BIO – Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità – Educational Papers • Anno XIV • Numero 53 • Marzo 2025
Sesso e morte
Commentare circa il comportamento della nostra cultura, che lavora severamente per tener separati sesso e morte, non suscita, praticamente, alcun interesse. Ma l’asserzione, come quella proposta da svariati studiosi che sostiene che la ricerca di una ricarica della libido e la ricerca del piacere sessuale stesso costituiscano una possibilità di veicolarci la liberazione di cui il dolore del lutto umano avrebbe bisogno, costituisce una sollecitazione da prendere in considerazione, se non altro per il suo apparente aspetto imbarazzante fuori da determinati ambiti accademici e culturali. O, invece, di imbarazzante non avrebbe proprio niente e potrebbe piuttosto essere di aiuto per chi sta attraversando, in particolare, un lutto sessuale.
Quest’articolo non costituisce una discussione accademica della teoria freudiana di Eros e Thanatos. Si tratta, piuttosto, di una rassegna delle idee al riguardo del giovanissimo studioso Cody Delistraty, in particolare di quelle apparse sul suo libro The Grief Cure: Looking for the End of Loss1, nel quale accenna sia la teoria freudiana di Eros e Thanatos, in particolare riferita all’arte e alla letteratura, sia alcuni studi clinici.
Egon Schiele fu una figura controversa fin dall’inizio, quella che alcuni potrebbero ora considerare un mostro dell’arte. Accusato in vari modi di immoralità pubblica, rapimento e stupro, accolse ragazzi e ragazze adolescenti nel suo studio d’arte fuori Vienna. Gli studiosi suggeriscono che c’erano aspetti sociopolitici in gioco nell’arresto di Schiele e solo l’accusa di immoralità pubblica rimase, per la quale trascorse circa tre settimane in prigione.
Nello stesso periodo in cui Schiele dipingeva, Sigmund Freud stava lavorando al suo saggio Jenseits des Lustprinzips / Al di là del principio del piacere (1920), incentrato sui temi dell’Eros e del Thanatos, ovvero rispettivamente la pulsione di vita e la pulsione di morte. Freud formula il conflitto psicologico in termini dualistici fin dai suoi primi scritti, ma è solo in questo testo che egli presenta un simile conflitto mediante concetti desunti dal pensiero di Empedocle, il quale parla d’un dissidio cosmico fra i princìpi o forze di Amore (o Concordia) e Odio (o Discordia).
L’idea della pulsione di morte è considerato un concetto controverso. In effetti, l’esistenza dell’istinto di vita e di morte, presenti entrambi nell’individuo, è stata discussa ampiamente nella letteratura psicoanalitica con opinioni divergenti. Freud nel 1920 in Al di là del principio del piacere, partendo dalla tendenza umana a ripetere le esperienze spiacevoli, ipotizza l’esistenza della pulsione di morte che agirebbe insieme alla pulsione di vita ma sarebbe più potente di questa. La pulsione di morte, secondo la visione di Freud, non sarebbe psichicamente rappresentabile e si legherebbe alla pulsione di vita che la modera e la contiene. Il suo scopo distruttivo si manifesta quando le due pulsioni si slegherebbero, come in particolare nelle perversioni. Freud presenta la pulsione distruttiva in due modi apparentemente incompatibili: da una parte, come un’evenienza distruttiva o auto-distruttiva per l’Io, dall’altra, come un quieto ritorno al Nirvana. Non è facile capire se questi due punti di vista implichino fenomeni differenti o se indichino diversi aspetti dello stesso fenomeno2.
Nella letteratura analitica, tuttavia, esistono due principali posizioni rispetto alla pulsione di morte. La prima, che la considera un istinto primitivo e autonomo, inaugurata da Freud, ed in seguito, sviluppata ampiamente, da Melania Klein e dai suoi seguaci. Nella visione della Klein esiste un conflitto permanente tra le due pulsioni che dà origine nel mondo interno alla contrapposizione tra oggetto buono e oggetto cattivo. Un secondo gruppo di analisti pensa invece che l’aggressività non derivi da una pulsione distruttiva primaria quanto da esperienze carenziali o traumatiche: questa sarebbe la posizione di Anna Freud, Fairbairn, Winnicott e Kohut.
