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6 Dicembre, 2025

Il futuro inizia con l’immaginazione

La ”realtà sociale” dovrebbe essere una questione della più rosea fantasia

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BIO – Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità – Educational Papers • Anno VI • Numero 24 • Dicembre 2017

Scritto in collaborazione con Eugenia D’Alterio – biologa

Immaginare un futuro con meno afflizioni

Wallace Stevens aveva un’immensa intuizione circa il modo in cui scriviamo il mondo. Mondo che non solo leggiamo, ma vediamo e visitiamo. Nel Canto VI di “An Ordinary Evening in New Haven” [“Una serata ordinaria a New Haven”], Wallace parla del dialogo fiabesco tra colui che chiama Naked Alpha [Alpha nudo] e colui chechiama Hierophant Omega [l’Ierofante Omega], cioè tra chi è all’inizio della materia cruda della realtà e quello che ne fa di essa. Egli “canta”: “reality is an activity of the most august imagination1 [La realtà è una delle più nobili attività dell’immaginazione].

Infatti, il nostro compito, come umani senzienti, è quello di immaginare un futuro migliore, che ci rechi meno sofferenze, perché se possiamo immaginarlo, forse, possiamo crearlo. Tim O’Reilly, nel suo libro,appena uscito, WTF: What’s the Future and Why It’s Up to Us,2 afferma che “Il futuro inizia con l’immaginazione”. Il futuro che possiamo immaginare non dovrebbe essere, necessariamente, una visione distopica (visione altamente indesiderabile di una società) di robot che ci spazzano via, di cambiamenti climatici che distruggono le nostre società (in primis come vittime perite o danneggiate, e come ambiente materiale, faunistico e floristico). È attraverso una visione articolata e complessa di come affrontare le sfide dei prossimi tempi storici e cosmici che forse potremmo costruire una civiltà e un mondo con meno afflizioni per noi e i nostri figli, nipoti e pronipoti. Una visione che ci proietti come una specie animale di lunga durata piuttosto che estinguersi come un fuoco di paglia.

Siamo in un momento critico della storia umana. Nell’immediato, viviamo un momento critico della nostra economia che dobbiamo contribuire a far funzionare meglio per il bene di tutti, non di pochi selezionati. Dobbiamo proiettarci con una visione a lungo termine per migliorare il modo in cui affrontiamo e affronteremo sfide e problemi.

 

Chi sarà garante delle nostre prospettive lavorative e come?

La questione che interessa, far capire e far conoscere, è il rapporto tra tecnologia ed economia. Oggi, c’è una narrativa circa l’Intelligenza Artificiale [IA] che racconta che essa elimina posti di lavoro umani ma, Tim O’Reilly, basandosi sulla documentazione storica, screditava tale interpretazione perché limitata.3 La storia, tuttavia, ci insegna che la tecnologia ha, decisamente, incrementiamo la produttività. Le domande fondamentali che affrontiamo, oggi, non sono solo su come la tecnologia, inevitabilmente, metterà le persone fuori dal lavoro ma, anche, come distribuire i frutti di quella produttività e cosa dobbiamo fare noi umani, come organizzazioni sociali, per ottenere un risultato rispettoso delle nostre prerogative in campo lavorativo e oltre. In breve, chi sarà garante delle nostre prospettive lavorative e come?

Secondo il racconto convenzionale, l’evoluzione tecnologica ci imporrebbe, “naturalmente”, un determinismo tecnologico. L’evoluzione tecnologica e il futuro stesso, però, sono modellati dalle scelte che noi umani, come popolazioni organizzate in società, facciamo. Se si guarda alla storia di come abbiamo affrontato le rivoluzioni tecnologiche passate, c’è stata una coscienza sociale che è sorta dove abbiamo deciso di cambiare il modo in cui la nostra società opera.

L’intenzione di studiosi impegnati, come Tim O’Reilly, è quella di comprendere come cambiare le regole del gioco e far capire alle genti che devono pensare diversamente circa il futuro. Infatti, pensando senza pregiudizi risulta abbastanza chiaro che c’è molto lavoro da fare per risolvere gli enormi problemi dell’umanità e la tecnologia può, paradossalmente, aiutarci. Perché non mettere la tecnologia di oggi a lavorare, essenzialmente, su questi problemi, e non ritenerla esclusivamente un mezzo per una produzione più celere e precisa rispetto al lavoro, di tanta umanità, sempre meno trovato e più facilmente perduto? In particolare, si dovrebbe pensare alla guida che potrebbero offrire gli studiosi ai responsabili politici di Washington, di Bruxelles o Pechino, per intenderci: “Ecco cosa dovremmo fare, ecco il vero percorso che la tecnologia ci insegna, ecco le scelte che dovremmo costituire per la nostra società, questo è il tipo di leadership che dovremmo esercitare”.

