Il pensiero di Bernard Stiegler: Technē come phàrmakon (parte prima)

La tecnica ci forgerebbe come umani e post-umani
29 Giugno, 2024
Tempo di lettura: 9 minuti

BIO – Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità – Educational Papers • Anno XIII • Numero 50 • Giugno 2024

 

Per Bernard Stiegler la tecnica sarebbe la caratteristica distintiva dell’esperienza umana

Per studiosi dal calibro di Bernard Stiegler oggi viviamo in un’assenza di epokhē, in senso filosofico, nella quale avremmo perso il nostro percorso di pensiero e di esseri umani. Per Stiegler sarebbe diventato quasi impossibile separare gli effetti delle tecnologie digitali dalle nostre esperienze quotidiane ossia non potremmo discernere se le nostre esperienze quotidiane siano proprio esperienze nostre anziché effetti delle tecnologie digitali sulle nostre vite.

Per garantire la veracità della sua attenta valutazione Stiegler ci richiede di ricordare che la nostra realtà odierna viene, effettivamente, interpretata e descritta attraverso schermi luminosi, feed di dati infiniti, circuiti o loops di feedback biometrici, protesi digitali e reti in espansione che collegano le nostre esistenze individuali virtuali alle schiere di satelliti in orbita geostazionaria. In effetti, i nostri orologi da polso interpretano la nostra condizione fisica, contando passi e battiti cardiaci. I telefoni tengono traccia di come trascorriamo il nostro tempo, mappano la posizione geografica dei luoghi che visitiamo e registrano le nostre storie in archivi digitali. Inoltre, le piattaforme di social media stringono alleanze e creano nuove possibilità politiche. Per di più, le vaste reti wireless, che collegano satelliti, droni e armi intelligenti, determinano il modo in cui vengono condotte le guerre della nostra epoca. Semplicemente, le nostre esperienze del mondo sarebbero intrise di tecnologie digitali.

Per il filosofo Bernard Stiegler, uno dei primi e più importanti teorici della nostra era digitale, comprendere il mondo contemporaneo richiede di andare oltre la visione standard della tecnologia. Stiegler avrebbe sostenuto, secondo gli studiosi del suo pensiero, che la tecnologia non riguarda solo gli effetti degli strumenti digitali e il modo in cui influiscono sulle nostre vite. Dalla sua prospettiva, non si tratta solo del modo in cui i dispositivi vengono creati e utilizzati da organizzazioni potenti, stati-nazione o individui. Il nostro rapporto con la tecnologia riguarderebbe qualcosa di più profondo e fondamentale, riguarderebbe la tecnica, considerata in una prospettiva circa la quale siamo piuttosto inesperti.

Secondo Stiegler, la tecnica, vale a dire la produzione e l’uso della tecnologia, nel senso più largo del termine, sarebbe ciò che ci classifica nella tassonomia come umani. Il nostro modo unico di esistere nel mondo, distinto dalle altre specie, sarebbe definito dalle esperienze e dalla conoscenza che i nostri strumenti rendono possibili, che si tratti di un’interfaccia cervello-computer all’avanguardia (come Neuralink1) o di un’ascia di selce preistorica usata per abbattere una foresta. Ma, attenzione, nella teoria di Stiegler tecnica non sarebbe, semplicemente, un’altra parola per tecnologia. Già Martin Heidegger, nel suo saggio del 1953 Die Frage nach der Technik, [La questione della tecnica] (1953), che nel titolo originale utilizza il termine tedesco Technik invece di Technologie, ci avvertiva che l’essenza della tecnologia non è affatto qualcosa di tecnologico. Questa sua avvertenza ci mette di fronte all’etimologia della parola tecnica, ci riporta a qualcosa di simile al termine greco antico per arte, vale a dire technē. L’essenza della tecnologia, quindi, non si troverebbe in un dispositivo, come quello che state utilizzando per leggere questo saggio. Essa sarebbe un processo creativo aperto, una relazione con i nostri strumenti e il mondo.

Questa, stando a studiosi come il filosofo Bryan Norton,  sarebbe l’eredità di Stiegler. Nel corso della sua vita, avrebbe portato avanti questa idea della tecnica, esplorata metodicamente da lui, per la prima volta, mentre era in prigione per rapina a mano armata. Le sue idee, però, sarebbero state spesso trascurate e fraintese, molto prima della sua morte nel 2020. Oggi, queste idee, sostiene B. Norton, sarebbero più necessarie che mai. In effetti, Norton si chiede in quale altro modo potremmo imparare a distinguere gli effetti delle tecnologie digitali dalle nostre esperienze quotidiane. Per Norton abbiamo bisogno delle idee di Stiegler per poter iniziare a cogliere la storia della nostra odierna realtà nella quale avremmo perso il nostro percorso di pensiero e di essere.