Schiele, Ballard e Barnes
Le raffigurazioni nervose di ragazzi e ragazze pre-pubescenti di Schiele mostrano spesso peli pubici, vagine divaricate ed erezioni sostenute. Ma un tratto distintivo particolare delle figure di Schiele, e molto di ciò che contribuisce alla sua controversia e alla loro natura inquietante, sarebbero i loro occhi regolarmente vuoti, simili a cadaveri. In Two Reclining Nudes (1911), due figure femminili giacciono su quello che sembra un divano magenta e nero, ma potrebbe essere ugualmente una bara. La ragazza sullo sfondo guarda fuori dall’inquadratura; la ragazza in primo piano giace piatta e ha un occhio che sembra essersi girato nell’orbita, il che la fa apparire come una bambola senza vita. Quello che potrebbe essere un rossore sotto i suoi occhi sembra inquietantemente un livido. Entrambe le ragazze sono nude, i loro stati psicologici sono dissociati, una sembra quasi morta.
Molti dei dipinti di Schiele sono attraversati da una prescienza sulla morte, rara per una persona di vent’anni. Traendo spunto dalla tradizione storico-artistica del memento mori [ricordati che devi morire], Schiele capovolse il tipico simbolo di un teschio posizionato in modo irresistibile, come si vede in modo particolare in Gli ambasciatori di Hans Holbein (1533), e ritrasse invece angoscia, estasi e una vicinanza alla morte. A volte rese esplicite le sue considerazioni tematiche, scrivendo una poesia intitolata Un autoritratto (1910) che termina con: io sono umano, amo/ la morte e amo/ la vita. Sia per Schiele che per Freud, la morte sarebbe orgiastica e legata, inesorabilmente, all’erotismo.
Stando a Cody Delistraty3, la teoria di Eros e Thanatos potrebbe essere stata originariamente proposta dalla dottoressa russa Sabina Spielrein (amica di Freud e Carl Jung), circa un decennio prima che Freud pubblicasse “Al di là del principio del piacere“. Sostenuta dalle sue osservazioni cliniche, la versione di Freud salì alla ribalta. Nelle sue sedute di terapia, Freud vide i pazienti tornare compulsivamente al trauma, spesso nei loro sogni, e concluse che la maggior parte delle persone sarebbe attratta, inevitabilmente, verso la propria morte, ovvero Thanatos. Eros, o la spinta verso il piacere e la vita, potrebbe essere vista al contrario, nell’intensità della libido e in altre attività di “sostentamento della vita”.
La complessa relazione tra Eros e Thanatos è, sicuramente, fondamentale per la produzione culturale occidentale e, sulla scia di Freud, la base di importanti studi empirici in psicologia. Sebbene i concetti esistano come lati opposti di uno spettro, nella loro collisione si trovano alcuni dei momenti più chiarificatori e intensi della vita, come sostiene in particolare Cody Delistraty.
Il romanzo Crash (1973) di J G Ballard4, in particolare, esplora l’erotismo delle esperienze di pre-morte come un modo per affrontare la solitudine, fondamentale, della modernità e delle sue tecnologie (simboleggiate qui dall’automobile). James Ballard, riepiloga, in prima persona, gli avvenimenti dei quali sarebbe stato testimone, il lettore percepisce il tono fuori dell’ordinario della narrazione; vi si parla infatti del rapporto tra eccitazione sessuale e scontri automobilistici con vittime. Per Ballard, ferite del genere erano le chiavi di una nuova sessualità, generata da una perversa tecnologia. Le loro immagini stavano appese nella sua galleria mentale come oggetti esposti in un museo da macello. L’energia sessuale del desiderio dei personaggi di mettere in scena incidenti automobilistici ispirati a quelli che coinvolgono celebrità punta verso l’ovvio, la morte, e verso la trascendenza attraverso la feticizzazione, in questo caso una forma di affrontare la morte. Il sesso, in Ballard, è reso grottesco, persino assurdo, dalla presenza della morte, come accade in alcune opere di Schiele.
