Il cancro al seno resta il tumore più diagnosticato tra le donne in Italia, con oltre 53.000 nuovi casi ogni anno. Eppure, nel 2025, l’accesso allo strumento più efficace per diagnosticarlo precocemente – lo screening mammografico – è ancora una questione di fortuna. La tua Regione ha esteso il programma? Sei fortunata. Non l’ha fatto? Sei sfortunata. Lo dice Europa Donna Italia con una nuova, provocatoria campagna: “La fortuna costa, la sfortuna di più.”
Una denuncia chiara, forte, diretta. In Italia, solo sei Regioni hanno esteso lo screening gratuito alla fascia d’età raccomandata dalle linee guida europee, ovvero dai 45 ai 74 anni. Tutte le altre si fermano prima o partono troppo tardi. Il risultato? Oltre due milioni di donne escluse dalla prevenzione organizzata.
Le disuguaglianze sanitarie uccidono
Le linee guida dell’UE non lasciano spazio a interpretazioni: dal 2017 indicano come fascia ottimale per lo screening quella che va dai 45 ai 74 anni. Non rispettarle significa creare un’ingiustizia strutturale, che influenza direttamente le possibilità di diagnosi precoce e, di conseguenza, di sopravvivenza.
Chi è esclusa dallo screening organizzato spesso non riesce ad accedere privatamente a controlli regolari, vuoi per limiti economici, vuoi per mancanza di consapevolezza. E la diagnosi arriva più tardi, quando il tumore è già avanzato, più difficile e costoso da curare, più invasivo nella vita della paziente.
La campagna che chiede giustizia
La campagna “La fortuna costa, la sfortuna di più” è attiva fino a settembre 2025. Chiede a ogni donna di verificare la propria condizione in base alla Regione di residenza e, se risulta “sfortunata”, di unirsi al movimento per chiedere giustizia. A ottobre, in occasione del mese della prevenzione del tumore al seno, Europa Donna Italia presenterà i risultati della campagna alle istituzioni, accompagnandoli con azioni concrete di advocacy regionale e nazionale.
Per aderire basta un click: https://www.europadonna.it/la-fortuna-costa-la-sfortuna-di-piu/
Lo screening salva la vita (e molto di più)
Non si tratta solo di anticipare una diagnosi. Lo screening organizzato gratuito è un presidio di salute pubblica perché garantisce qualità, accessibilità e tempestività. Le immagini vengono lette da due radiologi indipendenti, i centri sono collegati direttamente alle Breast Unit, e l’intero percorso è integrato e monitorato.
La direttrice dell’Osservatorio Nazionale Screening, Paola Mantellini, lo dice chiaramente: la sopravvivenza a cinque anni supera il 90% nei casi diagnosticati precocemente. E i trattamenti possono essere meno invasivi, più efficaci, meno traumatici.
Un risparmio che non è solo economico
Estendere lo screening ha un costo, è vero. Ma non farlo costa molto di più. Come spiega Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna Italia, curare un tumore avanzato è più oneroso per il Sistema Sanitario Nazionale rispetto a una diagnosi precoce. E non parliamo solo di costi sanitari: c’è un impatto sociale, psicologico, lavorativo, familiare.
Ogni donna esclusa dallo screening è un potenziale dramma evitabile. Non possiamo lasciare che il diritto alla salute sia un privilegio geografico.
Un’azione urgente, da inserire nei LEA
L’obiettivo è chiaro: inserire l’ampliamento dello screening nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Questo garantirebbe un’applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale, anche nelle Regioni vincolate da piani di rientro.
Il Presidente Mattarella ha ricordato che l’universalità del Servizio Sanitario è un principio costituzionale. È tempo che lo Stato italiano agisca di conseguenza, rimuovendo i divari che oggi mettono in pericolo milioni di donne.
Generiamo Salute anche così
Come blog di salute olistica, non possiamo che sostenere e amplificare una campagna come questa. La prevenzione non è solo una questione medica, ma anche culturale, sociale, politica. Non può dipendere dalla fortuna. Se sei una donna tra i 45 e i 74 anni, informati. Se sei un professionista della salute, aiutaci a diffondere il messaggio.
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