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10 Luglio, 2020

Gli alimenti fermentati

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Tempo di lettura: 4 minuti

Chi immagina che la trasformazione di sostanze organiche in altri composti sia solo un affare da laboratorio chimico deve sapere che tale fenomeno può avvenire tranquillamente nelle proprie mura domestiche e senza l’obbligo di un camice. È il processo di fermentazione, una reazione spontanea che avviene per la presenza di un “fermento” rappresentato da specifici microrganismi (batteri e lieviti) o dai moderni enzimi. Ciò che avviene è una degradazione di macromolecole complesse in altri composti e l’alimento subisce una trasformazione chimica che può renderlo più digeribile, può caratterizzarne il sapore e può conferirgli qualità nutritive che in origine esso non avrebbe.

Grazie alla sua spontaneità la fermentazione è un processo noto già dagli antichi popoli che pur non intuendone il principio ne impiegavano l’utilizzo prevalentemente per la conservazione dei cibi (per la produzione di metaboliti antimicrobici che riducono il rischio di contaminazione). Quando si è poi scoperto che con essa si possono avere importanti risvolti positivi sulla salute, il consumo di cibi fermentati è diventato sempre più diffuso.

La fermentazione avviene in condizioni di anaerobiosi, quindi in assenza di ossigeno, prevalentemente a carico dei carboidrati (zuccheri e amidi) e ne esistono di vario tipo, le più comuni sono:

la fermentazione  alcolica, attraverso cui il glucosio viene metabolizzato in etanolo e anidride carbonica, come avviene durante la preparazione di birra, vino e pane;

la fermentazione lattica, attraverso cui il glucosio viene convertito in acido lattico, un esempio lo sono i cibi acidi come lo yogurt.

Come si fermentano gli alimenti

Esiste il metodo spontaneo basato sulla naturale presenza di microrganismi (wild ferments) negli alimenti crudi o nell’ambiente di lavorazione. C’è anche il metodo indotto secondo il quale gli alimenti possono essere fermentati mediante l’aggiunta di colture starter, ossia colture microbiologiche selezionate. Gli starter possono essere naturali o selezionati per standardizzare le caratteristiche organolettiche del prodotto finale.

Quali sono i cibi fermentati?

I cibi fermentati sono tanti e sia la diffusione che il loro consumo dipende dalle differenze culturali e alimentari delle varie popolazioni, oltre che alla disponibilità dell’alimento sul territorio.

Ecco alcuni esempi degli alimenti fermentati più conosciuti.

Crauti: tipico contorno tedesco, hanno origine dalla fermentazione lattica del cavolo cappuccio. Il vegetale viene tagliato in listarelle sottili e conservato in recipienti con l’aggiunta di cloruro di sodio (sale da cucina). La fermentazione è spontanea. Più perdura nel tempo, maggiore sarà la caratterizzazione organolettica conferita all’alimento che consiste in un sapore deciso e acidulo.

Oltre ai crauti si possono fermentare tante altre verdure come ad esempio cetrioli, carote, olive, cipolle; la base è sempre l’alimento crudo e la salamoia.

Yogurt naturale: emblema di acidità e presenza costante dei frigoriferi di molti, costituisce il classico esempio di fermentazione lattica. Affinché possa definirsi un buon alleato della salute, sarebbe preferibile quello di produzione casalinga a partire da starter selezionati che garantiscono la sopravvivenza all’ambiente ostile gastrico.

Pane a lievitazione naturale: dobbiamo la sua esistenza grazie all’utilizzo della pasta madre, uno starter naturale di lieviti e batteri dell’acido lattico (LAB) che attuano la fermentazione alcolica visibile dall’aspetto bolloso dell’impasto.