Stiegler oltre esistenzialismo e anti-umanesimo: la filosofia va riscritta dal punto di vista dalla tecnica

Il percorso di Stiegler per intascare la reputazione del filosofo più eminente della nostra era digitale è stato tutt’altro che semplice. Nato a Villebon-sur-Yvette, a sud di Parigi, nel 1952, durante il periodo di benessere e ringiovanimento della Francia che seguì la devastazione della Seconda Guerra Mondiale. All’età di 16 anni, Stiegler avrebbe partecipato all’ondata rivoluzionaria del 1968 e a seguito sarebbe diventato membro del Partito Comunista. Dopo che furono indette nuove elezioni e le barricate furono smantellate, Stiegler sarebbe rimasto deluso dal marxismo tradizionale, così come dalle tendenze politiche che circolavano in Francia all’epoca. La sinistra francese sembrava disperatamente divisa tra l’esistenzialismo postbellico di Jean-Paul Sartre e l’anti-umanesimo di Louis Althusser. Mentre Sartre insisteva sulla capacità creativa degli esseri umani di modellare il proprio destino, Althusser sosteneva che la pervasività dell’ideologia nella società capitalista ci avesse lasciato impotenti, trincerati in sistemi di potere al di fuori del nostro controllo.

Stando al resoconto della vita e del pensiero di Stiegler fatto da Bryan Norton, nessuna di queste opzioni teoretiche soddisfaceva Stiegler perché nessuna delle due poteva spiegare la rapida ascesa di una nuova forza storica: la tecnologia elettronica. Negli anni ’70 e ’80, Stiegler avrebbe intuito che questa nuova tecnologia stava ridefinendo, radicalmente, il nostro rapporto con noi stessi, con il mondo e con gli altri. Per rendere conto di queste nuove condizioni, credeva che la storia della filosofia avrebbe dovuto essere riscritta da zero dal punto di vista della tecnica. Né l’esistenzialismo, né il marxismo, né alcuna altra scuola filosofica si sarebbe avvicinata a riconoscere il legame fondamentale tra l’esistenza umana e la storia evolutiva degli strumenti, ovverosia la storia della tecnica o technē.

Seguendo il racconto di Norton sulla vita e il pensiero di Stiegler, nel decennio successivo al 1968, Stiegler aprì un jazz club a Tolosa chiuso pochi anni dopo dalla polizia per prostituzione illegale. Nel tentativo di sbarcare il lunario, si sarebbe dedicato a rapinare banche per saldare i suoi debiti e nutrire la sua famiglia. Nel 1978 fu arrestato per rapina a mano armata e condannato a cinque anni di prigione. Al suo arrivo avrebbe richiesto la propria cella e avrebbe iniziato uno sciopero della fame finché non gli fu concessa. In prigione Stiegler avrebbe iniziato a prendere nota di come il suo rapporto con il mondo esterno fosse mediato attraverso la lettura e la scrittura. Questa sarebbe stata una realizzazione cruciale. Attraverso libri, carta e matite poteva interfacciarsi con persone e luoghi oltre le mura del carcere.

Fu durante questo periodo dietro le sbarre che Stiegler iniziò a studiare filosofia più intensamente, divorando tutti i libri su cui riusciva a mettere mani. Nel suo libro di memorie filosofiche Passer à l’acte,2 Stiegler descrive il periodo trascorso in prigione come un periodo di radicale auto-esplorazione e sperimentazione filosofica. Lesse opere classiche della filosofia greca, studiò inglese e memorizzò la poesia moderna, ma il libro che attirò davvero la sua attenzione fu il Fedro di Platone.3 In questo dialogo tra Socrate e Fedro, Platone delinea il suo concetto di anamnesi, una teoria dell’apprendimento che afferma che l’acquisizione di nuova conoscenza sarebbe solo un processo di ricordare ciò che sapevamo in una vita precedente. Presi in un ciclo infinito di morte e rinascita, dimenticheremmo ciò che sapevamo ogni volta che rinasciamo. Per Stiegler questa idea dell’apprendimento come ricordo diventerebbe meno spirituale e più materiale: apprendimento e memoria sarebbero indissolubilmente legati alla tecnica. Attraverso gli strumenti che utilizziamo, inclusi libri, scrittura, archivi, possiamo archiviare e preservare grandi quantità di conoscenza.

