Appunti di una vita senza silenzio

Sui gradini di un’ascesa.
11 Settembre, 2022
Tempo di lettura: 4 minuti

Caminante, no hay camino: se hace camino al andar.

Caminante, no hay camino, sino estelas en la mar.

Viandante, non esiste sentiero: si fa la strada nell’andare

Viandante, non esiste sentiero, solo scie nel mare 

Antonio Machado

Karl Jaspers , interrogandosi sul senso profondo della malattia scrive che: “Il senso della malattia consiste nel condurre chi ne è colpito al senso della vita”.

Bene, sembra che questa frase del grande filosofo e psichiatra tedesco sia stata scritta a commento di questo agile libro che si legge tutto di un fiato in poche ore, percorrendo con l’autrice una scala costruita su vittorie e sconfitte, su cadute e resurrezioni, su momenti di sconforto ed esuberanti speranze.

È il racconto della malattia dell’autrice che cova già nell’infanzia e si presenta alla soglia dei trent’anni come uno tsunami. “La testa, le orecchie e gli occhi all’improvviso sembrano ricevere un segnale sbagliato, tutto entra  nel caos, tutto è fuori controllo”. È La malattia degli occhi che danzano, come la chiamano i giapponesi,  la sindrome di Ménière, “Menny”, così soprannominata, quasi ad esorcizzarla.

Una patologia simbolo di cronicità che assurge a paradigma della condizione di persone malate, di situazione di fragilità e, attraverso il racconto di concreta esperienza umana propria e altrui, diventa insegnamento vivo per sani e malati, al fine di costruire un mondo più sereno in cui sia meno difficile vivere. Un modo di passare da una condizione di vittima indifesa, disperata, depressa, fino a combattente che mai si arrende perché non si sente più sola.

Leggerlo è educativo e liberatorio, perché ognuno può riconoscere, nella faticosa salita della scala che ci propone l’autrice, la sua esperienza di malattia, cronica o episodica.  Il libro tocca tasti profondi, come il senso di colpa che a volte medici, parenti o noi stessi, ci fanno sentire, in un momento in cui la fragilità non ci consente una reazione positiva. Per non parlare di quando ci si accorge che gli aspetti economici/legali/politici prendono il sopravvento rispetto ai bisogni reali della persona in oggettiva difficoltà.

La medicina narrativa, e questo libro ne costituisce un fulgido esempio, “è una metodologia d’intervento clinico-assistenziale che considera la narrazione come uno strumento fondamentale di acquisizione e comprensione della pluralità di prospettive che intervengono nell’evento-malattia, finalizzata a un’adeguata rilevazione della storia della malattia che, mediante la costruzione condivisa di una possibile trama alternativa, consenta la definizione e la realizzazione di un percorso di cura efficace, appropriato e condiviso” (Gianpaolo Donzelli). E tra l’altro costituisce un modo di equilibrare il divario portato da una concezione paternalistica della medicina, nel rapporto medico paziente. Il racconto dell’autrice dei suoi incontri con i medici, regalano uno spaccato di varie umanità. Interessati al lato economico o che colpevolizzano il malato, oppure solidali capaci di profonda empatia e compassione. Il grande merito di questo libro è anche quello di dare ai sani e ai medici un nuovo modo di guardare il loro fratelli malati, in difficoltà, comprenderne le paure e insegnarci il grandissimo valore della solidarietà. La grande antropologa americana Margaret Mead a uno studente che le chiedeva quale riteneva fosse il primo segno di civiltà in una cultura, rispose che il primo segno di civiltà in una cultura antica era un femore rotto e poi guarito. Spiegò che nel regno animale se ti rompi una gamba muori. Non puoi scappare dal pericolo, andare al fiume a bere o cercare cibo. Sei carne per bestie predatrici. Nessun animale sopravvive a una gamba rotta abbastanza a lungo perché l’osso guarisca.  Un femore rotto che è guarito è la prova che qualcuno si è preso il tempo di stare con colui che è caduto, ne ha bendato la ferita, lo ha portato in un luogo sicuro e lo ha aiutato a riprendersi. La Mead disse che aiutare qualcun altro nelle difficoltà è il punto in cui la civiltà inizia.

L’ultima e godibile parte del libro racconta il faticoso percorso di successo nella creazione dell’associazione di pazienti della malattia di Ménière. “Nel mio progetto, molto nebuloso a dire il vero, chiaro solo al mio inconscio, vedevo una associazione impostata in un rapporto paritario tra pazienti e pazienti, e tra pazienti e medici, perché ho sempre creduto che solo dalla attiva e partecipativa, oltre che inclusiva, collaborazione tra la figura che ha bisogno e quella che ha conoscenza, vi sia davvero la possibilità di sperare in un futuro dove i tanti punti interrogativi che precedono e seguono la nostra malattia, vengano cancellati definitivamente.”

Una precedente intervista dell’autrice

Dove acquistare il libro

L’autrice

Nadia Gaggioli è nata nel 1955 a San Lazzaro di Savena (BO)

Il Comm. Nadia Gaggioli, affetta da una forma assai grave di Malattia di Menière dall’età di ventinove anni dopo decenni di intensa attività di volontariato per le persone con Malattia di Menière, nel 2011 ha co-fondato l’Associazione Malati Menière Insieme ONLUS di cui è stata presidente fino al giugno 2021.

Nell’aprile 2022 ha costituito il Gruppo di Auto-Mutuo- Aiuto per la Malattia di Menière (G.A.M.A.M.) con sede in Bologna presso la Fondazione per la Salutogenesi ONLUS, del cui consiglio di amministrazione è componente.

Il Presidente della Repubblica nel 2014 e nel 2020 ha insignito Nadia Gaggioli di onorificenze dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana (0MRI) per la sua attività di volontariato e beneficenza a sostegno delle persone affette da Malattia di Menière

Il Comm. Nadia Gaggioli ha svolto anche una intensa attività di partecipazione in qualità di relatrice a convegni e congressi di audiologia e di vestibologia. Ha sempre seguito e tuttora segue personalmente la formazione di nuovi volontari e svolge la supervisione dell’attività dei volontari su tutto il territorio nazionale

Dal 2019 Nadia Gaggioli conduce

il progetto “Esperienza del colore con l’acquerello” presso laCasa-Alloggio per Anziani “Tana dei Saggi” di Bologna in partenariato con la Cooperativa Sociale “L’Impresa Possibile” di Bologna.

Il progetto di volontariato consiste di un incontro settimanale di tre ore con gli ospiti della struttura per contenere il deterioramento cognitivo, riattivare conservare la capacità di confronto io-interno e modo esterno utilizzando gli acquerelli. Il lavoro è finalizzato a stimolare il ricordo e l’osservazione, in un percorso che ha anche l’obiettivo di stimolare l’autostima in persone segnate pesantemente a livello sociale, economico e della salute.

Nadia Gaggioli è una pittrice affermata vincitrice di numerosi premi. Nel 2014 ha pubblicato il suo primo libro di poesie “E sono Io” edito da Nuova Ipsa Palermo.

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