BIO – Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità – Educational Papers • Anno VIII • Numero 31 • Settembre 2019
È la ragione una prerogativa umana?
I filosofi e i ricercatori cognitivi d’oggi intendono il dominio della ragione, per lo più, come una certa facoltà di inferenza1, limitata ai soli pensieri e azioni degli umani. Come l’eco-localizzazione2 nei pipistrelli o la fotosintesi nelle piante, la ragione, stando a loro, costituisce una capacità conformatasi durante l’evoluzione, ma a differenza di queste, secondo la teoria prevalente, essa sarebbe emersa esclusivamente negli umani. L’eco-localizzazione si presenta, ad esempio, nei toporagni3 e nelle focene4; la fotosintesi anche nei cyanobacteria5. La ragione è stata considerata come una prerogativa estremamente rara, un hapax legomenon [che appare una sola volta]6 nel testo della natura, e tuttavia, questa rarità ha portato ad un vincolo: quando spinti a rendere conto delle proprie origini, i pensatori che difendono l’esclusività umana della ragione sono costretti ad appoggiarsi al soprannaturalismo, mentre coloro che sostengono che tale ragione sia, fondamentalmente, una proprietà naturale devono ammettere che le forme di vita cosiddette “inferiori” sono in grado di esercitarla. La domanda è, allora, come la esercitano, fuori dai nostri modelli cognitivi antropomorfici?
La maggior parte dei filosofi e dei ricercatori che intendono la ragione come una sorta di abilità inferenziale che coinvolge rappresentazioni astratte consentirà che esperimenti con animali considerati, in qualche modo, “superiori”, come le scimmie, osservate a nascondere pietre in previsione di futuri conflitti, possano dare evidenza di una facoltà razionale di basso livello. Ma i ricercatori disegnano, quasi sempre, il limite inferiore di tale abilità in un modo che esclude le specie il cui comportamento non è osservabile in modo simile al nostro. Infatti, come sostiene il professore di storia e filosofia della scienza, Justin E H Smith7, la ricerca della ragione, oltre i limiti della specie umana, finisce sempre come una ricerca di organismi che in qualche modo ricordano noi stessi.
E se la ragione non fosse tanto un’abilità inferenziale?
Ma, cosa succederebbe se la ragione non fosse tanto un’abilità inferenziale, quanto, semplicemente, la capacità di espletare una specifica funzione [o azione o comportamento] in specifiche circostanze? Inoltre, cosa succederebbe se quest’abilità dipendesse, automaticamente, dal semplice fatto di essere l’organismo che si è? Quest’era, più o meno, la visione del diplomatico cinquecentesco Girolamo Rorario8, come riportato nel titolo del suo principale trattato postumo “QUOD ANIMALIA BRUTA SAEPE RATIONE UTANTUR MELIUS HOMINE” [Animali bruti spesso usano la ragione meglio dell’uomo]. Rorario è rappresentativo di una tradizione di pensiero poco conosciuta ma stimata, che risale a Plutarco e che non solo ritiene che la ragione sia naturale ma che insiste che la ragione sia, davvero, molto diffusa in natura9.
L’idea centrale di Rorario è che la deliberazione10 umana, il periodo di esitazione in cui ci troviamo quando esaminiamo le nostre varie opzioni e, alla fine, selezioniamo quella che ci sembra essere la migliore, lungi di essere un vantaggio, rispetto ad altri animali o esseri viventi, sia un segno di una nostra inferiorità. In questa visione, animali e piante non esitano. Tagliano dritto e, nella misura in cui non esaminano opzioni alternative per scegliere tra loro, sono, in un certo senso, incapaci di sbagliare.
Questo non significa che non siano mai sventati, che le gazzelle prendano sempre una via sicura per fuggire dal leone o che le viti striscino sempre nella direzione che darà loro più luce solare. È solo che, quando le gazzelle vengono sbranate, questo non può essere perché hanno fallito nella loro deliberazione, dal momento che non deliberano. Eppure sembra che stiano facendo proprio bene, perseguendo i fini specifici delle loro specie.
E se la ragione fosse, davvero, molto diffusa in natura?
