Green pass rinforzato a stretto contatto

23 Gennaio, 2022
Tempo di lettura: 6 minuti

Le nuove disposizioni contenute nel decreto denominato Green Pass base e poi nuovo Green Pass rinforzato diventato poi Super Green Pass e Mega Green Pass, a secondo degli andamenti dell’onda epidemica, riguardano anche disposizioni e raccomandazioni sul contatto tra persone. 

La distanza è un elemento fondamentale che determina il rischio di contagio e già in passato è stato dibattuto dalle massime autorità in materia quale possa essere quella minima sufficiente per arginare la diffusione del virus.  

Gli scienziati hanno stabilito attraverso complesse valutazioni, che 100 cm. possano rappresentare una distanza minima accettabile per limitare i contagi.

Un dubbio però è insorto fin da subito. Qualora i contatti siano più ravvicinati di un metro, cosa piuttosto frequente nella vita quotidiana e anche notturna di ognuno di noi, come gestire al meglio la inevitabile vicinanza? Le situazioni e le circostanze che regolano le relazioni fisiche umane pongono alla scienza alcune serie complessità.

LA SICUREZZA

Se siamo tutti sani non dovrebbe esserci nessuna limitazione. Quindi i famigliari, gli amici, i conoscenti e tutte le situazioni che comportano un contatto ravvicinato, non dovrebbero avere esitazioni o inibizioni indotte dalla paura del contagio e quindi potrebbero avvicinarsi tra loro in sicurezza e attivare i soliti scambi affettivi o relazionali.  

Ma si sa la realtà è sempre diversa dalle intenzioni e specialmente dalle previsioni e poi non siamo tutti in ottima salute: la percezione di essere sani è in vistoso calo. 

Un semplice starnuto determina nell’umano contemporaneo un allarme istintivo, l’allontanamento subitaneo dalla fonte del sospetto contagioso e una viscerale reazione di condanna. Si sa lo starnuto, un colpo di tosse e altri riflessi sono per definizione involontari e tutti sappiamo cosa vuol dire cercare di trattenere la tosse quando un devastante solletico in gola ti fa lacrimare a profusione, cosa anche questa riprovevole specie in un contesto pubblico.

Quindi queste regole oramai diventate familiari determinano un vistoso condizionamento delle relazioni, specialmente al disotto del 45° parallelo.

I TRASPORTI

C’è un altro serio problema. In metropolitana, sul tram, su un treno o banalmente sul lungolago affollato di turisti, è complicato individuare ed evitare un caso di Covid che gli scienziati definiscono probabile. 

Le disposizioni recenti recitano: una persona che ha fatto un viaggio in treno, aereo o su un qualsiasi altro mezzo di trasporto a due posti di distanza da chi è poi risultato positivo al Covid, ma anche il personale addetto al controllo della sezione dell’aereo, del treno, del mezzo dove il caso di Covid era seduto.

Visto che il tracciamento attraverso la famigerata app Immuni è miseramente fallito, bisognerebbe avere un sistema di rilevamento molto sofisticato per individuare il virus “a naso”. Anche in famiglia come si fa a sapere se tuo fratello che è appena tornato dal liceo dopo un tratto in tram è esente da malattie infettive?

Sui contatti stretti c’è poco da fare. O li hai o li eviti. 

La posizione ottimale è quella dell’eremitaggio, dove il virus altrui non si azzarda a raggiungerti e ci accontentiamo dei nostri con i quali siamo più in confidenza. 

Ma il territorio è quello che è, specie in Italia dove la densità della popolazione, anche se in vistoso calo per il crollo demografico, è pur sempre elevata.

FACCIA A FACCIA

Le disposizioni sono chiare: una persona che ha avuto un contatto diretto — rimanendo per esempio faccia a faccia con il contagiato — a una distanza minore di 2 metri e per almeno 15 minuti… che deve fare? 

Come si fa a sapere se il tuo commercialista ha il tampone positivo? Non credo sia tanto disposto a comunicare l’onta di essere contagioso e perdere i suoi migliori clienti che sono ovviamente i più abbienti e i più impauriti. Lui i calcoli li sa fare.

Se non stai faccia a faccia ma di schiena limiti gli eventuali danni. Ma dove si sta schiena contro schiena? A volte sul treno, mentre sul taxi vedi solo la schiena del tassista, che però ti è vicino e parla parla con la sua collaudata mascherina del traffico sotto le feste natalizie.

Il faccia a faccia ravvicinato è quindi parecchio pericoloso e se ami ancora tuo marito devi superare la barriera che ti porta in un territorio dove pullulano miliardi di germi. O ti liberi del marito oppure speri che i suoi virus siano benevoli nei tuoi confronti e che l’amore vinca sopra ogni cosa. Prima del Covid non sapevi neanche come fosse fatto un virus adesso sai a memoria tutte le varianti non solo locali ma internazionali e la loro pericolosità. 

I VETTORI

I contatti vettoriali sono ugualmente soggetti a rischi. Se all’inizio della pandemia si dissertava animosamente sui tempi di permanenza del virus sui vari tipi di superficie, portandoci a un uso frenetico delle sostanze antisettiche e disinfettanti, ora ci sono regole più definite. 

