoluzione ci hanno predisposti per proteggerci dagli amici del bel tempo e da altri ipocriti morali.

Ammettiamo, comunque, che alcuni segnali di virtù siano falsi, questo significherebbe, automaticamente, che possiamo ritenerli anche cattivi? Qui si rende utile fare un passo indietro rispetto al nostro modo di pensare predefinito. L’evoluzione ha forgiato il nostro cervello per renderci bravi nelle interazioni su piccola scala, ma non siamo molto bravi (o particolarmente preoccupati) nel valutare gli effetti sociali su larga scala delle cose, come suggeriscono Boyer e Petersen argomentando sul modello cognitivo evolutivo dietro le credenze economiche popolari.34 In quanto tale, risulyta facile per un polemista gettare discredito su qualcuno che esibisce le proprie virtù basandosi sulle convinzioni che lo inducono a pensare che non vi sia alcuna garanzia che quella persona che sbandiera le sue qualità morali condivida effettivamente i valori a cui fa riferimento la segnalazione di virtù espressa. In ogni caso, si può dire che basarsi su una impressione non è il metro idoneo con cui valutare questi segnali, come ci ricorda Quillien.35

In realtà, la vita è piena di problemi di coordinazione, se soltanto vogliamo verificarlo. Si consideri, ad esempio, l’idea di incrociare qualcuno per strada andando nella direzione opposta. Entrambi dovremmo avere un incentivo condiviso a coordinarci su quale lato del marciapiede camminare, in modo da non scontrarci. Anche se l’altra persona sia una perfetta estranea, non ci sarebbe alcun motivo particolare per cui proverebbe a ingannarci. In tali circostanze, la persona che viene nella direzione opposta alla nostra invierebbe segnali (ad esempio, si fermerebbe prima di fare un movimento improvviso e forse esagerato verso un lato) per coordinarsi con successo. Come sostiene Robson, dei modelli matematici mostrerebbero36 che questi segnali gratuiti possono essere cruciali per aiutare le persone a risolvere problemi di coordinazione altrimenti spinosi.

 

La questione del coordinamento e della conoscenza comune in ambito morale

Il coordinamento sarebbe altresì cruciale anche in ambito morale. Proviamo ad immaginare di vivere in una società che pratica la schiavitù e di pensare di essere gli unici moralmente disgustati da essa. Dovremmo parlare apertamente delle nostre preoccupazioni? Se pensassimo che tutti gli altri siano indifferenti, potremmo avere paura che gli altri pensino che siamo strani, che le persone che beneficiano del sistema ci puniranno e che noi non abbiamo comunque alcuna possibilità di fare la differenza.

Il paradosso sarebbe che, anche se molte persone si trovassero in questa situazione, tutti sarebbero preoccupati ma convinti che nessun altro lo sia, potrebbero non agire, pur avendo l’opinione della maggioranza. Ma parlare apertamente potrebbe innescare una reazione a catena. Per cui, quanto più gli individui alzerebbero la voce per denunciare quello che vedono come un problema morale, tanto più le persone, inizialmente silenziose, si renderebbero conto di non essere sole e parlerebbero a loro volta.

In effetti, come descrivono Kyle, DeScioli, Haque e Pinker,37 i segnali forti e pubblici sono particolarmente efficaci nello stabilire una conoscenza comune di una norma morale, assicurandosi che tutti la conoscano, che tutti gli altri sappiano che tutti conoscono tale norma, che tutti sappiano che tutti sanno che tutti sanno (e così via). I loro esperimenti di psicologia hanno dimostrato38 che costruire una tale conoscenza comune sia un potente determinante del comportamento sociale: le persone sarebbero molto più propense a coordinarsi su un’azione congiunta quando tutti sarebbero a conoscenza che tutti gli altri sarebbero informati che aderire genererebbe risultati che la comunità condividerebbe.