Potenzialmente, non sono solo gli esseri viventi a rientrare nell’ambito di quest’interpretazione alternativa della ragione come il potere di passare direttamente all’azione, anziché il potere di fare la corretta deduzione. Tutto in natura fa ciò che fa, semplicemente e senza deliberazione, in virtù del fatto che tutto in natura è vincolato dagli stessi codici fisici. A grandi linee, la natura continua a funzionare senza intoppi. Non si interrompe quasi mai11.
In questa visione alternativa, la natura stessa può essere interpretata come un “ordine razionale”, sia nel suo insieme che in uno qualsiasi dei suoi sottodomini. La “ragione”, in quanto attuazione dei codici fisici che regolano l’andamento della biosfera, sarebbe ovunque, con la ragione umana, che sarebbe solo un’istanza o una riflessione, all’interno di un minuscolo sottodominio della “ragione universale” che informa il mondo naturale. Le regolarità dei movimenti dei cieli (per parlare la lingua degli antichi) o le leggi che governano le orbite dei pianeti (per parlare come ancora fanno i moderni) non sarebbero lì al posto della ragione. Piuttosto, queste regolarità o leggi sarebbero il riflesso, “là fuori” nel mondo, di ciò che sarebbe “qui dentro” il pensiero umano, dentro le nostre menti, come ci descrive la questione il professore Justin Smith nella sua opera appena pubblicata “Irrationality: A History of the Dark Side of Reason”.
Se tale visione sembra irrimediabilmente prescientifica, si noti che tra le cose che troviamo fuori, nel mondo, non ci sono solo sistemi naturali, come galassie e pozze rocciose di marea12, ma anche sistemi artificiali, come macchine da calcolo e smartphone. E a differenza dell’attribuzione della razionalità agli animali, l’idea che le macchine facciano un uso migliore della “ragione” rispetto agli uomini, per prima di moda nel XVII secolo, è ancora presa molto seriamente.
Già nel decennio 1670-80, G. W. Leibniz espresse la sincera speranza che le macchine prendessero in mano il duro lavoro di calcolo che intraprendiamo quando facciamo matematica. Aveva anche anticipato che un giorno il linguaggio naturale formalizzato, forse elaborato dalle macchine, avrebbe aiutato due parti in conflitto, inclusi diplomatici che rappresentassero stati belligeranti, a determinare quale parte avesse la posizione moralmente più forte13.
Se recentemente siamo rimasti delusi dal nostro eccessivo affidamento agli algoritmi per mantenere l’armonia sociale, siamo, comunque, preparati, per la maggior parte, a vedere i programmi per computer come, in un certo senso, “idealmente razionali”. E a meno che non siamo dei singolaristi stravaganti, non ci preoccupiamo tanto della questione se le macchine che gestiscono questi programmi si stiano avvicinando alla consapevolezza di sé, alla capacità di avere qualia14, o ad uno qualsiasi degli altri soliti indicatori di soggettività. Per la maggior parte di noi, dire che un computer è razionale è, come per Leibniz, semplicemente dire che sta seguendo i percorsi giusti per ragioni che sono predeterminate nel programma che stia girando15.
Ma, ugualmente, le viti seguono percorsi “giusti” quando si muovono verso la luce e, alla fine, i computer, come le piante, sono fatti solo di varie combinazioni di minerali ed elementi chimici. Quindi, quando guardiamo le nostre macchine calcolatrici e rileviamo una manifestazione della ragione, potremmo usare quest’occasione per tornare a quella meno familiare comprensione della ragione, secondo la quale le sue manifestazioni sarebbero ovunque nella natura.
Una risposta ridimensionante: noi umani non abbiamo un’esclusività “naturale” nella biosfera
Rispondendo alla questione della ragione in questo modo, particolarmente ampio, si è in grado di preservare il naturalismo, sul quale insistono filosofia e scienze cognitive, oggi, e, ugualmente, di lasciar fuori l’esclusività umana della ragione. E tanto meglio, poiché la fede nella strana idea che la ragione appaia esattamente una volta nella natura, in una specie particolare e in nessun altro luogo, sembra, se si riflette, essere una vestigia o traccia di soprannaturalismo pre-scientifico.