Con l’ultimo decreto si sancisce che non si possono più consumare popcorn al cinema. Inserire la mano anche con il guanto di plastica, nel mastellone unto, non è più consentito. 

Anche i buffet sono a rischio. Se fai colazione in un hotel vedrai il personale affannarsi a servire al tavolo il cliente bramoso di accumulare crostate, brioche, uova fritte, fette di pan tostato da ricoprire con strati burro e marmellata, nel suo piatto. 

Ma il cliente non sarà mai soddisfatto. Arginare l’agognato avvicinamento al delizioso buffet diventa impossibile anche da parte del più abile controllore. 

BIOLOGIA E RELAZIONI

Oramai ci siamo anche dimenticati come si fa a darsi la mano. Un gesto che prima era automatico, un segno di vicinanza, di intesa e di comunicazione, ora vien fatto furtivamente evitando di essere colti nel deprecabile gesto. 

Un rapido pugnetto contrapposto è la penosa pratica che viene accettata in pubblico come sublimazione del contatto manuale. Non parliamo poi dei baci e delle carezze che fanno parte di un’altra era. Tutti i fobici del contatto fisico tirano un sospiro di sollievo, non sono più i soli a indietreggiare quando si cerca di lambire la pelle altrui.

Sappiamo che l’organismo umano, cute compresa, è un vero e proprio universo in cui vivono batteri, funghi, virus e altri microrganismi. Basti pensare che le cellule del microbiota sono molto più numerose di tutte le cellule che compongono il corpo umano. In un certo senso sarebbe giusto dire che appartengono al nostro organismo e non sono esseri a sé stanti. Ne fanno parte essenziale perché senza di essi moriremmo tutti in un battito d’ali, altro che pandemia. 

È un po’ strano che la comunità scientifica (entità sempre citata ma fortemente astratta) non consideri questo aspetto come merita. 

Il microbo viene sempre o quasi considerato come nemico e combattuto strenuamente, in un’ottica sempre più lontana dalla realtà biologica che pullula di vita. Visto che batteri, virus e funghi sono indispensabili alla nostra sopravvivenza, non si capisce bene perché si fa di tutto per andare verso un mondo sterile. 

La sterilizzazione degli alimenti, degli oggetti, degli indumenti, dei corpi, l’uso improprio degli antibiotici, ha l’obiettivo di colpire indiscriminatamente il malcapitato germe che ha osato infestare l’area vitale umana.

Ma un sindacato del germe utile non esiste? 

IN ATTESA DI UN FUTURO MIGLIORE

Una risposta inquietante proviene dal mondo dei più piccoli. Agli inizi del millennio andava in auge un libro che dava consigli sull’insonnia dei bambini. In sostanza l’idea era quella di lasciare piangere il bambino quando si sarebbe svegliato in piena notte, senza aver contatto con lui, lasciandolo insieme al suo orsetto preferito. I risultati si sono presto fatti vedere, bambini traumatizzati che hanno smesso di piangere la notte, ma colti da fatali tristezze abbandoniche di giorno. 

Come è possibile che la negazione del contatto fisico ovvero delle primarie esperienze di vicinanza fisica non possa causare un serio malessere nella popolazione pediatrica che prima o poi dovrebbe diventare adulta?

Ora i bambini portano con disinvoltura la mascherina, tengono le distanze dovute, non si scambiano più affettuosità, inneggiano ai vaccini spinti dai genitori in vista di una nuova società asettica.

Il declino inesorabile della fertilità maschile, unito alla eliminazione delle specie di fauna selvatica che è responsabile di essere il “serbatoio” dei virus pandemici, insieme ad altri accorgimenti di sterilizzazione di massa, ci stanno portando verso un altro mondo. È un deciso progresso verso il futuro cosmico e tecnocratico.

Considerato che un viaggio su Marte programmato ai giorni nostri non a caso dura nove mesi, si potrebbe pensare non solo a un turismo spaziale ma alla realizzazione di una vera e propria città marziana. 

Non è una boutade fantascientifica, ma la proposta di colonizzare il pianeta rosso nel giro di dieci anni. Neanche Asimov sarebbe arrivato a tanto.

In questo modo si potrà concepire sulla terra (sempre che sia concesso dai limiti del distanziamento) per poi partorire su Marte, in una fantastica clinica ostetrica marziana, così si può fare a meno anche del tristo Green Pass e sfruttare le ricche risorse energetiche del pianeta senza il rischio di infettarsi.

C’è un problema: un viaggio su Marte costerebbe 10 miliardi di dollari a persona, non proprio a buon mercato.  Lo propone Elon Musk che ha un patrimonio di 273 miliardi di dollari. Fatte le debite proporzioni è come se un possessore di un conto di 273.000 € ne spendesse 10.000 per le vacanze. 

Ma i prezzi si stanno già abbassando, se si mandano 100-200 persone dovrebbero arrivare a 200.000 dollari pro capite per la sola andata: il viaggio di ritorno non è contemplato

 

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