Il romanzo di Julian Barnes The Sense of an Ending (2011)5, incentrato sulla morte per suicidio di uno studente di Cambridge e sul ricordo e la reminiscenza errato della loro amicizia da parte del narratore, sarebbe anch’esso colorato dal ferro di cavallo di Eros e Thanatos, i modi nei quali lo spettro in cui risiedono si piega e, toccandosi, esplode. Incapace di vedere la morte del suo amico come nient’altro che un riflesso della sua iper-intelligenza romantica, la comprensione del narratore viene chiarita solo alla fine del romanzo, quando scopre che il suo amico si sarebbe probabilmente suicidato dopo aver messo incinta la madre della sua ragazza che avrebbe dato alla luce un figlio disabile.
Quando si affronta la morte o la perdita, non sarebbe subito chiaro cosa possa fare l’erotismo
Né Ballard né Barnes né Schiele forniscono facili conclusioni sulla natura del sesso e della morte, Eros e Thanatos. Piuttosto, ognuno mostra, in modo unico, i modi in cui l’attrito Eros – Thanatos sia fondamentale per il caos della vita, stando al parere di Delistraty. L’osservazione più coerente che possono proporre consiste nel quando si affronta la morte o la perdita, non è immediatamente chiaro cosa possa fare l’erotismo. Il cocktail di morte e sesso può agire come un balsamo, una sorta di liberazione radicale, come in Crash? Il sesso è reso grottesco, persino assurdo, dalla presenza della morte, come in alcune opere di Schiele? Oppure il sesso ci conduce, stando a Barnes, verso la morte, come si può dedurre da The Sense of an Ending? Tutto questo risulta provocatorio. In ogni caso, la maggior parte di questi discorsi rimane al di là di una discussione garbata.
Esiste un’ambizione culturale di lunga data di tenere separati morte e sesso. Si consideri che il tradizionale isolamento richiesto ai dolenti era ancora prevalente nel secolo scorso. Indossare il nero in segno di lutto, le aspettative sociali sulla durata appropriata del lutto, a volte, l’ingiunzione di rimanere fuori dalla vista. A quanto racconta Delistraty, la reazione di Abraham Lincoln al dolore della moglie Mary Todd dopo la morte del figlio Willie per febbre tifoide sarebbe un caso di studio. “Cerca di controllare il tuo dolore, o ti farà impazzire e potremmo doverti mandare lì”, disse a Mary, secondo la sua sarta, mentre minacciava di mandare la moglie in un manicomio. Eppure lei continuava ad avere convulsioni intense – parossismi di dolore – che non erano accettate ma represse dal marito e dalle aspettative della società.
Una reazione del genere, ovviamente, non fa che aggravare il senso di solitudine di chi soffre, uno stato strettamente correlato ad una cattiva salute mentale. In alcuni modi importanti, oggi, siamo andati oltre le idee tradizionali sul lutto. Pochi stanno impostando dei timer su quanto tempo devono aspettare per rientrare nella società; pochi si stanno visibilmente autopunendo con il cilicio; e le aspettative di isolamento si sono per lo più attenuate. Mentre il dolore rimane ancora lontano dall’essere un’attività pubblica, i tipi più intensi di autoflagellazione e sacrificio di sé sono, in gran parte, cessati.
Il lutto sessuale
E tuttavia, l’idea che una persona in lutto possa divertirsi, possa discutere liberamente e impegnarsi nella vita, per non parlare di riprender una vita sessuale, rimane una specie di sfida culturale. Tra i sofferenti continua ad esistere una pruderie sul sesso, mentre ci aggrappiamo a idee persistenti secondo cui una persona in lutto dovrebbe essere in qualche modo casta sia moralmente che fisicamente: che sesso e dolore, la spinta verso la vita e la spinta verso la morte, Eros e Thanatos, non dovrebbero mescolarsi. Il lutto sessuale, in particolare, in cui le persone piangono la perdita della loro relazione sessuale con il partner defunto, è ampiamente considerato una forma di dolore privato dei diritti, messo in secondo piano rispetto a ciò di cui si discute pubblicamente. È molto più facile e accettabile parlare del tuo amore o della tua vita condivisa insieme, tralasciando questo desiderio più materiale e più basilare. Invece, dagli studi riferiti da Cody Delistraty, il sesso costituisce un palliativo per il dolore in quanto focalizza e trasmuta il caos e la rabbia.