Oltre a favorire il coordinamento nelle azioni congiunte, la conoscenza comune impedirebbe alle persone di nascondersi dietro il velo della negazione plausibile. Per farla franca con un comportamento egoistico, sostengono Dana, Weber e Kuang, spesso fingiamo39 di ignorarne le conseguenze. In effetti, si potrebbe dire, in modo plausibile, di non essere a conoscenza delle pessime condizioni di lavoro delle persone che lavorano nelle fabbriche sfruttatrici, in tal caso, le persone ci giudicherebbero meno severamente per aver acquistato vestiti a buon mercato. Ma se molte persone segnalassero la loro obiezione morale facendo una campagna per migliorare i diritti dei lavoratori, la questione diventerebbe consapevolezza comune, e quando tutti possono aspettarsi che tutti lo sappiano, diventerebbe difficile per noi invocare l’ignoranza come difesa.

Considerare l’esibizione della moralità come un gioco di coordinamento suggerisce che l’opinione pubblica può subire rapidi cambiamenti, man mano che la società si coordina su nuove norme morali.40 E questo è, infatti, ciò che osserviamo: l’opinione pubblica su una varietà di argomenti, come il razzismo e i diritti dei gay, è stata spostata,41 in modo significativo, in una direzione considerata progressista negli ultimi decenni, a volte perfino nel giro di poche settimane, in funzione degli interessi delle lobby in gioco.

In sintesi, la segnalazione di una posizione morale può funzionare come una potente forza per il cambiamento sociale, creando una conoscenza comune attorno ad una questione morale che le persone altrimenti ignorerebbero per compiacimento oppure per egoismo. Al riguardo Dana, Weber e Kuang42 considerano che sia importante sottolineare che questo meccanismo funziona addirittura quando non vi è alcuna garanzia che le persone che inviano i segnali siano particolarmente virtuose o impegnate nella causa.

In effetti, come segnala Quillien,43 una delle intuizioni della teoria dei segnali sarebbe che l’impatto concreto di un atto altruistico, cioè quanto effettivamente aiuti le altre persone, sarebbe spesso dissociato dal segnale che invia su che tipo di persona siamo. Ciò significa che, per convincere le persone che siamo bravi, il segnale più persuasivo che possiamo inviare spesso non è quello che effettivamente produrrà il massimo bene.

 

L’altruismo umano sarebbe molto inefficace

Da questo punto di vista, non sorprende che l’altruismo umano sia molto inefficace, come rivelerebbero gli enti di beneficenza a cui le persone fanno donazioni e gli esperimenti della psicologia in materia, come quelli condotti al riguardo da Burun, Nowak e Hoffman.44 Stando agli esperimenti di controllo eseguiti da loro, hanno trovato una possibile spiegazione del motivo per cui i partecipanti non si preoccupino dell’efficienza della loro donazione. Donare in modo efficace non invierebbe un segnale migliore su quanto siamo bravi. In effetti, i segnali inviati possono prescindere dall’impatto reale del loro comportamento. Le persone potrebbero vedere i donatori con sospetto. Nonostante le considerazioni di Burun, Nowak e Hoffman,45 rimane ancora senza una risposta articolata il perché le persone sarebbero motivate a inviare segnali estremi del loro impegno verso una causa. La risposta sta nel fatto che, quando inviamo segnali di virtù, molte delle cose che cerchiamo, come gli amici e lo status sociale, sarebbero beni rivali. Le persone con cui si desidera essere amici possono avere solo un certo numero di amici, quindi si vuole convincerle a scegliere noi. I gruppi sociali a cui si appartiene possono avere solo un certo numero di leader e, per acquisire influenza, sarebbe utile dimostrare che si è più impegnati nell’ideologia del gruppo rispetto al membro medio.

Quando gli individui inviano segnali che cercano di convincere gli altri che sono migliori della media, il risultato sarebbe, spesso, ciò che i teorici dei segnali chiamano una “fuga”. In breve, una corsa agli armamenti verso segnali sempre più estremi. Se le pavonesse vogliono accoppiarsi con i pavoni le cui code sono più stravaganti del pavone medio, la selezione naturale favorisce i pavoni con code sempre più stravaganti nel corso delle generazioni successive. Se tutti avessero un diploma di scuola superiore, gli studenti dovrebbero iniziare a conseguire una laurea per distinguersi agli occhi dei datori di lavoro. Gli studenti della prossima generazione, ovviamente, conseguiranno un master per distinguersi dalla massa dei semplici laureati.