Infatti, un’intuizione di base della rivoluzione scientifica dell’illuminismo sosteneva che ciò che era naturale non era eccezionale. Quindi, forse è anche il momento di rinunciare all’idea di razionalità come ultima eccezione restante della natura. Infatti, se la ragione esiste senza deliberazione, allora perché dovrebbe essere soltanto umana.
Certamente, le funzionalità adattive degli organismi viventi non sono mediate da deliberazioni valoriali. Ma, l’esitazione decisionale, oppure il semplice pentimento, li si trova lì dove ci sono attribuzioni valoriali culturali da attuare. È quasi una certezza statistica che anche gli umani, dinanzi al pericolo, cerchino di fuggire come le gazzelle fuggono dal leone: senza pensarci. Il merito di questi semplici spunti non è, certamente, quello di propagandare il naturalismo della filosofia e delle scienze cognitive, ma quello di suggerire di indagare l’orpello retorico – metafisico con cui approviamo di avere un’esclusività “naturale” nella biosfera.
- Inferenza – Nel linguaggio filosofico, ogni forma di ragionamento con cui si dimostri il logico conseguire di una verità da un’altra; sinonimo, quindi, di illazione. Regole d’inferenza, in un sistema deduttivo, l’insieme delle regole secondo le quali le proposizioni possono essere dedotte dai postulati.
- L’eco-localizzazione, chiamata anche biosonar, è un sonar biologico usato da alcuni mammiferi quali pipistrelli, delfini ed altri Odontoceti. Anche alcuni uccelli che vivono nelle grotte utilizzano questo sistema.
- I Soricidi (Soricidae) sono una famiglia di mammiferi eulipotifli comunemente noti come toporagni.
- Le focene sono piccoli cetacei Odontoceti della famiglia Phocoenidae. Sono diverse dai delfini, sebbene la parola “focena” sia stata usata per riferirsi ad ogni piccolo delfino, specialmente dai marinai e dai pescatori. La differenza più notevole tra questi due gruppi è che le focene hanno denti appiattiti a forma di spatola, diversi dai denti conici dei delfini.
- I cianobatteri chiamati un tempo, ora impropriamente, anche alghe azzurre, alghe verdi-azzurre o cianoficee, sono un phylum di batteri fotosintetici. Sono organismi unicellulari procarioti, fotoautotrofi, e costituiscono uno dei 23 phyla del regno dei Bacteria
- Per hapax (legomenon) (lett. «detto una sola volta») s’intende generalmente una parola che occorre una sola volta nell’intero corpus scritto di una lingua, nel lavoro di un singolo autore o – più estensivamente, ma forse più impropriamente – in una singola opera letteraria
- Justin E H Smith. Irrationality: A History of the Dark Side of Reason. Princeton University Press. 2019 (trad. italiana: Irrazionalità. Storia del lato oscuro della ragione. Ed. Ponte alle Grazie. 2020)
- Gerolamo Rorario, o Rorajo, in latino: Hieronymus Rorarius, è stato un umanista, scrittore, diplomatico e nunzio apostolico italiano, autore di Dialoghi ispirati alla tradizione letteraria di Luciano di Samosata.
- Justin E H Smith. If reason exists without deliberation, it cannot be uniquely human. Aeon, 15 May 2019
- Deliberazione 1. a. L’atto, il fatto di deliberare: prendere una deliberazione. b. La cosa stessa deliberata, il provvedimento adottato deliberando. 2. a. La ponderazione o la discussione che precede o dovrebbe precedere la decisione. b. In psicologia, il momento del processo volitivo, in cui la volontà considera e soppesa e subisce i varî «moventi», prima di giungere alla decisione o determinazione.
- Justin E H Smith. Irrationality: A History of the Dark Side of Reason. Princeton University Press. 2019
- Le pozze di marea sono pozze rocciose sulle rive del mare piene d’acqua. Molte di queste pozze esistono singolarmente solo durante la bassa marea. Costituiscono l’habitat di forme di vita particolarmente adattabili che attirano l’attenzione di naturalisti e biologi marini.
- Justin E H Smith. If reason exists without deliberation, it cannot be uniquely human. Aeon, 15 May 2019
- Qualia Insieme delle caratteristiche sensoriali soggettive, dettagli qualitativi inesprimibili dalla percezione individuale.
- Justin E H Smith. Irrationality: A History of the Dark Side of Reason. Princeton University Press. 2019