Un recente studio conferma indirettamente la correlazione tra polveri sottili e infezione Sars Cov-2. Dopo quello pubblicato dall’AEA (Agenzia europea dell’Ambiente) a dicembre, una nuova ricerca documenta i danni dell’inquinamento atmosferico in Europa ed in particolare nella città del nord Italia. Secondo i dati elaborati dai ricercatori dell’Università di Utrecht, del Global Health Institute di Barcellona e del Tropical and Public Health Institute Svizzero, Brescia e Bergamo hanno il tasso di mortalità da particolato fine (PM2.5) più alto in Europa; tra le prime dieci città ci sono anche Vicenza (al quarto posto) e Saronno (all’ottavo). Per quanto riguarda le morti premature per NO2, invece, ci sono Torino (al terzo posto) e Milano (al quinto). Il lavoro è stato pubblicato su The Lancet Planetary Health e finanziato dal Ministero per l’innovazione spagnolo e dal Global Health.
Lo studio analizza i dati di 969 città e 47 metropoli. I ricercatori del Global Health ritengono che riducendo i livelli di inquinamento dell’aria sotto la soglia indicata dall’Organizzazione mondiale della sanità si potrebbero evitare 51.213 morti l’anno per esposizione a PM2.5 e 900 per NO2. Con politiche più ambiziose si potrebbero prevenire fino a 125mila decessi all’anno intervenendo sui livelli di PM 2.5 e fino a 80mila morti all’anno, riducendo ulteriormente i livelli di NO2.
Un secondo studio scientifico fornisce una conferma ancora più stringente del precedente. In esso si sostiene la correlazione diretta tra malattia Covid e PM 2.5. Lo studio è stato condotto da alcuni ricercatori italiani, tra cui Mauro Minelli e Antonella Mattei. Il prof Minelli, immunologo e visitor professor di immunologia clinica nell’Università di studi Europei “J.Monnet” e la dottoressa Mattei, ricercatrice di Statistica Medica presso il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università degli Studi dell’Aquila, sostengono la tesi che “gli individui permanentemente esposti a livelli medi o alti di PM2.5 sviluppano, per una alta espressione di ACE2, una sorta di automatica protezione contro l’infiammazione polmonare prodotta da PM2.5 per la micidiale composizione chimica di questa miscela di microinquinanti. Tale particolarità, tuttavia, può non risultare del tutto utile e vantaggiosa nel caso in cui, come accade col Covid-19, il virus responsabile della malattia utilizzi proprio l’ACE2 come recettore della internalizzazione cellulare. Dunque, ACE2 è la ‘serratura’ attraverso la quale il Covid ‘inganna’ la cellula umana, penetra al suo interno, la infetta e, conseguentemente, innesca tutto il processo patologico che caratterizza il quadro clinico”. A questo va aggiunto che “le differenze individuali relative alla distribuzione e alla funzionalità di ACE2 potrebbero spiegare, almeno in parte, la diversa entità dei quadri sintomatologici variamente espressi dai soggetti colpiti. Nei bambini, per esempio, è stato ipotizzato che la loro minore vulnerabilità rispetto al nuovo coronavirus sia imputabile proprio al fatto che i recettori ACE2 possano non essere così sviluppati, ovvero avere conformazione diversa rispetto a quelli degli adulti. E ciò renderebbe più difficile la connessione tra lo spike del virus e la serratura d’ingresso nelle cellule”
L‘esposizione al PM 2.5 stimola dunque la produzione nel corpo umano della proteina ACE2 necessaria alla protezione dell’organismo dai danni delle polveri sottili; tale proteina è nota come serratura d’ingresso del virus Sars cov-2 e ritenuta responsabile del suo ingresso agevolato nel corpo. Per chi volesse approfondire lo studio è stato pubblicato da International Journal of Enviromental Research and Public Health.
Lo studio evidenzia come l’emergenza sanitaria in corso sia strettamente connessa ad uno specifico fattore inquinante. Le città del nord potrebbero dunque essere più colpite a causa della massiva esposizione ad alti livelli di PM2.5. È per questo motivo allora che in zone inquinate come Taranto, caratterizzate da bassi livelli di PM2.5, la diffusione della malattia non è stata così elevata come in Lombardia e Veneto, dove questi livelli sono più alti. La reale impossibilità ad abbattere significativamente questo tipo di inquinamento potrebbe giustificare il perdurare dell’epidemia come sostiene la dr.ssa L. Bolgan nella seguente intervista all’emittente ByoBlu.
Da decenni l’84% della popolazione delle città europee è esposta a livelli di inquinamento da PM 2.5 e NO2 superiori ai limiti legislativi. Le strutture sanitarie non sono in grado da sole a porre rimedio alle gravi conseguenze del danno ambientale. Cosa stanno concretamente facendo le amministrazioni territoriali per proteggere i cittadini dai danni ambientali alla salute drammaticamente resi evidenti dall’epidemia in corso? Quali azioni mirate intendono intraprendere per ridurre l’inquinamento atmosferico?