Nella coscienza pubblica odierna, alcuni studi di facile divulgazione potrebbero aiutare a cambiare il discorso. La neuropsicologa Alice Radosh ha perso il marito a 40 anni a causa di una rara forma di cancro nel 2013. Alle prese con il suo lutto sessuale, nel 2016 Radosh e la sua coautrice Linda Simkin hanno intervistato circa 100 donne, tutte di almeno 55 anni. La maggior parte delle donne prevedeva che, una volta rimaste vedove, avrebbero sentito la mancanza di fare sesso con il proprio partner e avrebbero voluto discutere apertamente di quella perdita. Ciò che potrebbe impattare di più dello studio di Radosh è che espone il rancoroso ciclo di silenzio attorno al dolore e al sesso. Un altro risultato curioso è che più della metà di queste stesse donne avrebbe affermato che non avrebbe mai pensato di chiedere a un’amica vedova del proprio lutto sessuale. Anche se capivano quanto sarebbe stato importante per loro affrontare il lutto sessuale, rimaneva una barriera socioculturale che impediva loro di pensare di parlarne con altre persone in situazioni simili.
Nell’opinione di Delistraty, in un certo senso, questi risultati non sono sorprendenti. Né lo è il fatto che cercare sesso durante il lutto sia spesso benefico per coloro che desiderano la vicinanza e l’affermazione che, nel migliore dei casi, il sesso può fornire. La cultura anglo-americana spinge a superare il lutto il prima possibile, ma il sesso potrebbe sfidare quella cultura, aiutandoci a rimanere presenti e radicati nella riflessione e nella vita. Alcuni terapisti sessuali affermano che il sesso potrebbe anche ottenere qualcosa di opposto, fornendo una distrazione dal dolore del lutto, grazie al rilascio di dopamina che lo accompagna. Quando lo stesso Delistraty ho fatto ricerche per il suo libro The Grief Cure: Looking for the End of Loss (2024), ha parlato con la editorialista e autrice di sesso Sophia Benoit, che ha affermato che, poiché molto dolore è catastrofico, in quel senso il sesso può essere un palliativo per il lutto perché focalizza e trasmuta il caos e la rabbia.
Stando a Delistraty, per Cat Meyer, psicoterapeuta specializzata in sesso e traumi, il sesso è altresì un modo in cui potremmo appoggiarci al dolore. Facendo sesso, essendo presenti e abbracciando la nostra perdita, ha detto, possiamo in effetti trascendere quei sentimenti dolorosi. Questo, stando a quanto riferito da Delistraty, può essere fatto da soli, tramite pratiche di masturbazione, o con un partner a cui puoi, silenziosamente o ad alta voce, esprimere ciò per cui stai soffrendo, mentre lui/lei funge da contenitore per le tue emozioni.
Le situazioni sessuali intense forniscono catarsi, avrebbe spiegato Meyer, lasciandoci dire le cose che possiamo sentire profondamente ma che siamo ansiosi di discutere, come se fosse una collisione di Eros e Thanatos. “Negli stati di orgasmo, i confini tra noi e il mondo si dissolvono e possiamo davvero sentirci elevati oltre la pesantezza del dolore”, avrebbe detto la Meyer. “A livelli più elevati di eccitazione, la soglia di ciò che puoi tollerare aumenta a causa delle endorfine e della dopamina… Cose come disgusto, paura, tristezza, possiamo trattenerle molto più facilmente”. Cioè, possiamo guardare dritto a ciò che normalmente cercheremmo di spazzare via o dimenticare del tutto.