Nel dominio morale, la segnalazione fuori controllo avviene quando le persone cercano di elevare il proprio status morale facendo e credendo in cose che non tutti gli altri fanno. Ad esempio, tutti sono contrari all’uccisione di esseri umani. Dunque, dichiarando che si pensa che le persone non debbano uccidersi a vicenda non ci si distinguerebbe dagli altri. Ma non tutti sono contrari al consumo di animali, quindi, essere vegetariani o vegani potrebbe, effettivamente, aumentare la tua posizione morale.

La segnalazione incontrollata potrebbe avere effetti positivi, come nell’esempio del vegetarianismo, espandendo il nostro ambito di preoccupazione morale a questioni che altrimenti sarebbero opportunamente ignorate. Ma spesso potrebbe portare le persone ad avere convinzioni sempre più disconnesse dalla realtà.46 Immaginiamo di essere un seguace di una religione che promuove la pace, ma anche tutti gli altri nel nostro paese credono che la pace sia una buona cosa, indipendentemente dalla loro affiliazione religiosa. Professare la propria fede nel valore della pace non sarebbe il modo più efficace per segnalare la propria virtù religiosa, perché anche gli estranei alla fede direbbero la stessa cosa. Invece, potrebbe essere più efficace esprimere la propria fede in norme morali che non siano ancora evidenti per tutti. Ad esempio, la norma secondo cui le persone non dovrebbero usare il controllo delle nascite perché sarebbe contro la volontà di Dio. Le convinzioni esotiche sono ottimi segnali di lealtà47 verso il proprio gruppo, perché è probabile che gli estranei non le condividano. Sfortunatamente, la moralizzazione di tali ideali può essere molto dannosa, come quando i divieti religiosi sulla contraccezione facilitano la diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili.

Quando vediamo qualcuno che segnala virtù, spesso abbiamo forti reazioni, a volte ammirazione, a volte fastidio o disprezzo. In realtà, proclamare la propria bontà risulta profondamente fastidioso. Eppure la teoria della segnalazione spiega perché si tratta di una manovra particolarmente potente. Ma queste intuizioni sono il prodotto di meccanismi psicologici che si sarebbero evoluti per aiutarci a valutare se quella persona può essere soltanto un amico nei tempi buoni o un buon alleato nelle situazioni difficili, non per aiutarci a valutare se l’azione di quella persona abbia un impatto positivo sul mondo. Gli studi emergenti della segnalazione mostrerebbero che queste cose, spesso, potrebbero andare a pezzi. Tenere presente questa intuizione è essenziale mentre navighiamo in un mondo sempre più rumoroso.

______________Note _________________

1 James Bartholomew. Easy virtue. The Spectator, 18 April 2015

2 Tadeg Quillien. Is virtue signalling a vice? AEON, 4 Aprile 2022

3 Ibidem

4 Gerhardt H. Carl, Humfeld Sarah C. e Marshall Vincent T., Temporal order and the evolution of complex acoustic signals. In Proceedings of the Royal Society B, vol. 274, n. 1619, Londra, UK, Royal Society Publishing, 2007

5 Møller A. P. e Pomiankowski A. Why have birds got multiple sexual ornaments? In Behavioral Ecology and Sociobiology, vol. 32, pp. 167-176, 1993

6 Ibidem

7 Richard Dawkins. Il gene egoista.  Mondadori, Milano 1992

8 Amotz Zahavi e Avishag Zahavi. The Handicap Principle, Oxford, Oxford University Press, 1997 / Il principio dell’handicap, traduzione di Michele Luzzatto, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1997

9 Con fitness, o idoneità, in biologia si definisce il successo riproduttivo di un individuo o di un certo genotipo.

10 Amotz Zahavi e Avishag Zahavi, op. cit. 1997

11 Amotz Zahavi. Mate selection – A selection for a handicap. Journal of Theoretical Biology. Vol. 53, Issue 1, pages 205-214, September 1975

