Una grave emergenza sanitaria sta interessando la Repubblica Democratica del Congo, dove una malattia inizialmente non identificata ha colpito la regione di Panzi, nella provincia di Kwango. Il bilancio attuale riporta 592 casi registrati da ottobre, con 143 vittime e un tasso di mortalità del 6,2%. La situazione ha generato preoccupazione a livello internazionale, con il Ministero della Sanità congolese che ha recentemente annunciato di aver risolto il mistero: secondo le autorità locali si tratterebbe di una forma grave di malaria che si manifesta come malattia respiratoria, aggravata da condizioni di malnutrizione.
Tuttavia, l’Organizzazione Mondiale della Sanità mantiene una posizione più prudente, sottolineando che le cause non sono ancora state determinate in modo definitivo e che sono in corso ulteriori test di laboratorio.
Il quadro clinico della malattia si è manifestato tra il 24 ottobre e il 5 dicembre, colpendo principalmente la popolazione infantile, in particolare bambini sotto i cinque anni di età. I pazienti presentano un complesso di sintomi che include febbre, difficoltà respiratorie, mal di testa, tosse, rinorrea e dolori muscolari, con casi di anemia nei malati più gravi. Un elemento significativo emerso dalle analisi è che tutti i casi più severi sono stati riscontrati in persone che già soffrivano di grave malnutrizione, evidenziando come la crisi alimentare che affligge la regione stia amplificando l’impatto dell’epidemia.
La gestione dell’emergenza è complicata da diversi fattori logistici e strutturali. L’area colpita si trova in una zona rurale remota, distante circa 48 ore dalla capitale Kinshasa, con l’accesso ulteriormente ostacolato dalla stagione delle piogge in corso. Queste difficoltà, unite alla limitata capacità diagnostica del paese, alla scarsa copertura vaccinale e al limitato accesso a farmaci e dispositivi di protezione, stanno rallentando significativamente gli sforzi di identificazione e controllo del focolaio.
La situazione in Italia
La situazione ha avuto ripercussioni anche in Italia, dove si sono registrati tre casi collegati. I primi due pazienti, ricoverati rispettivamente all’ospedale San Luca di Lucca e all’Azienda Ospedaliera di Cosenza, sono completamente guariti dopo aver manifestato sintomi simili a quelli riscontrati in Congo.
Più grave invece il caso più recente registrato in Veneto, dove una persona di 55 anni è deceduta per febbre con emorragia dopo essere rientrata da Kinshasa. Secondo quanto riportato dal Ministero della Salute e dall’ISS, il paziente non aveva cercato assistenza medica dall’insorgenza dei sintomi fino al loro aggravamento. In risposta, la Regione Veneto ha attivato le misure di sorveglianza sanitaria previste dal protocollo, incluso l’isolamento fiduciario per l’unico contatto noto.
L’Italia ha rafforzato le misure di controllo, aumentando la sorveglianza nei punti di ingresso portuali e aeroportuali per i viaggiatori provenienti dal Congo. È stato inoltre istituito un team di coordinamento tra il Ministero della Salute e l’ISS per monitorare l’evolversi della situazione. L’Istituto Spallanzani e l’ISS stanno conducendo accertamenti approfonditi sui casi italiani.
A livello internazionale, l’OMS ha mobilitato un team di risposta rapida sul campo e sta coordinando gli sforzi diagnostici, con campioni in fase di analisi presso il laboratorio di Kinshasa. Nel frattempo, sono state avviate misure di supporto immediate, tra cui la distribuzione di farmaci antimalarici negli ospedali e nei centri sanitari della zona di Panzi, mentre sono in arrivo ulteriori kit sanitari per la gestione dei casi moderati e critici. Secondo le valutazioni dell’OMS, il rischio di diffusione rimane alto per le comunità direttamente colpite, moderato a livello nazionale congolese, ma basso per quanto riguarda la diffusione regionale, europea e globale.