Tim O’Reilly ha trascorso la sua vita a impegnarsi con le piattaforme dei computer. Ha iniziato la sua carriera nell’era dominata da Microsoft che stava smantellando i legami del monopolio IBM. Diventò fortemente associato al movimento software open-source del primo Internet commerciale. Stava osservando questo conflitto di visioni del mondo in una corporation che iniziava a creare un grande valore nel settore dell’informatica e che, poi, iniziò a catturare quel valore per se stessa.

Tim O’Reilly ricorda una conversazione che ebbe con Walt Mossberg4 che gli raccontava una conversazione avuta con Steve Ballmer5, al tempo, CEO di Microsoft. O’Reilly riporta che Mossberg avrebbe detto a Ballmer: “Steve, se voifoste stati del 5% meno avi- di, piacereste al mondo umano più del 100%”. Ora, O’Reilly sta osservando che la dinamica umana gioca di nuovo con Google che, nonostante la filosofia “Don’t be evil”6 [non essere malvagio], sta diventando il focus delle indagini antitrust.7

 

Modello di avidità delle piattaforme: ottimizzare il valore delle azioni

Questo modello di avidità delle piattaforme, che iniziano con uno scoppio di ottimismo per la creazione di valore collettivo (pubblico) e che , poi, gradualmente si allontanano dallo spirito di partenza, è qualcosa che vediamo spesso e dovremmo cercare di capire perché accade. Come costruire società o corporazioni di lunga durata che creino un equilibrio tra il business (o la piattaforma) e il suo ecosistema? Microsoft perse leadership perché aveva tolto le opportunità per i loro sviluppatori di ecosistemi, quindi, questi sviluppatori sono andati su Internet e Google, dove lo stesso modello di avidità si è riprodotto.

Lo stesso schema, visto con le piattaforme tecnologiche, si stia riproducendo, oggi, nella nostra economia più ampia, dove i mercati finanziari, in particolare, si sono trasformati in un monopolio estrattivo piuttosto che rimanere un sistema di supporto per la nostra economia. Qual cosa come l’85% di tutti gli investimenti nelle corporation oggi va ai dividendi e ai riacquisti delle proprie azioni [share buybacks].8 Molto poco va all’investimento effettivo nelle persone, nella costruzione di cose e nella ricerca e sviluppo. Tutto sta girando attorno alla capacità di vincere nelle finanze usando metodi al limiti della legalità.

Guardando al modello [pattern] di sistemi algoritmici, quali Google e Facebook, T. O’Reilly ha iniziato a studiare come tale pattern si applica ai mercati finanziari. Un sistema come Google ha centinaia di fattori che vengono presi in considerazione ma, tutti, hanno una funzione come obiettivo principale, una “funzione fitness”,9 che rappresenta la pertinenza nei risultati della ricerca e negli annunci pubblicitari.

La funzione di fitness di Facebook, la sua funzione oggettiva, è quella di produrre contenuti coinvolgenti. Abbiamo visto come questo è andato deformato con le false notizie recenti [fake news]. Mark Zuckerberg e il suo team di Facebook stanno cercando di far fronte a questa eventualità. Infatti, stanno lottando con il fatto che loro avevano questa idea su come costruire un prodotto coinvolgente, ma esso è stato sovvertito. Quando si guarda al nostro sistema economico, in cui cresce la disuguaglianza, ci si chiede: è, anche, qualcosa inerente un sistema che è dominato da un algoritmo?10 Cosa si cerca di ottimizzare?

Oggi, cominciamo a renderci conto che trenta o quaranta anni fa è stato il periodo in cui per le corporation c’era solo una cosa da ottimizzare: il valore delle azioni. Questa è la situazione negli anni ‘70 in cui si palesava la grande divergenza tra la maggiore produttività generata dalla tecnologia e l’effettivo beneficio per l’economia sociale, la crescita della disuguaglianza economica, e come le ultime generazioni iniziassero a perdere ciò che erano state le conquiste lavorative dei loro genitori.11 Si è iniziato a pensare che, in qualche modo, i mercati finanziari siano quel trucco o make-up generato dalle Intelligenze Artificiali.

Nick Bostrom12 e Elon Musk13 – e tanti altri – conducono esperimenti concettuali con delle Intelligenze Artificiali che seguono le loro funzioni oggettive.

Musk ha condotto uno di questi esperimenti concettuali utilizzando l’intelligenza artificiale di un robot, che raccoglie fragole, capace di riconoscere quando ci sono delle persone lungo il suo percorso di raccolta. Questi utilizzi, però, non sono realistici circa l’impiego dell’Intelligenza Artificiale ai margini della legalità. Ciò che è realistico è un mondo in cui si ha un sistema finanziario sempre più algoritmico che ottimizza il profitto corporativo perché esso guida il prezzo delle azioni. Non importa quello che, poi, accade a gli altri. Non importa quello che accade alla società umana. Oggi, viviamo in questa situazione guidata dagli algoritmi delle Intelligenze Artificiali.14

Cosa facciamo in proposito? Come facciamo a correggere la funzione oggettiva di un’economia sempre più automatizzata, di un’economia dominata da sistemi che non possono, tecnicamente, prendere in considerazione noi umani con la nostra dimensione senziente. Viviamo in un mondo dominato da un sistema che ignora il valore umano.

