Prima di entrare nell’argomento reflusso gastroesofageo e dieta vediamo brevemente cos’è il reflusso gastroesofageo. E’ un disturbo molto comune che affligge circa il 20% della popolazione occidentale i cui sintomi sono associati ad una prolungata esposizione della mucosa esofagea al contenuto acido dello stomaco. E’ legato fondamentalmente ad una riduzione del tono dello sfintere gastroesofageo, la valvola che separa l’esofago dallo stomaco impedendo che il contenuto gastrico acido refluisca nell’esofago, la cui mucosa non è organizzata per proteggersi dall’acidità e quindi ne viene facilmente aggredita.
Le manifestazioni più comuni del reflusso si presentano sia a livello della parte bassa dell’esofago, fondamentalmente con bruciore alla bocca dello stomaco e dolore toracico non cardiaco, che nella parte alta, dove sia l’acido che i suoi vapori, salendo fino alla gola, possono causare disturbi extraesofagei come raucedine, tosse cronica, mal di gola, sensazione di nodo alla gola, come se ci fosse un corpo estraneo o del catarro.
Accanto alle terapie farmacologiche volte a diminuire l’acidità gastrica, a riparare la mucosa aggredita e a lenire il bruciore, anche alcune modifiche dell’alimentazione o dello stile di vita possono avere notevole impatto sul controllo dei sintomi del reflusso. Vediamo come alleviare il reflusso gastrroesofageo con la dieta.
Per quanto riguarda l’alimentazione il discorso è molto complesso a causa della elevata eterogeneità dei dati clinici. E’ pertanto difficile stabilire una dieta standard, o comunque stilare un elenco di alimenti da evitare in blocco, anche se ci sono alcuni accorgimenti che possono essere di grande aiuto.
I cibi da evitare nella dieta per reflusso gastroesofageo
Iniziamo col dire che tali alimenti vengono classificati in base a 3 parametri, ovvero:
- Alla capacità di diminuire il tono dello sfintere gastroesofageo (o cardias)
- All’azione irritante diretta sulla mucosa esofagea
- Alla capacità di indurre rilassamenti transitori dello sfintere gastroesofageo (abbreviati a TLESR dall’inglese), ovvero quei meccanismi atti ad eliminare la presenza di aria e gas dallo stomaco, durante i quali è stato dimostrato esserci un aumento significativo degli episodi di reflusso.
Gli alimenti del primo gruppo sono i più numerosi e comprendono la caffeina, il cioccolato, la menta, l’alcool e le bevande gassate, così come i cibi particolarmente grassi e quelli ricchi di zuccheri.
Gli irritanti diretti della mucosa esofagea sono invece i cibi e le bevande acide o aspre e quelli speziati e piccanti, mentre quelli in grado di agire sul TLESR sono soprattutto le bevande gassate, ma ovviamente, anche pasti troppo abbondanti o molto calorici.
Dieta per il reflusso gastroesofageo: no alle bevande gassate o acide
La pratica comune è in genere quella di raccomandare fortemente l’eliminazione di tutti questi alimenti dalla dieta quotidiana, ma le ricerche recenti hanno dimostrato che si tratta di raccomandazioni che non sempre sono associate ad un reale beneficio per il paziente. Non ci sono infatti prove convincenti del fatto che evitarli riduca l’incidenza dei sintomi del reflusso gastroesofageo.
Ad esempio si pensa che le bevande acide peggiorino il reflusso e in effetti è stato ampiamente dimostrato che fluidi fisiologicamente acidi non solo riducono il pH del contenuto gastrico che refluisce, ma ne prolungano anche il tempo di permanenza nell’esofago. Nella pratica clinica però la correlazione tra queste bevande e i sintomi del reflusso è molto meno chiara, e diversi studi hanno evidenziato che molte di queste correlazioni non sono significative. Ciò significa che non tutti i pazienti con reflusso ai quali sono stati somministrati molti cibi o bevande acide hanno realmente mostrato un reale peggioramento dei sintomi.
Ad esempio, uno studio condotto su 394 pazienti con sintomi di bruciore allo stomaco non ha evidenziato un peggioramento rilevante dei sintomi con alcuni succhi molto acidi, quali ad esempio il succo di prugna, ma lo ha rilevato con alimenti molto meno acidi, quali il succo di pomodoro (solo il 20 % dei trattati con succo di prugna ha avuto sintomi, contro il 70% di quelli che hanno assunto succo di pomodoro). In un altro studio molto interessante in cui si è provato a neutralizzare l’acidità di alcune di queste bevande, ha evidenziato che per molte di esse la capacità di indurre reflusso rimaneva inalterata, suggerendo che ci possano essere altre componenti estranee all’acidità che influenzino il reflusso.