Dato il potere che il sesso può fornire nel dolore, Meyer propone che anziché cercare la chiusura dopo il lutto, dovremmo invece cercare questo tipo di liberazione. La chiusura, un concetto essenzialmente mistico, sarebbe sempre servita agli altri molto più di quanto non faccia alla persona in lutto. Sarebbe un modo semplice per gli altri di non dover interagire con il dolore di qualcuno, rendendolo invisibile. Se è “finito”, non è più un “problema”. Nel sesso, tuttavia, la solitudine di chi soffre può essere invertita. Nella migliore delle ipotesi, il sé può essere trovato e la morte può diventare vita.
In effetti, anche se spesso queste considerazioni ci fanno vergognare, il sesso potrebbe essere esattamente ciò di cui abbiamo bisogno nei momenti di dolore. Per aggirare quella vergogna e quella aspettativa sociale, per ottenere il “permesso” sociale per liberarci dal dolore, un numero crescente di uomini sembra impegnarsi con le prostitute come canali per i sentimenti repressi, tra cui profondo dolore, vergogna e dolore, secondo diverse prostitute che avrebbero collaborato con Delistraty.
Mistress Iris, pseudonimo di una dominatrice nata a Kyoto, avrebbe spiegato a Delistraty che gli uomini in lutto a volte vanno da lei per provare le loro più grandi paure sulla perdita e per realizzare, in ultima analisi, che sono abbastanza forti da superarla. Con un cliente la cui moglie era morta, Iris ricorda e racconta a Delistraty che c’era “molto gioco verbale e molto fisico basato sul dolore”. Iniziò frustandolo, poi gli chiese della sua solitudine nel lutto. Iris unì dolore e sesso per cercare di mostrargli, attraverso la dominazione, che la sua convinzione che non avrebbe mai superato la sua perdita era sbagliata, che c’era, in effetti, un modo per superare quello che sembrava un dolore altrimenti infinito e che vedere come avrebbe potuto vivere insieme alla sua perdita era il modo più significativo per superarla. Non c’era bisogno di raggiungere una “chiusura”. La sua paura era quella di tradire sua moglie, nel caso della sua morte, frequentando di nuovo qualcuno.
Alla fine, Iris portò questo cliente dentro le sue paure, la sua solitudine, come si sentiva “patetico”, poi smascherò questa come una falsa convinzione. Gli mostrò come, invece, lui aveva già il potere di vivere insieme al suo dolore. Nella continuazione della sua narrazione a Delistraty, la Mistress Iris ricorda il tempo con questo cliente aumentando lo sbattimento fisico, arrivando a quel livello superiore della sua tolleranza al dolore. Alla fine, crolla e inizia a piangere: “Sono un perdente”. “Sono patetico” e in quel momento di massimo splendore, dove doveva essere, dove è emotivamente distrutto e piange, mi sdraio sopra di lui, come una coperta appesantita. Entro in questo processo di riportarlo emotivamente in un posto stabile, sulla Terra. Poi, c’è calma, si siedono e parlano un po’ di come si sente… Sta solo sentendo la calma. Non si sente una merda. E il mondo non è crollato.
Liara Roux, pseudonimo di una regista, autrice ed ex prostituta, riporta Delistraty avrebbe addirittura parlato ad alcuni dei suoi clienti del loro dolore, offrendo loro uno spazio raro in cui potevano essere aperti sulla loro perdita. Era, nella sua interpretazione della sua attività, uno spazio sicuro per il tipo di persona che potrebbe irritarsi per il termine. Stando a lei, un caso significativo avvenne un giorno dopo aver fatto sesso con un cliente in lutto. Dopo avrebbero parlato a lungo della sua defunta moglie, elaborando gli strati delle sue preoccupazioni con le donne, scoprendo che la sua paura era di tradire la moglie frequentando di nuovo qualcuno. Liara Roux riferì che era stato commovente ed un onore per lei essere la persona che suo cliente aveva scelto per farsi aiutare ad elaborare il lutto. Con molti dei suoi clienti Roux trascorse un’enorme quantità di tempo a parlare. Gran parte del tempo, lavorando insieme per riformulare i loro traumi e le loro perdite. Codificando ciò che molti di questi lavoratori del sesso già conoscono per esperienza. In particolare, i ricercatori dietro uno studio sull’International Journal of Sexual Health nel 2024 intervistarono 10 psicologi e psicoterapeuti specializzati in terapia del lutto e scoprirono che il lutto può essere dirompente per l’intimità sessuale per una serie di motivi, tra cui disponibilità emotiva, esperienze traumatiche e natura della perdita. Tuttavia, osservarono ugualmente che l’intimità sessuale in momenti di lutto può essere ampiamente liberatoria, aiutando i partner nella comunicazione, empatia reciproca e comprensione nel superare queste sfide.
