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La polifarmacoterapia e i suoi rischi

I pericoli ad essa associati sono molti, tra cui compromessa funzionalità fisica e cognitiva, ridotta aderenza al trattamento e potenziale per interazioni farmaco-farmaco avverse
4 Gennaio, 2024
Tempo di lettura: 2 minuti

L’approccio moderno alla gestione delle patologie croniche spesso prevede la prescrizione simultanea di più farmaci, una pratica nota come “polifarmacoterapia”. Le conseguenze della polifarmacologia, in particolare i rischi associati alle interazioni farmacologiche negative, sono state al centro del dibattito durante il recente convegno “Polifarmacoterapia: sfide e strumenti” tenutosi a Bologna. Ma quali sono i rischi di questo approccio farmacologico, così diffuso tra le persone anziane, e sempre più spesso anche tra quello meno anziane?

La polifarmacoterapia: un approccio pericoloso

Con l’invecchiamento delle popolazioni in tutto il mondo, la prevalenza delle patologie croniche è aumentata notevolmente, portando a un considerevole aumento dei casi di somministrazione più farmaci in contemporanea. L’uso simultaneo di vari medicinali per affrontare le patologie croniche è diventato un approccio medico comune, ma i rischi associati sono estesi. Gli individui, soprattutto le persone in terza età, ricevono spesso prescrizioni di un regimi farmacologici complessi, per gestire condizioni come ipertensione, malattie cardiache, diabete e osteoporosi. Ma l’uso estensivo di più farmaci offre una soluzione praticabile e sicura?

Rischi associati alla polifarmacoterapia

La polifarmacoterapia porta con sé una serie di rischi, tra cui compromessa funzionalità fisica e cognitiva, ridotta aderenza al trattamento e potenziale per interazioni farmaco-farmaco avverse. La portata globale di questo problema è data dal fatto che milioni di pazienti in tutto il mondo sono sottoposti a regimi farmacologici complessi, senza che esista una seria valutazione della probabilità di interazioni farmaco-farmaco imprevedibili ed effetti nocivi. Il fenomeno del “iper-trattamento”, in cui gli individui assumono un numero significativo di farmaci al giorno, è una preoccupazione diffusa in ambito medico. I rischi associati alla polifarmacoterapia si estendono oltre gli effetti immediati sulla salute, contribuendo all’aumento dei costi sanitari, ai ricoveri ospedalieri e alla diminuzione della qualità della vita.

Prospettiva globale sulla riduzione dei rischi

Un’istruzione più approfondita sui potenziali pericoli della combinazione di determinati farmaci è fondamentale. Inoltre, favorire la comunicazione tra operatori sanitari, farmacisti e pazienti può migliorare il monitoraggio dei regimi farmacologici, aiutando a identificare e prevenire interazioni avverse. Soluzioni tecnologiche, come i registri elettronici sanitari e i sistemi di monitoraggio delle prescrizioni, possono svolgere un ruolo vitale nella riduzione dei rischi  fornendo una panoramica completa della storia farmacologica di un paziente e delle potenziali interazioni.

Il possibile ruolo dell’Omeopatia

Nella ricerca di approcci migliorativi per gestire le condizioni croniche senza esporre i pazienti ai rischi della polifarmacoterapia, l’Omeopatia si sta affermando come una valida opzione. A differenza della medicina convenzionale, l’Omeopatia si basa sul principio del trattamento individualizzato, mentre le sostanze altamente diluite che stimolano i meccanismi di auto-guarigione del corpo sono sicuri al 100% e privi di qualsiasi tossicità. L’assenza di interazioni tra diverse sostanze è quindi da escludersi del tutto, con la conseguente eliminazione delle preoccupazioni legate alla tossicità. Contrariamente alla polifarmacoterapia, dove più farmaci possono interagire con conseguenze imprevedibili, i trattamenti omeopatici si concentrano su rimedi singoli adattati ai sintomi e alla costituzione specifica del paziente. Inoltre anche in caso della necessaria assunzione di farmaci salvavita, l’Omeopatia non presenta alcun problema di interazione o inferenza con essi.

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