12 Ibidem

13 Ibidem

14 Jared Diamond, Il terzo scimpanzé. Ascesa e caduta del primate Homo sapiens, traduzione di Libero Sosio, Bollati Boringhieri, 2006

15 Tadeg Quillien, op. cit. 2022

16 Sir Ronald Aylmer Fisher, The genetical theory of natural selection, Oxford Clarendon Press, Oxford, 1930

17 Condizione in cui nelle cellule somatiche di un organismo vivente sono presenti due copie per ogni cromosoma, definite cromosomi omologhi. La condizione diploide viene spesso indicata con il simbolo “2n”, ad indicare le due copie del corredo cromosomico aploide “n”, caratteristico della specie.

18 Paul Rusell. Vice dressed as virtue. AEON, 22 May 2020

19 Neil Levy. Is virtue signalling a perversion of morality? AEON, 29 Nov 2019

20 Tadeg Quillien, op. cit. 2022

21 Amotz Zahavi. Mate selection – A selection for a handicap. Journal of Theoretical Biology. Volume 53, Issue 1, pages 205-214, Sept 1975

22 Michael Spence. Job Market Signalling. The Quarterly Journal of Economics, Vol. 87, No. 3, pp. 355-374, Oxford University Press, 1973

23 Ibidem

24 Tadeg Quillien, op. cit. 2022

25 Ibidem

26 Ibidem

27 Tadeg Quillien. Evolution of conditional and unconditional commitment. Journal of Theoretical Biology, vol 492, 7 May 2020

28 Tobby, J., & Cosmides, L. Friendship and the banker’s paradox: Other pathways to the evolution of adaptations for altruism. In W. G. Runciman, J. M. Smith, & R. I. M. Dunbar (Eds.), Evolution of social behaviour patterns in primates and man (pp. 119–143). Oxford University Press, 1996

29 Jordan, J. J., Sommers, R., Bloom, P., & Rand, D. G. Why Do We Hate Hypocrites? Evidence for a Theory of False Signaling. In Psychological Science28(3), 356-368, 2017

30 Ryan W. Carlson and Jamil Zaki. Good deeds gone bad: Lay theories of altruism and selfishness. Journal Of Experimental Social Psychology, Vol. 75, pages 36-40, March 2018

31 Andrew W. Delton, Theresa E. Robertson. The social cognition of social foraging: partners selection by underlying valuation. Evolution and Human Behaviour, Vol. 33, Issue 6, pages 715-725, November 2012

32 Tadeg Quillien, op. cit. 2020

33 Ibidem

34 Boyer, P., & Petersen, M. Folk-economic beliefs: An evolutionary cognitive model. Behavioral and Brain Sciences, 41, E158, 2018

35 Tadeg Quillien, op. cit. 2022

36 Robson AJ. Efficiency in evolutionary games: Darwin, Nash and the secret handshake. Journal of Theoretical Biology, 144(3):379-96, Jun 7, 1990

37 Thomas, Kyle A., Peter DeScioli, Omar Sultan Haque, and Steven Pinker. “The Psychology of Coordination and Common Knowledge.” Journal of Personality and Social Psychology 107 (4): 657–676, 2014.

38 Ibidem

39 Dana, J., Weber, R.A. & Kuang, J.X. Exploiting moral wiggle room: experiments demonstrating an illusory preference for fairness. Economic Theory 33, 67–80, 2007

40 Ibidem

41 https://news.gallup.com/poll/1651/gay-lesbian-rights.aspx

42 Dana, J., Weber, R.A. & Kuang, J.X. op. cit. 2007

43 Tadeg Quillien, op. cit. 2020

44 Burum, B., Nowak, M.A. & Hoffman, M. An evolutionary explanation for ineffective altruism. Nature Human Behaviour 4, 1245–1257, 2020

45 ibidem

46 Michael Bang Petersen, Mathias Osmundsen, and John Tooby. “The Evolutionary Psychology of Conflict and the Functions of Falsehood.” PsyArXiv, 29 Aug, 2020

47 Daniel Williams. Signalling, commitment, and strategic absurdities. Mind & Language, Vol. 37, Issue 5, pages 1011-1029, Nov 2022

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