Agnus castus e “il grande affronto”

8 Marzo, 2024
Tempo di lettura: 2 minuti

LEI:

L’abbraccio, lo tiro a me, gli sono addosso, poi sopra di lui a guaina di seta. Lo bacio sul collo, lo accarezzo, lo mordo.
Ho voglia di fare l’amore, voglia improvvisa e viscerale.
Lo tiro a me, ma sembra un sacco sconcio e senza forze. Ha gli occhi chiusi, non parla, gli esce solo una frase definitiva: “Non mi va ora”.
Svogliato, assente, freddo e goffo, seccato e immobile.
Mi blocco subito, mi stacco da lui mettendomi supina, col fiato ansimato, che mi alza il seno e  le costole come un onda.

Quanto è difficile trovare le parole giuste, pensai.
Parole semplici, che non accusano, che non offendono, che non rimproverano.
Parole che non cercano il colpevole né scuse, e che non cadano nel vuoto assoluto.
Parole che diano conforto, ma che dicano le cose come stanno, nel perdonare e comprendere.
Silenzio.

Comprendere un uomo non giovane, ma né âgé.
Un uomo sempre roccioso e risoluto, capace e testardo, granitico.

Ora mi appare fragile e dimesso che non trova più la sessualità nei meandri della sua libido che lo ha sempre accompagnato in questi anni. A volte automatica senza pathos, ma a volte ispirata dall’amore misto al desiderio assoluto di prendermi.

Si gira su un fianco dandomi le spalle, non vuole spiegarmi nulla, per cui spengo l’abat-jour fine Ottocento, spegnendo così ogni sua e mia parola.
So perfettamente quello che pensa e sente, non ha bisogno di parlarmi, sa che io so.
Sa che sento il suo avvilimento per queste settimane che passano così senza sesso, sa che lo comprendo, e sa anche che lo desidero come in mare lo facemmo la prima volta.
Sì in mare, in un bagno al tramonto del Gargano, anno 1992.

Poi cala una fase di misteri, giorni di uscite primo pomeriggio, senza darmi spiegazioni, di medicine prese e nascoste nel suo ufficio di avvocato a Fontenuova, di analisi cliniche penso fingendo di andare da un cliente.

LUI:

Andare dal l’andrologo non fu cosa semplice. Difficile trovarlo. Chiesi al medico di base.

Ma cascai bene, sapeva di Omeopatia come di Allopatia, e mi chiese subito quale preferissi.

Scelsi immediatamente la prima, perchè cresciuto da mia madre e dal suo medico omeopata del tempo solo con farmaci omeopatici, superando egregiamente febbri, faringiti, otiti, bronchiti e quant’altro ti porta l’infanzia.

La visita classica però non la potetti evitare, prima “il grande affronto”, la palpazione e tutte le domande di rito: “Si alza di notte per urinare, ha getto, ha impellenza, va spesso, ha erezioni spontanee, ha bisogno di emozioni forti per avere un rapporto, quanto dura un rapporto” … e via così.
Seguirono varie fasi di terapia ora con gli stessi farmaci omeopatici, ora con altri.

Osservai tutto scrupolosamente compresa l’ecotransrettale, e altre manovre che mi risparmio di ricordare.
Partimmo con Agnus castus, passammo a Selenium, toccammo Chimaphila umbellata, poi Sabal serrulata e come fitoterapico Serenoa repens.
Un lavoro terapeutico di tre mesi, compresa una dieta disintossicante per perdere peso, e l’imperativo di riprendere a frequentare la palestra almeno due volte a settimana.

Fa freddo ora, le coperte ostacolano i movimenti, ma mi sento pronto, desideroso, accaldato, innamorato.
Lei dolcissima come sempre mi accoglie senza far domande, mi allaccia tra le sue esili braccia di femmina abbandonata, e ….

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