Guardiamo al caso delle fake news su Facebook, ad esempio, che è qualcosa con cui ci stiamo confrontando, oggi. La stessa Facebook dichiara di voler capire se la sua piattaforma rafforza veri legami sociali o legami fittizi. C’è della ricerca in corso per capirlo. In ogni modo, già molti anni fa, Andrew Singer aveva posto la questione in questi termini: “L’arte di eseguire il debug15 [disinfestazione] di un programma per computer è quello di capire cosa si è, effettivamente, detto al computer, invece di quello che pensi che tu abbia detto”. Adesso, Facebook è impegnata in questa lotta, così come Google.

Dobbiamo fare la stessa cosa nella nostra società. Avevamo una teoria che sosteneva che se si ottimizzava il valore degli azionisti e il profitto delle corporazioni e se si allineavano l’interesse degli azionisti e gli interessi del management, le corporazioni avrebbero prosperato e l’economia ugualmente. Oggi, a distanza di trenta o quarant’anni, stiamo rendendocene conto che non funziona così. Allora con cosa noi lo sostituiamo?

 

Chi di noi decide di trattare le persone come un costo da eliminare?

Ma chi “noi”. Infatti, dovremmo chiederci a chi sia riferito questo “noi”. Ci sono un paio di idee chiave da esplorare ma, probabilmente, esse non portano alla risposta. La prima, e forse quella più importante, è il collettivo noi” di quello che crediamo tutti noi. In definitiva, ciò che i politici fanno e quello che facciamo noi, come società, è il risultato di ciò che noi tutti pensiamo sul modo in cui il mondo è e su ciò che è giusto o sbagliato.

Se si pensa al Medioevo, all’epoca tutti credevano nel diritto divino del re. Adesso, tutti credono nel diritto divino o naturale del capitale. Oggi, si accetta che i proprietari delle imprese e i proprietari di capitali estraggano benefici il più possibile per se stessi lasciando, spesso, la società nel crollo, e trattando le persone come un costo da eliminare. È questo il paradigma che noi accettiamo oggi. Quando si dice “noi”, vogliamo dire che tutti noi lo accettiamo. Pensiamo, semplicemente, che così funziona il mondo, ignorando questioni, da mettere in campo, contrarie a ciò.

Ci sono imprese isolate che giocano con regole completamente diverse. Un coop (cooperativa) come la REI16 è un buon esempio. REI supera in prestazioni tutti i concorrenti del mercato pubblico in misura di attività tradizionali “reali” del mercato: la crescita delle vendite dei loro negozi è maggiore, le loro entrate per negozio sono più elevate e pagano di più i propri dipendenti. Non sono molto redditizie a livello di capitali e non dispongono di un titolo su cui i mercati finanziari possono scommettere. Svaniscono dal mondo perché restituiscono tutti i loro profitti ai loro clienti sotto forma di dividendi. Il Green Bay Packers, una squadra di football americana, è di proprietà dei tifosi. I tifosi utilizzano la loro proprietà per mantenere bassi i prezzi dei biglietti stagionali. Non sono di meno successo di altre aziende ma, in realtà, pur essendo più efficaci, di solito, svaniscono dalla grande narrativa.

Jeff Bezos17, una volta, raccontò una storia in una conferenza che, apparentemente, attribuiva a Danny Hillis. Hillis avrebbe detto che l’intelligenza collettiva è quella cosa che ha deciso che color arancio significhi caffè decaffeinato.18 Durante la Seconda Guerra Mondiale, Sanka19, uno dei primi brand al mondo di caffè decaffeinato istantaneo, lo forniva con tazze arancioni ai commensali. Così, il colore arancione è diventato simbolo del caffè decaffeinato.20

In definitiva, si potrebbe asserire che l’intelligenza collettiva sia un insieme di memi. Naturalmente,molti pensano che un meme sia un’immagine o un testo su Internet, ma sappiamo dalla definizione originale di Richard Dawkins21 che un meme è, semplicemente, un’idea che si diffonde allo stesso modo in cui un genesi riproduce. Il nostro mondo umano è organizzato attraverso idee che si diffondono. La diffusione di nuove idee, circa il modo in cui il mondo potrebbe essere diverso, è un lavoro ciclopico per tutti noi. Abbiamo un senso di inevitabilità, ma abbiamo, anche, il senso che il modo in cui il mondo ci appare sia vero, che la storia che ci raccontiamo circa il mondo sia vera.

Le generazioni modellate dalla poetica di Wallace Stevens, parlano, circa la realtà come della ricerca di una finzione suprema. Cosa credere collettivamente? Stiamo, forse, cercando di creare una visione estetica reciproca circa il modo in cui il mondo dovrebbe funzionare?