Delistraty ci propone che il modo in cui scegliamo – o non scegliamo – di usare il sesso come mezzo per elaborare il lutto dipende anche, in parte, da cambiamenti per lo più imprevedibili della libido. Scrivendo a Freud nel 1922, lo psicoanalista Karl Abraham suggerì che un discreto numero di persone mostra un aumento della libido qualche tempo dopo un lutto e manifesta pure un bisogno sessuale accresciuto. Il fatto che molte persone sperimentino cambiamenti nella libido dopo una perdita è una scoperta che è stata sostanzialmente confermata – e complicata – dai ricercatori contemporanei. Emily Nagoski, ex direttrice dell’educazione al benessere allo Smith College nel Massachusetts e autrice del bestseller Come as You Are (2015)6, studia ciò che è noto come il “sistema di eccitazione sessuale” (SES) e il “sistema di inibizione sessuale” (SIS) nei nostri corpi. Lei avrebbe notato che in periodi di lutto (e contrariamente alle scoperte di Abraham) il SIS prende preponderanza e la libido spesso diminuisce. Durante il COVID-19, ad esempio, la sessualità di molte persone ha iniziato a spegnersi a causa dell’onnipresenza della perdita.
In altri momenti, tuttavia, la libido può aumentare in mezzo a sentimenti di perdita. Ci sono molte, molte risposte al dolore, tra cui alcune persone che scoprono di essere incredibilmente eccitate e desiderano ardentemente il sesso, afferma Sophia Benoit, editorialista e autrice. Stando a lei, pensiamo troppo che il dolore spegnerà la nostra vita sessuale. Ciò ci farebbe sentire davvero in colpa e disgustosi quando lo desiderano.
La sollecitazione di Delistraty sarebbe realizzare che la cosa importante sarebbe vedere entrambe le risposte come naturali. In circostanze di perdita o lutto, il sesso può ostacolare l’intimità ma può anche migliorarla. La libido può aumentare ma può anche diminuire. Esistono casi in cui cercare il sesso, specialmente in caso di solitudine, avrebbe un senso logico: in tempo di guerra, in particolare, quando la ricerca del piacere e della connessione assume un significato maggiore. In altri momenti, Eros e Thanatos sembrano più distanti di qualsiasi altra cosa al mondo. Subito dopo aver perso un figlio o un partner, quando loro non ci sono più ma tu resisti, il tuo impulso a breve termine potrebbe essere quello di seguirli nell’oblio o, almeno, di stare lontano dal piacere. È importante destigmatizzare il desiderio di sesso dopo la perdita, sostiene Cody Delistraty.
In un piccolo studio psicologico, ad esempio, due terzi dei genitori in lutto intervistati dopo aver vissuto la morte del loro figlio affermarono di essersi presi una pausa o di aver smesso di fare sesso, sentendo forse di non meritare piacere o persino una connessione. Anche se la maggior parte di queste coppie ha affermato di credere che il contatto e il sesso fossero importanti in questi tempi difficili, la maggior parte ha trovato troppo difficile riprenderli. In alcuni casi, le coppie affermarono di aver smesso di fare sesso perché dissero che ricordava loro l’atto di creare il loro bambino. Questi risultati sono strazianti e, sebbene del tutto comprensibili, mi chiedo fino a che punto le aspettative sociali continuino a svolgere un ruolo. Stando a Delistraty è importante destigmatizzare il desiderio di sesso dopo una perdita, eliminare la ricerca di chiusura in favore della connessione e della convivenza con il dolore piuttosto che cercare di superarlo.
