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26 Settembre, 2024

Molecole di Emozioni

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Nell’anno 2000 venne edito in lingua italiana un libro assolutamente basilare per gli studiosi di medicina psicosomatica: Molecole di Emozioni” della neuroscienziata americana Candace Pert.
Il testo dell’opera contiene la prova scientifica, su base biochimica, della reale esistenza d’una connessione fra la mente ed il corpo.

Le origini delle ricerche

Punto di partenza dei suoi studi, condotti dall’inizio degli anni 70 presso la John Hopkins University, fu la ricerca dei recettori dell’oppio.
Questi furono trovati il 25 ottobre del 1972, in seguito la dr.ssa Pert scoprì che l’intera classe di droghe cui appartiene l’oppio, definite oppiacei, quali la morfina, la codeina e l’eroina si attaccano al medesimo recettore ed emerse anche il fatto che i recettori sono dislocati in tutto il corpo, non solo nel cervello, per cui la domanda che lei si pose fu: quali sono le sostanze naturalmente presenti nell’organismo che si legano a questi recettori?

Gli sviluppi

I suoi studi si focalizzarono nella scoperta di uno degli oppiacei propri del cervello, la beta endorfina prodotta dal DNA delle cellule cerebrali ed è composta di peptidi (molecole composte di aminoacidi) per cui è un neuropeptide. Una volta sintetizzato esso scorre lungo i cilindrassi fino ad essere immagazzinato in piccoli alvei in attesa che opportuni stimoli fisio elettrici ne facilitino il rilascio.

Finora sono stati scoperti circa un centinaio di neuropeptidi, tutti specializzati.
Sino a tempi abbastanza recenti si riteneva che le informazioni si diffondessero nel sistema nervoso centrale solo attraverso lo spazio sinaptico ch’è il punto di giustapposizione fisica dei neuroni, in realtà si è scoperto che esiste una rete informativa molto più complessa.

Quando un neurone rilascia neuropeptidi questi possono agire a molta distanza dalle cellule che li hanno sintetizzati. Ogni momento nel corpo sono presenti in circolo molti neuropeptidi in grado di legarsi ai rispettivi recettori e sono, pertanto, il meccanismo che determina lo scambio di informazioni all’interno dell’organismo.

Il rapporto tra neuropeptidi e zone recettrici specializzate è stato paragonato a quello fra “chiave e serratura” perché essi entrano in contatto solo con quei recettori specializzati che corrispondono alla loro configurazione molecolare. Ciò determina un sistema di comunicazione in cui i neuropeptidi “parlano” e i recettori “ascoltano”.

Le emozioni sono mediate dal sistema limbico del cervello. Ad esso appartengono quelle regioni che comprendono l’ipotalamo, l’ipofisi e l’amigdala.
Gli esperimenti che dimostrarono le connessioni tra le emozioni e il sistema limbico furono realizzati per la prima volta da Wilder Penfield ed altri neurologi, che lavorarono con soggetti consapevoli, vigili e svegli.
Penfield e colleghi riscontrarono che, utilizzando gli elettrodi per la stimolazione della corteccia in corrispondenza dell’amigdala, riuscivano a suscitare una intera gamma di manifestazioni emotive: forti reazioni di dolore, sofferenza fisica, tristezza, piacere, accompagnate da ricordi intensi, ed anche da fenomeni somatici di stati emotivi.

Nel disegnare la mappa dei recettori di oppiacei nel cervello Pert e colleghi trovarono che il sistema limbico presentava numerosi recettori di oppiacei (ed anche di altro tipo): l’amigdala e l’ipotalamo possiedono una quantità di recettori di oppiacei 40 volte superiore ad altre regioni del cervello. Questi “hot spots” [punti caldi] corrispondono a nuclei o gruppi cellulari altamente specializzati, coinvolti, ad esempio, nella fisiologia del comportamento sessuale, dell’appetito e dell’equilibrio idro-salino del corpo.