Naturalmente, questo è anche oggetto del libro di Yuval Noah Harari, Sapiens.22 Egli fa scorrere la storia dell’umanità come l’evoluzione delle credenze collettive che ci permettono di agire, ora, in certi modi inusuali prima, sottolineando che la religione e la politica sono state modalità per ottenere gruppi di persone più numerosi per agire in concertazione. Il denaro è una finzione per costruire un’economia. Yuval Noah Harari parla dell’invenzione del futuro come un qualcosa in cui potremmo investire le nostre dinamiche creative. Allo stesso modo, dobbiamo guardare alle credenze che abbiamo che limitano ciò che possiamo fare come società.

Questo è il primo “noi” di cui stiamo parlando.

C’è, poi, un significato molto più ristretto di noi”, che è l’insieme di politici e attori intellettuali, di vario genere, che danno forma a quella coscienza collettiva. Diversamente è quanto la coscienza collettiva sia formata da Google e Facebook. Lo vediamo con il giro di false notizie (FAKE NEWS) in cui viviamo, dove questi sistemi rafforzano e portano avanti, amplificate, le credenze che ci rendono una collettività. Loro alimentano la bestia che poi uccidono e mangiano.

Evoluzione delle credenze collettive che ci consentono di agire

In un certo modo, siamo tornati ad un periodo in cui pensavamo che niente si potesse fare attraverso il processo politico. Nel suo libro Fear Itself, Ira Katznelson23 descrive quell’America degli anni 30 in cui si credeva che l’America avesse bisogno di un Mussolini, di un leader forte che mettesse tutta la politica in riga, perché le democrazie liberali non erano in grado di mettere tutte le parti insieme per un’azione comune. Certamente, se non si vuole ripetere il passato, ci vorrebbe una leadership politica ispirata che abbia la determinazione di partecipare ad un processo di consapevolezza della nostra condizione di specie e di mettere fine ad una bio-politica di manipolazione delle popolazioni. Ci vorrebbe una leadership politica che ci coinvolga nello sviluppo di una visione secolare della vita e delle società.

La storia è piena di persone che hanno incredibili abilità persuasive. Si pensi, ad esempio, a Napoleone fuggire dall’Elba e tornare in Francia, nonostante sia stato sconfitto. Tutta la Francia sorge di nuovo. Questo leader ha avuto un’incredibile capacità di indurre alla fede nelle sue azioni. Ovviamente, anche nella politica d’oggi se ne vedono esempi. Trump è riuscito a far emergere le convinzioni di un gruppo inedito di persone. Allo stesso tempo, ma sperando in un modo positivo, abbiamo bisogno di leader capaci di convocarci ad una visione di un mondo più giusto e più equo, con cui affrontare i grandi problemi che oggi ci affliggono.

Guardiamo a qualcosa come il cambiamento climatico. Sì, è bello vedere che qualcuno come Elon Musk sta cercando di spostare la palla in avanti per mostrare che si può fare business di successo con le automobili elettriche, l’energia solare e, per questo, che si può andare nello spazio. Egli è un produttore di sogni per le persone. Ripristina le aspettative di ciò che è possibile. Ma abbiamo bisogno di questo anche nel regno politico. Una cosa che sembra interessante nell’avvento di Donald Trump è che ha rotto molti vecchi paradigmi, molte delle vecchie idee che devono andarsene in blocco. Ma possiamo inventare una nuova mappa del mondo che abbia più senso? Che reinventi ciò che è possibile?

La cosa che preoccupa molto e a cui si pensa, nel contesto di una visione classicista della storia, è guardare alla caduta di Roma antica. In effetti, noi perdiamo la capacità di messa a fuoco e la volontà, ma diventiamo reattivi nel momento in cui la vera crisi arriva, quando, oramai, non abbiamo la capacità di rimediare. Questa è una questione che preoccupa alcuni studiosi.

Se pensiamo al cambiamento climatico, ci rendiamo conto che avremmo dovuto agire prima. Il problema peggiora e stiamo perdendo la nostra capacità di reagire perché tanta della nostra capacità produttiva sta andando ad affrontare le emergenze della crisi sociale. Guardiamo, ad esempio, cosa è successo a Houston e in Florida. Si doveva agire molto in anticipo sulle previsioni climatiche estreme.

Certamente, il cambiamento climatico globale è un’ipotesi e sarebbe sospetta una lettura che lo postuli come imminente. In ogni modo, non c’è certezza assoluta che stia succedendo abbastanza velocemente e se possiamo evitare il disastro. Ciò che sappiamo è che i nostri sistemi attuali non corrispondono alle sfide climatiche.