Il dolore sarebbe, per molti versi, infinito: un’esperienza da convivere insieme, piuttosto che da nascondere, e il business del vivere, della connessione e della bellezza nel sesso ne fanno parte. Sebbene Schiele, Ballard, Barnes e molti altri scrittori e artisti abbiano mostrato la natura provocatoria e liberatoria dello schiacciare insieme Eros e Thanatos, queste due pulsioni sono, in ultima analisi, non tanto in opposizione quanto intrecciate. Osservate attentamente Two Reclining Nudes. Schiele ha spogliato a nudo ogni nozione classica di bellezza. Le ragazze non corteggiano lo sguardo di un osservatore, Schiele non le raffigura per noi. Infatti, nel distogliere lo sguardo, forse persino nel dissociarsi, queste ragazze sembrano difficilmente attente a qualcuno. Ora rivolgetevi agli autoritratti di Schiele. Allungati, emaciati e nudi, non li ha realizzati per erotizzare sé stesso ma, come in Two Reclining Nudes, per esprimere la cruda verità della sua psiche, la presenza persistente della morte anche nella giovinezza, il marciume dell’età perfino in un corpo nuovo. Schiele sapeva che solo quando siamo più vulnerabili la nostra psiche emerge in superficie e diventa evidente. Stando a lui, non c’è indegnità nel sesso e nella sua esposizione. Nessuna indegnità nella morte o nel dolore, neanche.
- Cody Delistraty. The Grief Cure: Looking for the End of Loss. Harper Collins Publishers, 2024
- Il punto di vista di F. Da Masi è che il concetto di pulsione di morte, come pulsione originaria, non troverebbe una conferma convincente nell’esperienza clinica. Sarebbe invece possibile considerare la spinta verso la morte come una potenzialità trasformativa della mente umana quando la vita diventa soggettivamente e oggettivamente intollerabile. La idea di Da Masi sarebbe che la distruttività umana non derivi da un patrimonio innato (la pulsione distruttiva) ma necessita per la sua azione di uno sviluppo lungo e complesso, spesso favorito da una complementare violenza da parte dell’ambiente. Da questo punto di vista sembra importante supporre l’esistenza di un’organizzazione patologica che si forma gradualmente e cerca di conquistare la parte sana della personalità come avviene nelle perversioni. Il potere acquisito dall’organizzazione patologica distruttiva dipende anche dal ruolo del Super-io che coincide con una struttura perversa che ha un carattere seduttivo o intimidatorio. Dal punto di vista Da Masi il problema del piacere auto-distruttivo è molto complesso. Il piacere non è solamente ricercato come difesa dalle difficoltà della realtà esterna o come scarico della pulsione libidica. In certi casi l’attacco diretto contro la vita produrrebbe una soddisfazione intensa pari a quella che si ottiene mediante l’affermazione di sé e la scarica delle pulsioni. La distruttività, distinta dall’aggressività, sarebbe così legata al piacere che si ricava dal male. Per giungere a ciò Da Masi pensa che per trasformare l’aggressività in distruttività, sia necessario un lungo processo in cui le disposizioni originarie si incontrerebbero con stimoli ambientali negativi in modo da formare quel tipo di costellazione perversa che presenta, a chi lo agisce, l’atto distruttivo come capace di conferire potere, superiorità e onnipotenza.
- Cody Delistraty. The Grief Cure: Looking for the End of Loss. Harper Collins Publishers, 2024
- James Graham Ballard. Crash. Jonathan Cape, 1973.
- Julian Barnes. The Sense of an Ending, Jonathan Cape (UK), 2011
- Emily Nagoski. Come as You Are: the bestselling guide to the new science that will transform your sex life. Scribe, UK. 2015