Kefir: una bevanda di origine caucasica ottenuta grazie a colture cellulari note come “grani di Kefir”, un mix di batteri, lieviti e polisaccaridi. La versione tradizionale è a base di latte, ma esiste anche una variante a base di acqua (kefir d’acqua). La fermentazione è prevalentemente lattica, in maniera minoritaria quella alcolica, ad opera dei lieviti, conferisce al prodotto un leggerissimo contenuto alcolico.  La composizione nutrizionale del kefir varia a seconda della composizione del latte utilizzato, di quella microbiologica dei grani utilizzati, dal tempo/temperatura di fermentazione e dalle condizioni di conservazione.

Miso: uno dei diversi prodotti che derivano dalla fermentazione della soia. Elemento base della cultura giapponese il miso è un condimento che si produce con una fermentazione lunga dei semi di soia cotti, ad opera di uno specifico fungo Aspergillus oryzae. Il miso caratterizza il gusto sapido e deciso della nota zuppa giapponese.

Il cibo fermentato è alleato della nostra salute

È buona cosa inserire il consumo dei cibi fermentati nelle proprie abitudini alimentari. Il principio cardine dei loro effetti benefici sulla salute è la presenza dei microrganismi che nella maggior parte dei casi costituiscono parte probiotica dell’alimento.

Il beneficio che si manifesta per primo è la maggiore digeribilità dei cibi, perché lieviti e batteri effettuano la degradazione di molecole complesse in unità più semplici che risultano facilmente assimilabili dall’organismo. Il pane a lievitazione naturale può essere più digeribile per le persone affette da sindrome dell’intestino irritabile e gli intolleranti al lattosio non hanno difficoltà ad assumere derivati del latte come lo yogurt, sono semplici esempi di come il consumo di questi cibi è vantaggioso per tipologie di disturbi tra i più frequenti al giorno d’oggi.

Al contempo i fermenti degradano anche quelle molecole che, per molti vegetali, ad esempio, costituiscono in natura un meccanismo di difesa, ma che dal nostro organismo son mal digerite e ad elevate concentrazioni sono anche potenzialmente nocive (es. saponine).

I fermenti però non si limitano a degradare, attraverso le reazioni enzimatiche essi sintetizzano nuove molecole come vitamine e minerali per cui modificano e arricchiscono le proprietà nutrizionali degli alimenti. Ad esempio possono aumentare il contenuto di vitamina C e di quelle del gruppo B, incrementano la biodisponibilità di alcuni minerali come ferro e zinco.

I cibi fermentati sono ancora oggetto di numerosi studi scientifici che da un lato mirano a dimostrarne gli effetti positivi sulla salute, dall’altro vertono sulla determinazione della qualità e varietà della popolazione microbiologica che li popola.

Molte delle specie microbiche sono probiotiche, significa che arrivano vive e vitali nell’intestino e concorrono ad un riequilibrio del microbiota intestinale contrastando fenomeni di disbiosi. Questo correla positivamente col potenziamento del sistema immunitario.

Studi epidemiologici hanno dimostrato che il consumo di cibi fermentati è associato a una riduzione dei rischi di diabete di tipo 2 e di malattie cardiovascolari, in particolar modo sulla popolazione femminile.

Considerati i notevoli benefici che si ottengono con il loro consumo, non è poi così insolito che i fermentati siano stati definiti dei “super-food”, tenendo bene a mente che da soli non compiono miracoli. È infatti necessario orientare tutte le abitudini, nutrizionali, comportamentali e intellettive, verso un corretto stile di vita.

Fonti consultate:

https://academic.oup.com/nutritionreviews/article/76/Supplement_1/4/5185609

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/31387262/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/28945458/

https://www.mdpi.com/2072-6643/11/5/1189/htm

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/31387262/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/26148916/

http://www.nutrition-foundation.it/notizie/il-consumo-regolare-di-derivati-fermentati-del-latte–dallo-yogurt-ai-formaggi-a-pasta-dura–e-correlato-alla-riduzione-del-rischio-cardiovascolare-e.aspx

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/25748063/

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