Molto prima di essere preoccupato per la super-intelligenza, Nick Bostrom24 ha discusso sul paradosso di Fermi25 concludendo che ogni volta che c’è una nuova scoperta di esopianeti26 egli è felice perché significa che c’è una maggiore probabilità che esista vita altrove nell’universo ma se fosse così diventa molto più spaventosa l’idea che suggerisce che le civiltà non durano.

Se si seguono le argomentazioni di Nick Bostrom sul paradosso di Fermi, pensando al contesto del cambiamento climatico, ciò ci porta a domandarci se una delle possibilità sia che, consumati i combustibili fossili a buon mercato, la nostra civiltà tecnologica precipiti. Ma potrebbe accadere che noi, umani, non saremmo, necessariamente e completamente, eliminati, sebbene questa fonte di energia, oggi, ancora disponibile, a basso costo, potrebbe non essere presente nel nostro ipotetico ritorno a ricostruire la civiltà tecnologica. Ciò comporterebbe che al massimo potremmo tornare, forse, al livello dell’epoca vittoriana perché è ciò quel che si potrebbe fare con le fonti di energia rimaste. Questa sarebbe una possibile risposta al paradosso di Fermi.

Si può, anche, pensare che potrebbe esserci una forte reazione umana e che la nostra civiltà riuscirebbe ad affrontare le correzioni necessarie nei sistemi in cui è incastrato il mondo della vita. Quest’ipotesi, però, non dovrebbe impedirci di ricordare che una delle grandi fallacie con cui viviamo è che il mondo è, in qualche modo, anche sotto il nostro controllo. La lezione della storia è che accadono cose inaspettate. Nelle nostre società accadono eventi umani inaspettati (guerre, carestie, odi razziali, etc.) e, anche, disastri naturali. Ma sono davvero inaspettate o sono frutto della nostra incompetenza – assenza? Ci sono tante possibilità che potrebbero sconvolgere completamente il nostro mondo, a volte in maniera terribile ma, anche, possibilità di modificarlo in modo migliore, ad esempio, il sistema feudale, all’epoca, colpito dalla peste nera che decimò la popolazione, rese possibile che i lavoratori rimasti in vita acquisissero potere di negoziazione circa le retribuzioni e condizioni sociali. Sicuramente, ci potranno essere cose impreviste nel nostro futuro ma ciò non significa che sul futuro non possiamo scommettere in modo affidabile.

Se si pensa alle intuizioni che emergono quando si è impegnati nella previsione e pianificazione degli scenari futuri, ci si rende conto della necessità di avere una strategia robusta, cioè qualcosa che sia utile in una vasta gamma di scenari futuri possibili. Uno di questi è quello di un conflitto globale o, anche, di un disastro naturale di proporzioni catastrofiche. Altro futuro possibile e auspicabile potrebbe essere la costruzione di una società più egalitaria con un sistema economico molto diverso di quanto non sia mai stato. Tutti scenari possibili.

Allora cosa fare? Partendo dalla conoscenza disponibile circa il comportamento umano, sarebbe necessario articolare una narrazione attuale della condizione umana che secolarizzi e decostruisca le narrative religiose e metafisiche con cui si sono articolate le diverse modalità di bio-politica che fino ad oggi hanno gestito le bio-masse delle popolazioni umane, in termini di idee circa il corpo, la vita e il senso dell’esistenza. Bisogna rivedere la mappa delle popolazioni umane alla luce della conoscenza che la visione evoluzionistica ci consegna.

Infatti, sarebbe necessario ridefinire la domanda su cosa dobbiamo fare in termini di ciò che le piattaforme informatiche, con le loro ascese e ricadute, ci raccontano circa le società e le economie. Riguardo la strategia per raggiungere un futuro compassionevole in termini secolari, Ryan Avent, nel suo libro The Wealth of Humans,27 conclude che la generosità è l’unica robusta strategia.

La generosità è l’unica robusta strategia

Il sociologo Robert Putnam, delucidando il futuro dell’economia, nel suo libro Bowling Alone,28 postula che “Ogni grande sviluppo nella nostra società è arrivato quando abbiamo fatto investimenti nei bambini delle comunità”. Egli si riferisce all’istruzione primaria, media, superiore e universitaria gratuita, così come all’istruzione vocazionale e tecnica. Questi investimenti nel futuro, che non sono auto-riferiti, sono stati, in realtà, una enorme fonte di avanzamento per le nostre società. Dobbiamo capire quali sono i giusti investimenti nel futuro per il proseguo del XXI secolo e oltre.

Adesso, il problema della nostra politica è che essa è, in sostanza, retrospettiva. Abbiamo dei leader politici che ci raccontano la storia di come i vecchi tempi erano i bei tempi e ci propongono solo di ritornare agli ideali conservatori di una volta.

Rinnovare”, motto confuciano che divenne l’insegna di Ezra Pound (Make it new) e dei poeti modernisti non è solo effettivo nella letteratura e nell’arte ma, anche, nella nostra coscienza sociale, nella nostra politica. Dobbiamo guardare al mondo come è e alle sfide che ci competono, e buttare via le vecchie politiche. Ci occorre rinnovare con idee fresche e approcci nuovi.

