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2 Agosto, 2025

Piattaforma: metafora di camuffamento del capitalismo digitale

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BIO – Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità – Educational Papers • Anno VII • Numero 27 • Settembre 2018

Scritto in collaborazione con Eugenia D’Alterio – biologa

Il termine “piattaforma”

Amazon, Google, Facebook, AirBnB, Uber, Instagram e, anche, la Foodora [dei “rider” italiani], sono imprese globali che hanno il loro business su Internet. Sono cioè piattaforme digitali preposte a una serie di attività“produttive” che si svolgono sul Web. Ma sono piattaforme digitali anche quelle usate dalle società che organizzano le infrastrutture della logistica e della pubblica amministrazione, come ISWEB. Sono espressione di un modello di capitalismo che si sta affermando su scala mondiale e che ha nella finanza non solo un polmone monetario, ma un dispositivo di governance dei flussi di informazioni, di dati e di merci. Come ogni modello di business, prevede modalità specifiche di governo del lavoro, dove la massima precarietà convive con lo sfruttamento delle competenze più diverse che si riflette nella proliferazione delle forme contrattuali. L’aspetto della precarietà del lavoro, che ne consegue, fa sì che la questione sia di interesse sociale e di chiunque si proclami interessato alla salute delle popolazioni delle nostre attuali società liquide. Dunque, raccogliendo scritti di autori diversi, iniziamo anche noi, a BIO Educational Papers ad interessarci alla questione. Incominciamo dal termine.

Il termine “piattaforma” è, oggi, ovunque, ma, per il largo pubblico, non è chiaro di cosa sia metafora. Potrebbe riferirsi a una nuova condizione nell’era digitale o potrebbe essere un semplice camuffamento per il banale “male” del capitalismo. Se chiedessimo a qualche “cantore” del capitalismo delle piattaforme, in veste del suo critico, come, ad esempio, Leif Weatherby cosa sia una piattaforma1, ci direbbe, in modo argutamente astratto, che “le piattaforme sono ‘aree’ costruite – e promosse – [“raised areas”] che agevolano lo scambio e l’attività sociale”.

Finché le piattaforme software erano contenute dietro gli schermi dei personal computer e bloccate in infrastrutture fisiche la metafora sembrava innocua. Ma ora “mondo della carne” o “vita reale” [meatspace è il termine nel gergo degli esperti]2 e cyberspace si sono fusi. Nel libro “Platform Revolution, how networked markets are transforming the economy and how to make them work for you”3, considerato guida indispensabile per la nuova era del business, Geoffrey G. Parker, Marschall W. Van Alstyne e Sangeet Paul Choudary affermano che “Una piattaforma è un business basato sull’abilitazione di interazioni tra produttori e consumatori esterni che creano valore [denaro o guadagni, per intenderci], fornendo un’infrastruttura aperta e partecipativa per queste interazioni e definendo le condizioni di governance di queste”.4 Questo modello di governance di creazione di ricchezza privatizzata si sta diffondendo. Produzione e distribuzione, servizi e consumatori [social], tutti sono stati “sconvolti” dalle regole [privatizzate] della piattaforma. Tom Goodwin osservava nel 2015 come “Uber”, la più grande compagnia di taxi del mondo, non possedesse alcun veicolo. E lo stesso si potrebbe dire di Facebook che non crea alcun contenuto del social media, di Alibaba, il più grande distributore di vendita al dettaglio, che non possiede alcun inventario, e di “Airbnb”, il più grande fornitore di alloggi temporanei al mondo che non possiede alcuna infrastruttura alberghiera. Infatti, nessuna di queste piattaforme possiede i beni che consentono i loro servizi.5 Ma quest’osservazione, ormai onnipresente, solleva più domande di quante ne risponda.