Proseguendo la delineazione di un profilo della vita e del pensiero di Bernard Stiegler secondo Bryan Norton, dopo un primo tentativo di scrivere narrativa in prigione, Stiegler si iscrisse ad un programma di filosofia pensato per i detenuti. Mentre ancora scontava la pena, si laureò in filosofia e mantenne una corrispondenza con intellettuali di spicco come il filosofo Gérard Granel, professore con ottimi collegamenti presso l’Università di Tolosa-Le Mirail. Granel presentò Stiegler ad alcune delle figure più importanti della filosofia dell’epoca, tra cui Jean-François Lyotard e Jacques Derrida. Lyotard avrebbe supervisionato la tesi di master di Stiegler dopo il suo eventuale rilascio. Derrida avrebbe supervisionato la sua tesi di dottorato, completata nel 1993, rielaborata e pubblicata un anno dopo come primo volume delle sue serie La Technique et le temps.4 Con l’aiuto di questi filosofi e dei loro nuovi ideali, Stiegler avrebbe iniziato a rimodellare il suo precedente impegno politico nei confronti del materialismo marxista, cercando di spiegare il modo in cui le nuove tecnologie modellano il mondo.5

Fine della fenomenologia e il nuovo paradigma della realtà come costruzione sociale

All’inizio degli anni Settanta, un numero crescente di filosofi e teorici politici avrebbe cominciato a mettere in discussione l’immediatezza della nostra esperienza vissuta. Il mondo intorno a noi non sarebbe mai più visto da questi pensatori come qualcosa che era semplicemente dato, nel modo in cui lo sarebbe stato nell’interpretazione dei fenomenologi come Immanuel Kant e Edmund Husserl. Il mondo si presentava, invece, per questi nuovi filosofi come un ambiente costruito, composto da cose come strade, centrali elettriche e case, il tutto reso possibile da istituzioni politiche, pratiche culturali e norme sociali anche esse istituite da gruppi sociali. Dalla loro prospettiva la realtà che appare nella nostra percezione e coscienza sarebbe anche essa una costruzione sociale, non un dato – ontologico fuori dalla nostra umana creativa metafisica.

Uno dei filosofi della fine del ‘900 che più da vicino avrebbe interrogato l’immediatezza della realtà fu Louis Althusser. Nel suo saggio Ideologie et appareils ideologiques d’Etat. Le rôle de la croyance dans l’interpellation idéologique,6 pubblicato nel 1970, anni prima che Stiegler avesse ricevuto il suo insegnamento, Althusser avrebbe indicato che l’ideologia non fosse qualcosa in cui crede un individuo, ma qualcosa che andrebbe ben oltre la scala di una singola persona, o addirittura di una comunità. Una metafora che ci aiuterebbe a farci un’idea del concetto di Althusser sarebbe pensare all’atto in cui proprio ci voltiamo senza pensarci quando sentiamo gridare il nostro nome da dietro, per lui l’ideologia avrebbe su di noi una presa automatica e inconscia, che filtra dall’esterno.7

Michel Foucault, ex studente di Althusser all’École Normale Supérieure di Parigi, sviluppò una teoria del potere che funziona in modo simile. In Surveiller et punir: Naissance de la prison (1975)8 e altrove, Foucault sostiene che il potere sociale e politico non è concentrato negli individui ma è prodotto da “discorsi, istituzioni, forme architettoniche, decisioni normative, leggi, misure amministrative, affermazioni scientifiche, filosofiche, e da proposizioni morali e filantropiche.” L’intuizione di Foucault sarebbe stata quella di mostrare come il potere modellerebbe ogni aspetto del mondo, dalle interazioni in classe tra un insegnante e uno studente alle negoziazioni di un accordo commerciale tra rappresentanti di due diverse nazioni. Da questa prospettiva, il potere si costituisce nelle e attraverso pratiche materiali, piuttosto che qualcosa posseduto da singoli soggetti.9