Una delle altre cose che possiamo imparare dalle piattaforme tecnologiche e che dobbiamo mettere in pratica, su larga scala nella nostra economia e nel nostro pensiero sociale, è il processo decisionale informato sui dati [data-informed decision-making]. Google, Facebook o Amazon eseguono milioni di esperimenti in cui provano nuove combinazioni di dati, nuove combinazioni di software, nuove combinazioni di interfaccia con l’utente. Misurano ciò che succede e poi adeguano le loro strategie di “digital marketing”.

Quello che si osserva nella nostra vita politica è che se qualcuno viene fuori con un’idea, poi, essa viene codificata in sistemi incredibilmente autoreferenziali e opportunistici, sistemi basati su relazioni o rapporti che vengono aggiornati, solitamente, ogni venti o trenta anni, o, semplicemente, accumulando emendamenti. L’opinione pubblica, guidata dai mass media autoreferenziali, ha scarsa possibilità di replica effettiva per cui non riesce ad incidere più di tanto nel funzionamento del sistema, con la conseguenza che leggi inutili non vanno eliminate ma, solo, leggermente, modificate e che continuano a gestirci, a governarci nei modi soliti. Questa paralisi rimanda alla necessità di un aggiornamento della nostra politica. Infatti, sembra plausibile che il vecchio blocco dei partiti non è più sufficiente per i problemi che, oggi, affrontiamo.

Wallace Stevens aveva, infatti, un’immensa intuizione circa il modo in cui scriviamo il mondo. Noi non solo lo leggiamo, non solo lo vediamo, non solo lo visitiamo, ma la realtà stessa è la costruzione della nostra immaginazione [“reality is an activity of the most august imagination”].29

Il nostro compito è quello di immaginare un futuro migliore, perché se possiamo immaginarlo possiamo crearlo. Tim O’Reilly, nel suo libro appena uscito, WTF: What’s the Future and Why It’s Up to Us,30 afferma che “Il futuro inizia con l’immaginazione”. Il futuro che possiamo immaginare non dovrebbe essere, necessariamente, una visione distopica di robot che ci spazzano via, di cambiamenti climatici che distruggono la nostra società. È attraverso una visione articolata e complessa di come affrontare le sfide dei prossimi tempi storici e cosmici che potremmo costruire una civiltà e un mondo di meno afflizioni per i nostri figli, nipoti e pronipoti. Essa dovrebbe essere una visione che ci proietti come una specie di lunga durata piuttosto che come un fuoco di paglia che si spegne per la sua mancanza di previsione.

Siamo in un momento critico nella storia umana. L’economia tecnologizzata, privatizzata in poche mani, deve funzionare meglio per tutti, non solo per pochi selezionati. Ma, dobbiamo, anche, migliorare il modo in cui affrontiamo sfide e problemi a lungo termine. Non possiamo solo aspettarci che il mercato avrà soluzioni magiche. Dobbiamo affrontare le sfide attraverso una nuova leadership politica e intellettuale e, necessariamente, culturale. Dobbiamo vivere ed essere partecipi, noi stessi, ad una rivoluzione morale, che porti a credere cose diverse su ciò che dovrebbe essere il nostro futuro e a cosa sarebbe senza il nostro intervento ancora in grado di modificarlo e ricostruirlo.

