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17 Ottobre, 2020

La medicina è una priorità della spesa pubblica

RedazioneRedazione
Intervista sull'impatto sociale della medicina alla professoressa Vera Negri Zamagni, autorevole storica dell’economia europea

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La salute è un bene. Lo è alla stregua dell’acqua, alla stessa stregua dei beni a destinazione universale… ma forse sarebbe meglio dire dovrebbe esserlo. E’ fuor di dubbio che si tratta di un “bene” con una valenza sociale profonda, tant’è che il peggioramento o il miglioramento, delle condizioni generali di salute della popolazione,  ha effetti diretti sul tessuto sociale, sulle implicazioni economiche e sulle dinamiche anche a breve, medio e a lungo termine che la stessa società esprimerà nel futuro. Così la Professoressa Vera Negri Zamagni, in una bella intervista rilasciata a interris focalizza nella necessità di rivedere l’insieme degli orientamenti degli stati sull’organizzazione della sanità.

“La pandemia ci aiuta a riscoprire che ci sono delle priorità nella spesa pubblica e la medicina è certamente una di queste”.

La pandemia ci aiuta a riscoprire il ruolo della medicina

“Ci eravamo tanto cullati in una illusione. E cioè che bastassero ospedali molto attrezzati per preservare al meglio la salute della popolazione. Aiutati in Italia da una dieta più salutare di quella di tanti altri paesi e da un clima più mite. Invece, ci siamo resi conto che bisogna essere pronti a fronteggiare malattie infettive ignote. E soprattutto, che gli ospedali non vanno intasati con pazienti che possono essere curati in altre strutture più agili”.

Negli ultimi venti anni abbiamo assistito ad un progressivo ridimensionamento delle risorse, a tagli ed a trasformazione delle unità sanitarie locali in aziende sanitarie. Il covid ci ha messo difronte alla necessità di rivedere questo orientamento, mostrando tutti i limiti di un sistema, poco propenso alla gestione della prevenzione ed all’educazione della popolazione.

“Come ci sono priorità nella spesa pubblica, ci sono anche priorità nei consumi privati. I cittadini devono essere consapevoli che l’allungamento degli anni di vita ha dei costi. E questi costi vanno coperti. Perciò i cittadini devono essere pronti a restringere i consumi di gadget. Magari piacevoli, ma non utili per la salute”.

“Occorre che scelgano comportamenti ‘virtuosi’. In termini di alimentazione e di attività fisica. Comportamenti che fanno ammalare di meno e mantengono l’equilibrio fisico più a lungo. Nessuno si augura di vivere lunghi anni in carrozzella o allettato. A volte si viene colpiti a qualunque età da malattie che non possono essere evitate. E di fronte a queste occorre dispiegare tutta la cura possibile. Ma troppo spesso sono gli stili di alimentazione, di attività fisica, di consumi impropri (tabacco, alcol, droghe, etc..) che rendono faticosi e spiacevoli tanti anni di vita. E hanno costi elevatissimi per la comunità. Occorre quindi che i cittadini mostrino maggiore responsabilità nei confronti della propria salute”.

Serve un salto di qualità nel modo di pensare alla salute

“A quanto già detto, va aggiunto che la salute non è un bene che si possa salvaguardare solo a livello individuale. Questo si vede molto bene nelle epidemie. Perché chi è colpito diventa origine di malattia per gli altri. Ma anche le altre malattie sono sempre fonte di disagio ‘sociale’. Perché mobilitano parenti per la cura. Perché fanno mancare l’apporto della persona malata alla società. Perché distruggono famiglie”.

“Va tenuto presente un elemento fondamentale. I presidi ospedalieri, le ricerche sulle malattie, la produzione farmaceutica sono tutte attività intrinsecamente sociali. I paesi che meglio affrontano la spesa sanitaria sono quelli che offrono servizi per tutta la popolazione finanziati con la tassazione. Ossia con il contributo di tutti. Da qui la responsabilità individuale di pagare le tasse da un lato. E dall’altro di realizzare comportamenti che non facciano aumentare sconsideratamente la necessità di spesa”.

Quale lezione sanitaria e sociale è possibile trarre dalla pandemia?

“Le lezioni sono quelle già indicate, a cui ne aggiungerei un’ultima. La salute si protegge non solo con un ben organizzato sistema sanitario ex-post (per curare la gente che si è ammalata). Ma anche con attività di prevenzione ex-ante. Occorre educare i giovani, e i meno giovani, ad una sana alimentazione. Ad attività che rafforzino il fisico (già i romani dicevano ‘mens sana in corpore sano’!). A stili di vita che onorino gli sforzi fatti da tanti scienziati per allungare la vita, rendendola degna di essere vissuta. Alla comprensione che si vive meglio collaborando alla salute di tutti, come al benessere materiale e spirituale di tutti”.

 

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