Sono stati individuati, come visto prima, circa un centinaio di neuropeptidi. Molti di essi sono i naturali corrispettivi delle droghe psicoattive ma un’altra fonte importante – e insospettata – è costituita dagli ormoni. Storicamente si è ritenuto che gli ormoni fossero prodotti da ghiandole e si presumeva che un ormone fosse immagazzinato in una certa sede del corpo, per poi raggiungere il suo recettore in un’altra parte dello stesso organismo. L’ormone più importante è l’insulina, che viene increto dal pancreas. Di esso si è scoperto che è un neuropeptide, prodotto e immagazzinato nel cervello, e il cervello è sede di recettori di insulina. Quando si disegna la mappa dell’insulina, si trovano “hot spot” nell’amigdala e nell’ipotalamo.

Il sistema limbico, sede delle emozioni nel cervello, è anche il punto focale dei recettori di neuropeptidi.
Studiando la distribuzione dei recettori è apparso evidente che esistono altre zone, definite punti nodali, ricche di recettori di neuropeptidi, collocate anatomicamente in aree che ricevono una consistente modulazione emotiva.
Uno di essi è il corno posteriore del midollo spinale, lo “spot” in cui arriva l’informazione sensitiva ch’è la prima sinapsi all’interno del sistema nervoso centrale in cui viene elaborata l’informazione tattile-sensitiva.

Potenzialmente, per tutti i sensi di cui conosciamo la regione di ingresso, lo “spot” è sempre un punto nodale per recettori di neuropeptidi.

L’angiotensina è un altro ormone che si è scoperto essere un neuropeptide. Quando si disegna la mappa dei recettori di angiotensina nel cervello, si riscontrano minuscoli “hot spot” nell’amigdala. Da tempo è noto che l’angiotensina media la sete, per cui se si infila un tubicino in una regione del cervello di un ratto ricca di recettori di angiotensina, e vi si introduce lentamente una piccola quantità di angiotensina, entro 10 secondi il ratto inizierà a bere acqua, quindi, da un punto di vista chimico, l’angiotensina induce uno stato di coscienza alterato che spinge gli animali (e gli uomini) a bere. In altri termini, i neuropeptidi sono in grado di produrre nuovi stati di coscienza e di alterarli.

I recettori di neuropeptidi non hanno dunque sede solo nel cervello, ma anche nel corpo. Sul piano biochimico è stato scoperto che nel rene esistono recettori di angiotensina identici a quelli presenti nel cervello, e – in un modo non ancora del tutto chiaro – i recettori situati nel rene conservano acqua.

Il punto è che il rilascio del neuropeptide angiotensina  induce sia il comportamento del bere che la conservazione interna dell’acqua. Ecco un esempio di come un neuropeptide – che probabilmente corrisponde a uno stato d’animo – può integrare ciò che avviene nel corpo con ciò che accade nel cervello

Considerazioni generali

La tesi di fondo è che i neuropeptidi costituiscono la base fisiologica per le emozioni. Come Candace Pert ed i suoi colleghi hanno scritto   nell’articolo “Neuropeptides  and their receptors: a Psychosomatic Networkpubblicato sul “Journal of Immunology”, 135, n. 2 (agosto 1985): “lo schema dei recettori di neuropeptidi nelle regioni cerebrali che regolano lo stato d’animo, come pure il ruolo di questi nel mediare la comunicazione attraverso l’intero organismo, rende i neuropeptidi i naturali candidati alla mediazione biochimica delle emozioni. Potrebbe anche darsi che ciascun neuropeptide favorisca l’elaborazione delle informazioni unicamente nel caso in cui occupi recettori situati in punti nodali tra cervello e corpo. Se è così, ogni neuropeptide potrebbe suscitare un “tono” unico, [unique tone] equivalente ad uno stato d’animo    ( C. B. Pert, M. R. Ruff, R. J. Weber, M. Herkenham, op.cit.)“

Se accettiamo l’idea che i peptidi e le altre sostanze informazionali siano la base biochimica delle emozioni, la loro distribuzione nel sistema nervoso ha una portata estremamente vasta, Il corpo s’identifica con l’inconscio!

I traumi repressi causati da una sovrabbondanza di emozioni possono restare immagazzinati in una parte del corpo, influenzando in seguito la nostra capacità di percepire quella parte o addirittura di muoverla. Le nuove ricerche in corso suggeriscono l’esistenza di un numero quasi illimitato di vie attraverso le quali la mente cosciente può accedere all’inconscio e al corpo e modificarlo.