  1. Wallace Stevens. Late Poems, Collected Poetry and Prose. The Library of America, 1997.
  2. Tim O’Reilly. WTF: What’s the Future and Why It’s Up to Us. Harper Business, October, 2017 [WTF – nel gergo di Internet, acronimo per What the fuck?! (traduzione dall’inglese: Ma che cazzo?!)]
  3. Tim O’Reilly. op. cit.
  4. Ampiamente accreditato come il pioniere della revisione e commento moderno della tecnologia focalizzata sul consumatore.
  5. Imprenditore informatico e amministratore delegato di Microsoft dal 27 giugno 2008 fino al 4 febbraio 2014.
  6. È il motto aziendale di Google. Venne coniato per la prima volta da un ingegnere, durante una riunione, e sta a significare l’intento della stessa azienda di non usare i dati per scopi malevoli, e comunque mantenere un codice di condotta leale e “dalla parte dei buoni”, ovvero da quella degli utenti.
  7. Reality is an Activity of the Most August Imagination. A Conversation With Tim O’Reilly Edge Bio page [10.2.17]
  8. Lo share buyback è il riacquisto da parte della società che le ha emesse delle proprie azioni, con lo scopo di ridurre il numero di titoli sul mercato. Il buyback può quindi essere visto come la decisione della società di ridurre il flottante sul mercato: dal momento che una compagnia non può essere “azionista di se stessa”, i titoli riacquistati vengono assorbiti, cancellandoli. È evidente che quando questo avviene il valore delle azioni circolanti si incrementa, poiché essendocene meno sul mercato, ogni titolo dà il diritto al possesso di un pezzetto più grande dell’azienda e con esso il diritto ad una fetta maggiore di profitto.
  9. La funzione di fitness è una funzione in grado di associare un valore a ogni soluzione. È utilizzata negli algoritmi genetici per attribuire un valore di fitness a ogni individuo della popolazione. La funzione di fitness misura il livello di adeguatezza degli individui. Sulla base del valore di fitness è possibile calcolare la probabilità di riproduzione del singolo individuo. Gli individui con valore di fitness più alto hanno una maggiore probabilità di essere selezionati casualmente e di partecipare alla formazione della popolazione della generazione successiva. In tal modo, l’algoritmo genetico riesce a selezionare in modo casuale gli individui più forti ( elevato valore di fitness ) e scartare quelli più deboli ( basso valore di fitness ). L’evoluzione generazionale consente all’algoritmo di convergere verso l’ottimizzazione della popolazione.
  10. John MacCormick. Nine Algorithms That Changed the Future: The Ingenious Ideas That Drive Today’s Computers Princeton University, 2012.
  11. Chetty, R., Friedman, J.N., Hilger, N., Saez, E., Schanzenbach, D.W., & Yagan D. How does your kindergarten classroom affect your earnings? Evidence from Project STAR. Quarterly Journal of Economics. 126(4):1593-660. 2011.
  12. Nick Bostrom filosofo svedese, noto per la sua riflessioni sul cosiddetto rischio esistenziale e sul principio antropico. È direttore del Future of Humanity Institute presso l’Oxford University. Oltre a studi e scritti, tanto divulgativi quanto accademici, Bostrom, ha fatto frequenti apparizioni su diversi media occupandosi soprattutto di tematiche pertinenti al transumanesimo e ad argomenti ad esso collegati, quali la clonazione, l’intelligenza artificiale, la superintelligenza, la possibilità di trasferimento della coscienza su supporti tecnologici, le nanotecnologie e le tesi sulla realtà simulata. È noto per essere sostenitore di una tesi secondo la quale le probabilità che la specie umana viva all’interno di una realtà simulata sarebbero rilevanti dal punto di vista probabilistico. Bostrom è favorevole al cosiddetto potenziamento umano e all’automiglioramento della specie umana attraverso un uso etico del sapere e delle tecnologie scientifiche ed è critico nei confronti del punto di vista bio-conservatore. Nel 1998, assieme a David Pearce, fonda la World Transhumanist Association (successivamente ridenominata Humanity+). Nel 2004 fonda con James Hughes l’Institute for Ethics and Emerging Technologies . Nel 2009 gli viene consegnato l’Eugene R. Gannon Award, per il “costante impegno dimostrato nella promozione della ricerca finalizzata al progresso e all’avanzamento della specie umana” e nello stesso anno viene incluso dalla rivista statunitense Foreign Policy’s nella lista dei pensatori mondiali di maggior peso per il “radicale rifiuto di porre limiti al potenziale dello sviluppo umano”. Bostrom ha affrontato il problema filosofico della possibilità di sopravvivenza dell’umanità a lungo termine. Ha definito con l’espressione “rischio esistenziale” la situazione nella quale un evento, o una serie di eventi di qualsiasi natura, possano annientare del tutto, oppure limitare in modo drastico, le potenzialità della vita intelligente sul pianeta Terra. Nel 2008, nel volume “Global Catastrophic Risks”, curato insieme a Milan Čirković, è stata fornita una tassonomia dettagliata del concetto di rischio esistenziale di specie.
  13. Elon Reeve Musk conosciuto soprattutto per aver creato la Space Exploration Technologies Corporation (SpaceX), di cui è amministratore delegato e CTO, e la Tesla Motors, di cui è presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato. Inoltre è presidente di SolarCity e ha cofondato PayPal e OpenAI. Ha inoltre proposto un sistema di trasporto super veloce conosciuto come Hyperloop. Nel dicembre 2016 ha fondato un’azienda chiamata The Boring Company. Con le sue compagnie, Musk ha costruito la prima vettura sportiva elettrica dell’era moderna, la Tesla Roadster, un successore privato dello Space Shuttle (costituito dalla capsula orbitale Dragon trasportata dal razzo vettore Falcon 9 e il primo razzo riutilizzabile (costituito dal Falcon 9).