La prima domanda da porsi è se queste piattaforme stiano truffando sia il capitale che la mano d’opera? Oppure se queste piattaforme rappresentino un cambiamento fondamentale nell’economia, una nuova rivoluzione del capitalismo e della tecnologia? La seconda posizione, sostenuta dal team dei guru del “management pop”, cioè da Erik Brynjolsson e Andrew McAfee,6 sostiene che la “cibernetica”, nella sua forma piattaforma, automatizzerà il lavoro mentale nello stesso modo in cui la fabbrica ha automatizzato il lavoro manuale. Certamente, l’irrompere del braccio meccanico ha scatenato gli orrori del lavoro industriale del XIX secolo, quindi, abbiamo ragione di sospettare un tale richiamo. Il “capitalismo cognitivo”, per usare il termine di Yann Moulier Boutang, potrebbe essere più una questione di sottrarre valore dall’attività socio-culturale, in quanto tale, e meno una questione di permettere alla creatività di organizzare il ciclo economico.7 Corporation come Alphabet, con una capitalizzazione di mercato di circa 750 miliardi di dollari americani, hanno affermato di essere arbitri neutrali e spazi di scambio informativo. Nessuno, certamente, ci crederebbe più in questa presunta neutralità, ma ci manca il linguaggio per cogliere il modo in cui queste piattaforme “trasformano”, per usare un eufemismo, le popolazioni [cioè le società umane], le culture e il capitalismo stesso. Come sostiene lo studioso dei social media Tarleton Gillespie,8 il termine “piattaforma” fonde, tendenziosamente, diversi significati a vantaggio di queste imprese, associando la piattaforma software con i sensi figurativi e politici della, cosiddetta, libertà. Criticare la propaganda di un tale uso del termine è un compito intellettuale urgente. Un primo passo in questa direzione è cercare di comprende [farci un’idea di] come ci appare il MONDO PIATTAFORMIZZATO [PLATFORMED WORLD] che oggi abitiamo.

Il mondo piattaformizzato che oggi abitiamo

Mentre ormai “viviamo” più delle nostre vite su piattaforme come Facebook, anche la linea tra mente e informazione privatizzabile è in palio. Si pensi solo alla proposta di Elon Musk9 di mettere i nostri cervelli direttamente nel social network,10 sorpassando la necessità di digitare. Mark Zuckerberg è un sostenitore di questo progetto dal momento che qualsiasi cosa viene messa in piattaforma – in questo caso le nostre menti – diventa anche informazione di proprietà dei proprietari della piattaforma.

Immaginiamo che ogni movimento delle nostre menti registrato dal browser del nostro computer o smartphone sia trasferito per “scopi di ricerca” a un prestigioso accademico che, a sua volta, lo trasmette ad una società di dati proprietà di un miliardario affiliato segretamente ad una ideologia qualunque. Non si tratta di una trama di William Gibsom, ma, fondamentalmente, di ciò che è accaduto nelle elezioni presidenziali americane del 2016, quando la psicometria di avanguardia è stata utilizzata su decine di milioni di dati utenti dalla società Cambridge Analytica. Immaginiamoci un politico che attraverso la “porta girevole”11 siede anche nel consiglio di tale società di dati ispezionando ciò che nemmeno noi stessi sappiamo circa la nostra mente stessa. In risposta a questo rischio la chiamata a regolamentare l’utilizzo dell’informazione personale dei cittadini in mani dei proprietari delle piattaforme è diventata più forte che mai. Ma la regolamentazione non è abbastanza. Ci vuole anche teoria, con la sua inerente assunzione di valori umani, per cercare di disegnare una regolamentazione di noi stessi.

Questo richiamo alla teoria non significa che non si debbano regolamentare le grandi piattaforme, correggere i bias [pregiudizi] algoritmici e combattere la manipolazione attuata dai troll [provocatori].12 Studiosi come Umoja Noble,13 Frank Pasquale14 e Cathy O’Neil,15 hanno offerto, recentemente, tra le più sofisticate e avvincenti visioni di come dovrebbero essere prodotte tali normative. Ma cosa succede se non possiamo rimandare in dietro al magazzino dell’Amazon qualcosa che l’abbiamo ordinato? Far fronte al “capitalismo delle piattaforme”16 significa capire come dobbiamo cambiare il nostro vocabolario e categorie di pensiero, e capire come dobbiamo aggiornare i nostri paradigmi critici per approdare alla costruzione di una “nuova” realtà sociale e umana. In sintesi, dovremmo, se vogliamo passare, consapevolmente, dall’umano al post-umano, essere coscienti della bio-politica che stiamo istaurando.