Nell’ambito dei rivoluzionari studi di Candace Pert è stato scoperto che tutti i recettori di neuropeptidi  si trovano anche sui monociti umani. Questi ultimi possiedono recettori per oppiacei, per PCP (comunemente chiamata “polvere d’angelo”),  per  la bombesina, etc. Appare evidente che queste sostanze biochimiche in grado di influire sulle emozioni controllano effettivamente il percorso e la migrazione dei monociti, il cui ruolo nel sistema immunitario è fondamentale: comunicano con le cellule B e le cellule T, interagiscono nell’intero sistema per contrastare le malattie, distinguere tra io e non-io e decidere, ad esempio, quale parte del corpo è una cellula tumorale da sopprimere attraverso le cellule killer naturali, e quali parti hanno bisogno di essere curate.

Inoltre le cellule del sistema immunitario non solo hanno i recettori per questi diversi neuropeptidi, ma sono anche in grado di produrli. Esistono sottoinsiemi di cellule immuni che producono beta endorfine, per esempio, ed altri peptidi oppiacei. In altre parole, queste cellule immuni producono le stesse sostanze chimiche che immaginiamo controllino lo stato d’animo nel cervello. Esse regolano l’integrità dei tessuti del corpo, e nello stesso tempo producono le sostanze chimiche che controllano lo stato d’animo. Ancora una volta, mente e corpo

Conclusioni

Candace Pert: “Siamo tutti consapevoli del pregiudizio costruito intorno all’idea occidentale che la coscienza abbia sede esclusivamente nella testa. Credo che i risultati della mia ricerca, che ho fin qui esposto, ci suggeriscano di cominciare a riflettere sui modi in cui la coscienza può essere proiettata in varie parti del corpo. Quando documenteremo il ruolo essenziale svolto dalle emozioni – espresse attraverso molecole neuropeptidiche – nell’influenzare il corpo, diverrà evidente che le emozioni possono essere una chiave per la comprensione della malattia.

La mia tesi è che le tre aree tradizionali della neuroscienza, dell’endocrinologia e dell’immunologia, con i relativi vari organi – il cervello (che è il principale organo studiato dai neuroscienziati), le ghiandole e il sistema immunitario (di cui fanno parte la milza, il midollo osseo, i linfonodi ed ovviamente le cellule che circolano nel corpo) – che queste tre aree sono effettivamente collegate una all’altra in una rete di comunicazione bidirezionale e che i “vettori” dell’informazione sono i neuropeptidi. Vi sono substrati fisiologici, oggetto di studi approfonditi, che dimostrano l’esistenza di una comunicazione in entrambe le direzioni, per ciascuna di queste aree e per i singoli organi. Alcune ricerche risalgono a diverso tempo fa, altre sono recenti.

La parola che vorrei sottolineare, in relazione a questo sistema integrato, è “network”, un termine che proviene dalla teoria dell’informazione. Poiché ciò di cui abbiamo discusso finora è informazione. Nel riflettere su questi problemi, quindi, potrebbe avere maggior senso accentuare la prospettiva della psicologia – lo studio della mente, letteralmente – piuttosto che della neuroscienza. Una mente è composta di informazioni, ed ha un sostrato fisico, che è il corpo e il cervello; essa inoltre possiede un altro sostrato immateriale, che ha a che fare con il flusso delle informazioni. Probabilmente, quindi, la mente è l’insieme delle informazioni che fluiscono fra tutte queste parti del corpo; e forse è la mente che tiene insieme il “network”

“Il concetto di rete, sottolineando l’interconnessione di tutti i sistemi dell’organismo, schiude una gamma di implicazioni così vaste da infrangere i limiti del paradigma tradizionale. Nel lessico popolare questo genere di connessioni tra corpo e cervello viene definito da tempo come “potere della mente sul corpo”, ma alla luce delle mie ricerche una definizione del genere non descrive con precisione quello che accade: la mente non domina il corpo ma diventa corpo, in quanto corpo e mente sono una cosa sola…il corpo è la manifestazione esteriore della mente nello spazio fisico”

Letture consigliate: Candace B. Pert, Molecole di emozioni

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