La stessa eterogeneità di dati la possiamo evidenziare per la caffeina la menta, il cioccolato, l’alcool.
Per quanto riguarda l’alcool sembrerebbe che la birra abbia un maggiore impatto rispetto agli altri alcolici, sia per il maggior volume in genere ingerito, sia per il suo contenuto in anidride carbonica.
Anche il latte, una bevanda generalmente considerata responsabile dell’aumento dell’acidità gastrica, ha dato risultati contrastanti, anche se gli studi sono concordi nell’attribuire maggiore criticità al latte intero rispetto a quello scremato.
Leggermente diverso il discorso per i cibi piccanti che inducono una diretta irritazione della mucosa esofagea producendo sintomi simili a quelli del reflusso. Pertanto i pazienti sensibili alle spezie piccanti possono trarre notevole beneficio dall’evitarle.
Quindi, analizzando la letteratura, possiamo dedurre che l’associazione di questi alimenti ai sintomi del reflusso non è supportata da dati clinici inconfutabili, pertanto l’approccio più appropriato sembrerebbe non tanto quello di eliminare tutti questi cibi dalla dieta, ma quello di gestire il reflusso gastroesofageo con una dieta personalizzata sulla base della sensibilità individuale ai vari alimenti. Un lavoro indubbiamente più lungo ed impegnativo, ma sicuramente più prezioso.
Un approccio corretto all’alimentazione per il reflusso gastroesofageo
Un approccio dietetico più produttivo delle diete di eliminazione sembrerebbe quello di modulare l’apporto dei macronurienti, ovvero di agire sulla quantità di grassi, carboidrati e proteine di ogni pasto. Particolarmente rilevante sembra essere l’azione sui carboidrati, i cui dati clinici sono molto interessanti e questa volta tutti concordanti. Più precisamente l’apporto di carboidrati assorbibili (quali ad esempio amido e zucchero) ha portato ad un aumento dei sintomi del reflusso, mentre l’assunzione di fibre, carboidrati che l’organismo non è in grado né di digerire né tantomeno di assorbire, è stata correlata ad una notevole diminuzione dei sintomi.
A tale proposito, uno studio molto interessante ha dimostrato come l’assunzione di fibre del fieno greco per circa 2 settimane in un gruppo di pazienti con reflusso ha prodotto dei risultati paragonabili a quelli del gruppo di pazienti che assumevano un antiacido (nello specifico Ranitidina da 75mg 2 volte al giorno). Sebbene il meccanismo attraverso il quale le fibre esplichino questa loro azione non sia del tutto conosciuto, sembrerebbe proprio che la loro assunzione produca notevoli effetti benefici nel controllo del reflusso.
Per quanto riguarda i grassi il discorso è più complesso e controverso, anche se spesso un cibo grasso è risultato impattante probabilmente perché anche il pasto era molto abbondante. Possiamo dire che in genere una riduzione del contenuto dei grassi del pasto è una buona pratica, soprattutto per quanto riguarda i grassi saturi che troviamo principalmente in carni grasse, burro, margarina, prodotti da forno industriali, fritture, olio di palma e di cocco, formaggi grassi e che sono di più difficile digestione.
Accanto a questi dati, orientati alla personalizzazione della dieta, emergono alcuni accorgimenti che possono essere adottati per cercare di ridurre gli episodi di reflusso.
Tra questi sicuramente la riduzione delle dimensioni del pasto e un aumento della loro frequenza: alzarsi da tavola sazi, ma non appesantiti e prendere la buona abitudine di fare un leggero spuntino a metà mattina e a metà pomeriggio può essere di giovamento.
Inoltre si è visto che è molto importante cenare almeno 3 ore prima di andare a letto, in modo tale da coricarsi quando lo stomaco è vuoto. Sappiamo infatti che la posizione supina favorisce il reflusso. Evitare, ovviamente, spuntini notturni.
E’ utile anche sollevare la parte superiore del letto, in modo che la testa sia sempre un po’ più in alto rispetto allo stomaco, ridurre un eventuale sovrappeso, modificare stili di vita troppo stressanti e, sebbene anche quest’ultima opzione sia un po’ controversa, smettere di fumare.
Per concludere potremmo dire che un’azione mirata su tutti questi parametri, con un’enfasi particolare sulla personalizzazione della dieta, la diminuzione delle dimensioni dei pasti, la composizione in macronutrienti di ogni pasto (soprattutto la modulazione del contenuto in carboidrati con l’assunzione di fibre solubili) e sull’abolizione dei pasti a tarda sera, sembra essere l’approccio dietetico più efficace nella riduzione dei sintomi da reflusso.
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