  14. John MacCormick. Nine Algorithms That Changed the Future: The Ingenious Ideas That Drive Today’s Computers Princeton University, 2012.
  15. Debugging (o semplicemente debug o disinfestazione), in informatica, indica l’attività che consiste nell’individuazione e correzione da parte del programmatore di uno o più errori (bug) rilevati nel software, direttamente in fase di programmazione oppure a seguito della fase di testing o dell’utilizzo finale del programma stesso. L’attività di debug è una delle operazioni più importanti e difficili per la messa a punto di un programma, spesso estremamente complicata per la complessità dei software oggi in uso e delicata per il pericolo di introdurre nuovi errori o comportamenti difformi da quelli desiderati nel tentativo di correggere quelli per cui si è svolta l’attività di debug.
  16. Recreational Equipment, Inc., comunemente noto come REI, è una società americana di servizi per il tempo libero. È organizzata come cooperativa dei consumatori. REI vende articoli sportivi, attrezzature da campeggio, attrezzature da viaggio e abbigliamento. Offre anche servizi come vacanze all’aperto e corsi. REI gestisce 154 negozi di vendita in 36 stati. Riceve anche ordini tramite cataloghi e Internet. Le entrate annuali di REI per il 2015 sono state di 2,4 miliardi di dollari.
  17. Fondatore, Presidente e AD di Amazon.com, la più grande società di commercio elettronico al mondo
  18. Daniel Hillis. The Pattern On The Stone: The Simple Ideas That Make Computers Work. Basic Books. New York, 1998.
  19. Sanka è un brand di caffè decaffeinato istantaneo venduto in tutto il mondo. È stato una delle prime varietà di questo tipo di caffè e il suo packaging ancora conserva una tonalità d’arancione.
  20. Reality is an Activity of the Most August Imagination. A Conversation With Tim O’Reilly Edge Bio page [10.2.17]
  21. Meme: minima unità culturale come, ad esempio, una moda, una frase fatta, uno stereotipo, un modo di dire, una battuta di spirito, che si propaga tra le persone attraverso la copia o l’imitazione mediante citazione, disseminazione, condivisione e citazione. In termini più specifici, un meme sarebbe “un’unità auto-propagantesi” di evoluzione culturale, analoga a ciò che il gene è per la genetica, quindi, un elemento di una cultura o civiltà trasmesso da mezzi non genetici, soprattutto per imitazione. La memetica è la scienza che si occupa dello studio dei memi. Il concetto ha origine, nell’ambito di una visione biologico-evoluzionistica umana, all’interno del libro di Richard Dawkins Il gene egoista del 1976, tuttavia un concetto simile era già stato formulato da William S. Burroughs nel 1962.
  22. Yuval Noah Harari. Sapiens. Da animali a dèi. Breve storia dell’umanità. Bompiani, 2017.
  23. Ira Katznelson. Fear Itself: The New Deal and the Origins of Our Time. When Affirmative Action Was White: An Untold History of Racial Inequality in Twentieth-Century America. Norton, New York, 2006.
  24. Nick Bostrom on the Fermi Paradox. https://www.youtube.com/watch?v=2GnkAcdRgcI.
  25. Il paradosso di Fermi sorge nel contesto di una valutazione della probabilità di entrare in contatto con forme di vita intelligente extraterrestre. È attribuito al fisico Enrico Fermi. Si riassume solitamente nel ragionamento (e conseguente domanda): dato l’enorme numero di stelle nell’universo osservabile, è naturale pensare che la vita possa essersi sviluppata in un grande numero di pianeti e che moltissime civiltà extraterrestri evolute si siano prodotte durante la vita dell’universo. La domanda è: «Se l’Universo e la nostra galassia pullulano di civiltà sviluppate, dove sono tutti quanti?» oppure: «Se ci sono così tante civiltà evolute, perché non ne abbiamo ancora ricevuto le prove, tipo trasmissioni radio, sonde o navi spaziali?» Estremizzando la questione il problema verte sul chiedersi se gli esseri umani siano la sola civiltà tecnologicamente avanzata dell’Universo. Questo problema serve di solito come monito alle stime più ottimistiche dell’equazione di Drake, che proporrebbero un universo ricco di pianeti con civiltà avanzate in grado di stabilire comunicazioni radio, inviare sonde o colonizzare altri mondi. Il “paradosso” è il contrasto tra l’affermazione, da molti condivisa e sostenuta da stime di Drake, che non siamo soli nell’Universo benché i dati osservativi contrastino con questa ipotesi. Ne deriva che: o l’intuizione e le stime, come quelle di Drake, sono essenzialmente in ultima analisi errate (suggerendo che sia probabile ciò che è estremamente improbabile o addirittura impossibile), oppure la nostra osservazione o comprensione dei dati è incompleta.
  26. Un pianeta extrasolare o esopianeta è un pianeta non appartenente al sistema solare, orbitante cioè attorno a una stella diversa dal Sole.
  27. Ryan Avent. The Wealth of Humans. Work, Power, and Status in the Twenty-first Century. St. Martins’s Press, 2016.
  28. 28 Robert Putnam. Bowling Alone. The Collapse and Revival of American Community. Simon & Schuster, New York, 2001.
  29. Wallace Stevens. Canto VI di “An Ordinary Evening in New Haven”.
  30. Tim O’Reilly. WTF: What’s the Future and Why It’s Up to Us. Harper Business, October, 2017.

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