  1. Leif Delete your Account: On the Theory of Platform Capitalism. Los Angeles Review of Books. April 24, 2018.
    Leif Weatherby. Transplanting the Metaphysical Organ: German Romanticism between Leibniz and Marx. Fordham University Press, New York, 2016.
  2. “Mondo della carne” [meatspace] o “vita reale” è una frase usata per distinguere eventi reali, persone e attività da mondi immaginari o personaggi, dalle interazioni su Internet, o, in senso peggiorativo, da certi stili di vita o attività che chi parla ritiene meno importante, degno, o in altro modo “reale”.
  3. Geoffrey G. Parker, Marschall W. Van Alstyne & Sangeet Paul Choudary. Platform Revolution, how networked markets are transforming theeconomy and how to make them work for you. W. W. Norton & Company, New York, 2016.
  4. Ibidem
  5. Hamish McRae. Facebook, Airbnb, Uber, and the unstoppable rise of the content non-generators. One creates no content, one owns no property, the other owns no cars. The property is at the interface. In “Independent”, 5 May 2018
  6. Erik Brynjolsson & Andrew McAfee. The Second Machine Age: Work, Progress, and Prosperity in a Time of Brilliant Technologies. W. W. Norton & Co, New York, 2014 Ed. in italiano: Erik Brynjolsson e Andrew McAfee. La nuova rivoluzione delle macchine. Feltrinelli, 2015.
  7. Yann Moulier Boutang. Cognitive Capitalism. Polity Press. UK, 2011 Ed. in italiano: Yann Moulier Boutang. Capitalismo cognitivo. Innovazione,proprietà e cooperazione delle moltitudini. Ombre Corte, 2018.
  8. Gillespie, Tarleton L., The Politics of ‘Platforms’. In “New Media & Society”, Vol. 12, No. 3, May 1, 2010.
  9. Elon Reeve Musk. È fondatore, CEO e CTO di Space Exploration Technologies Corporation (SpaceX), di cui è amministratore delegato; CEO di Tesla Motors, di cui è presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato; fondatore e CEO di Neuralink. Inoltre è presidente di Solar City, fondatore di The Boring Company e ha cofondato PayPal e OpenAI. Ha inoltre proposto un sistema di trasporto super veloce conosciuto come Hyperloop. Nel dicembre 2016 si è posizionato alla 21ª posizione nella lista delle persone più potenti del mondo secondo Forbes. A gennaio 2018, con un patrimonio di 20.9 miliardi di dollari, risulta al 53° posto della lista delle persone più ricche del mondo secondo Forbes. Musk ha affermato che l’obiettivo di SolarCity, Tesla e SpaceX ruota intorno all’ideale di cambiare il mondo e l’umanità, attraverso la riduzione del riscaldamento globale tramite l’utilizzo di energie rinnovabili, e riducendo il “rischio di un’estinzione umana” stabilendo una colonia su Marte.
  10. Social network: Sito Internet che fornisce agli utenti della rete un punto d’incontro virtuale per scambiarsi messaggi, chattare, condividere foto e video, ecc.
  11. La locuzione porta girevole, nella terminologia della politica, individua il movimento continuo di persone divise tra attività politica (ad esempio come legislatori), attività come funzionari in enti di regolamentazione, attività di lobbying per conto di gruppi industriali, e attività economica nelle stesse industrie coinvolte. Il termine è mutuato dall’inglese revolving door/doors (porta girevole/porte girevoli), con cui si indica tale pratica nel sistema della politica statunitense
  12. Un troll, nel gergo di Internet e, in particolare delle comunità virtuali, è un soggetto che interagisce con gli altri tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso e/o del tutto errati, con il solo obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi o mettere zizzania all’interno di una discussione on-line.
  13. Safiya Umoja Noble. Algorithms of Oppression. How Search Engines Reinforce Racism. New York University Press, 2018.
  14. Frank Pasquale. The Black Box Society: The Secret Algorithms That Control Money and Information. Harvard University Press, 2015.
  15. Cathy O’Neil. Weapons of Math Destruction: How Big Data Increases Inequality and Threatens Democracy. B/D/W/Y Broadway Books, New York,2017.
  16. Nick Srnicek. Platform Capitalism (Theory Redux). Polity Press, UK, 2017.

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