Un giorno Hahnemann e Melanie decisero di lasciare la Germania e partire per Parigi. Il viaggio in carrozza fu lungo e faticoso. Dopo quattordici giorni, ormai in vicinanza della capitale francese, il medico tedesco scese dalla carrozza in cerca di un luogo appartato per espletare un bisognino urgente. Si inoltrò nel bosco e, percorsi un centinaio di metri, raggiunse una quercia. In giro non c’era anima viva. Hahnemann si tolse i pantaloni ed era sul punto di calarsi le lunghe mutande di lana, quando Dante gli apparve davanti dicendo: “Nel mezzo del cammin di nostra vita/ mi ritrovai per una selva oscura/ ché la diritta via era smarrita.“
Il medico tedesco, troppo imbarazzato per riconoscere il sommo poeta, si limitò ad osservare quello strano tipo, dal naso adunco e il capo circondato da rami d’alloro. Poi disse: “Non vi siete perduto: la strada è laggiù, oltre quegli alberi.”
Dante: «Ahi quanto a dir qual era è cosa dura / esta selva selvaggia e aspra e forte / che nel pensier rinova la paura! / Tant’è amara che poco è più morte; »
Hahnemann: “Questo è un bosco a pochi chilometri da Parigi, altro che selva selvaggia. Cosa temete?”
Dante:«La vista che m’apparve d’un leone. / Questi parea che contra me venisse / con la test’alta e con rabbiosa fame, / sì che parea che l’aere ne tremesse.»
Hahnemann: “Non ci sono leoni in questi boschi. Quindi: sciò, via, andate verso la strada!” Rimasto solo, Hahnemann si calò i mutandoni, lieto di placare il suo interiore tormento, quando gli apparve davanti un uomo pallido e vestito di una lunga tunica bianca. “Chi siete?” Domandò.
L’uomo disse: «Non omo, omo già fui, / e li parenti miei furon lombardi, / mantoani per patria ambedui. / Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi, / e vissi a Roma sotto ‘l buono Augusto/nel tempo de li dèi falsi e bugiardi.»
Hahnemann: “Vi riconosco. Voi siete il tizio nasuto di prima: di diverso avete soltanto la faccia incipriata e addosso una tunica bianca!”
Dante:«Poeta fui, e cantai di quel giusto / figliuol d’Anchise che venne di Troia, / poi che ‘l superbo Ilion fu combusto»
Melanie non si aspettava di vedere tornare il marito così presto e nemmeno di vederlo, in mutande, saltare con l’agilità di una scimmia sulla carrozza e avventarsi sulla valigia dei medicamenti, urlando: “Confusione mentale, si perde facilmente, sensazione che la morte s’avvicini. Infine stato allucinatorio perchè crede di essere doppio. So come curare questo spazzo rompiscatole!”
Dopo una rapida corsa da levriero, Hahnemann raggiunse e consegnò l’ampolla di vetro a Dante, dicendo: “Dieci gocce di Petroleum al giorno. Adesso lasciatemi solo che devo fare la c…..i cavoli miei!”
Ma Dante disse: «Poeta, io ti riecheggio / per quello Dio che tu non conoscesti, / acciò ch’io fugga questo male e peggio,che tu mi meni là dov’or dicesti,sì ch’io veggia la porta / di san Pietro».
La carrozza partì e si allontanò a gran velocità. Dall’interno la voce stizzita di Hahnemann rivolta al cocchiere: “Frusti quei maledetti cavalli. Dobbiamo raggiungere la prima locanda con una latrina disponibile, altrimenti me la faccio addosso!”
Dopo poco anche Dante raggiunse la strada, osservò la carrozza allontanarsi e, strizzando l’occhio a noi lettori, iniziò a seguirla, declamando: «Allor si mosse, e io li tenni dietro.»