Althusser, Foucault, Lyotard e Derrida, sarebbero alcune delle basi teoretiche su cui Stiegler avrebbe costruito la sua idea nonché teoria della tecnica o per essere più precisi della technē. Sebbene gli studiosi del suo pensiero ci segnalino che lui apprezzasse i modi in cui Foucault e Althusser avrebbero cercato di spiegare la tecnologia, lui sarebbe rimasto, in ogni caso, insoddisfatto dalla mancanza di attenzione a particolari tipi di tecnologia, per non parlare del fatto che nessuno dei due pensatori in questione avrebbe offerto reali alternative alle forme di potere da loro descritte. Nel suo libro Prendre soin, de la jeunesse et des générations,10 del 2008, Stiegler spiega di essere stato in grado di andare oltre Foucault con l’aiuto del concetto di phàrmakon del suo mentore Derrida. Nel suo saggio La Pharmacie de Platon (1972),11 Derrida avrebbe iniziato a sviluppare l’idea dell’ambivalenza esplorando come la nostra capacità di scrivere possa creare e minare (curare e avvelenare) il senso di identità di un soggetto individuale. Per Derrida, l’atto di scrivere, esso stesso una sorta di tecnologia, avrebbe un rapporto bifronte con la memoria individuale. Sebbene permetterebbe all’individuo di immagazzinare conoscenze ed esperienze per vasti periodi di tempo, la scrittura disincentiverebbe il soggetto dall’esercitare la propria capacità mentale di ricordare. Per Derrida la parola scritta cortocircuita la connessione immediata tra esperienza vissuta e memoria interiore per cui si potrebbe postulare che la scrittura potrebbe curare i limiti cognitivi del singolo soggetto, ma potrebbe avvelenare ugualmente la cognizione del singolo limitando le sue capacità.

______________Note _________________

1 Neuralink Corporation è una azienda statunitense di neurotecnologie, fondata da un gruppo di imprenditori, tra cui Elon Musk, che si occupa di sviluppare interfacce neurali impiantabili.

2 Bernard Stiegler. Passer à l’acte. Galilée, Paris, 2003

3 Bernard Stiegler. Philosopher par accident, con Elie During, Galilée, Paris, 2004

4 Bernard Stiegler. La Technique et le temps, volume 1: La Faute d’Épiméthée. Galilée, Paris, 1994 

5 Bernard Stiegler. La Technique et le temps, volume 2: La Désorientation. Galilée, Paris, 1996 / La Technique et le Temps, volume 3: Le Temps du cinéma et la Question du mal-être. Galilée, Paris, 2001

6 Nel suo saggio Ideologia e apparati ideologici di Stato, afferma che il sistema scolastico si configura come il luogo conforme per eccellenza, infatti a scuola si imparano alcune tecniche, la cultura scientifica o letteraria e gli orientamenti utili a svolgere poi una attività sociale. Si imparano anche regole di morale, di conoscenza civica e professionale. La scuola è il luogo dove si formano e si riproducono anche le ideologie, le quali svolgono una funzione chiave nella società-stato, manipolando il soggetto e regolandone l’identità.

7 Louis Althusser. Ideologie et appareils ideologiques d’Etat. Le rôle de la croyance dans l’interpellation idéologique. Cahiers, 1970 / Apparati e soggetti in Althusser. Il ruolo della credenza nell’interpellazione ideologica.

8 Traccia una disamina dei meccanismi teorici e sociali sottesi ai massicci cambiamenti verificatisi nei sistemi penali della civiltà occidentale in età moderna. Si concentra su documenti storici francesi, tuttavia gli argomenti sviscerati lo rendono di assoluto rilievo per tutte le società occidentali. È considerato un’opera che ha segnato, ispirandoli, molti successivi lavori di teorici e perfino di artisti. Foucault mette in crisi il concetto, comunemente accettato, che il carcere sia diventato una forma rilevante di punizione in conseguenza delle istanze umanitarie propugnate dai riformisti, benché, del resto, non giunga neppure a sostenere espressamente l’avviso opposto. La via per cui raggiunge questo effetto consiste nel tracciare meticolosamente i cambiamenti culturali che hanno condotto alla dominanza della prigione, concentrando la propria attenzione sul corpo e sulle domande di potere. La prigione è una forma usata dalle “discipline”, un nuovo potere tecnologico, che può ritrovarsi, secondo l’autore, anche nelle scuole, negli ospedali, nelle caserme, e così via. Le principali idee di Sorvegliare e punire possono essere raggruppate nelle quattro parti di cui si compone il lavoro: supplizio, punizione, disciplina e prigione.

9 Michel Foucault. Surveiller et punir: Naissance de la prison. 1975

10 Bernard Stiegler. Prendre soin, de la jeunesse et des générations, Paris, Flammarion, 2008. Traduzione di Paolo Vignola Prendersi cura. Della gioventù e delle generazioni, Napoli-Salerno, Orthotes Editrice, 2014

11 Jaques Derrida. La dissémination. La Pharmacie de Platon, La Double Séance, La Dissémination. Seuil, 1972

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