Carissimo dottore, è quasi l’alba e i primi raggi di sole penetrano vivaci nell’assonnata campagna emiliana. Il dovere mi chiama. Dopo un mese di ferie, trascorse a non fare nulla, è purtroppo giunta l’ora di alzarmi e tornare al lavoro. Scusi il gioco di parole, ma che stress pensare di tornare allo stress! Con le prime luci del giorno ricomincia il mio turno di lavoro e il mese di ferie, che lei mi ha consigliato per curare il mio esaurimento, è finito. Esco fuori. Ah, che tempo brutto fa e senti che freddo! Come vorrei starmene ancora al calduccio del mio letto, invece di dannarmi l’anima per persone che non mi stimano.
-Sergio ormai è vecchio e non ce la fa più! – Dicevano.
-Sergio è ora che fugga in pensione e il suo posto venga preso da altri più giovani e forti!- Aggiungevano i più insolenti.
Già quei maledetti pensavano che io fossi finito e che non sarei più tornato quello di prima, mentre si trattava soltanto di un momento di stanchezza. Fortunatamente Olindo, il mio capo, ha capito la mia situazione e mi ha mandato da lei, dottore, per curarmi.
Ricordo ancora la raccolta dei miei sintomi che lei lesse durante la visita: -Dolori precordiali lancinanti, sensazione di debolezza estrema del cuore, oppressione toracica, palpitazioni, che si accompagnano a tosse spasmodica, violenti spasmi, faringo-laringei, senso di soffocamento. Infine svenimento e collasso.-
Poi lei, dottore, aggiunse: – Tu, Sergio, esageri i problemi e ti soffermi su difficoltà immaginarie, per questo motivo non riesci a compiere il tuo lavoro, ma io ho il rimedio omeopatico giusto per te.-
E io, dopo avere preso questo suo rimedio, fremo dalla curiosità di vedere i miei miglioramenti. Lo so che può sembrare una banalità, ma il tempo trascorso a non fare nulla, se non mangiare e prendere il sole sulla riva del fiume, mi ha fatto venire nostalgia della mia vita precedente anche se questa comportava un’attività frenetica e stancante, sia fisicamente sia mentalmente. Infatti non è da tutti alzarsi prima dell’alba, lavorare tutto il giorno e, nello stesso tempo avere tante amanti da soddisfare.
Ah, quanto desidero rivedere le mie care e focose compagne di sesso! Già, perché io, caro dottore, ho tante femmine da soddisfare e, in questo momento, il mio pensiero va a loro e a quanto mi sono mancate. Il ricordo più struggente, come al solito, va a Rosa: se ripenso ai periodi più sereni della mia infanzia, la vedo correre, saltare e giocare accanto a me, poi la ritrovo nei momenti più belli dell’adolescenza, protagonista in tutte le mie azioni, specie di quelle più intime. Fino a quando Rosa, in un bruttissimo giorno di novembre, dovette andare a abitare altrove e, da allora, non l’ho più vista. Ma il primo amore, come anche lei concorderà con me, caro dottore, è quello che non si scorda mai.
Con la stessa nostalgia penso alla vivacità di Agnese, detta la maratoneta, che prima di stare con me mi costringeva a rincorrerla per i sentieri di campagna, lunghi chilometri senza mai fermarmi, finché stremato dalla fatica mi arrestavo per riprendere fiato e me la trovavo improvvisamente alle spalle, desiderosa di fare l’amore.
Per non parlare di Rita, detta la Lupa, che in quanto a eccentricità le superava tutte, non solo perché lei era disponibile a stare con me soltanto durante le notti di Luna piena, ma anche perché mi costringeva a ululare. Capisce dottore, quello che mi toccava fare per riuscire a congiungermi con Rita? Fingere di essere un licantropo che ululava davanti alla Luna. Già proprio io, ululavo. Ci pensa? Roba da matti! Allora lei tirava fuori la sua foga appassionata che mi risucchiava in un turbine di amplessi che potevano durare per tutta la notte. Ah Rita, quanto mi sei mancata!
Come pure mi è mancata la dolcezza di Desolina che, avendo paura del buio, stava con me solo in vicinanza di un lampione acceso.
E, infine, di tutte le altre delle quali non ricordo nemmeno il nome. –Sergio non ce la fa più! Se non prende il Viagra, Sergio è impotente!- Sergio si deve rassegnare, tutte le sue femmine passeranno a Luigi lo Svizzero e Carluccio il Gaudente.- Dicevano i miei soliti denigratori.
E invece tutte queste malelingue si sbagliavano. Ora che ho preso il rimedio Naja tripudians sento che le forze mi sono ritornate e sono pronto per mettermi alla prova.
È l’alba, il sole sta sorgendo, mi inarco e grido:- Chichirichì! Chichirichììììììì! Chichirichìììììììì!- L’urlo è forte e chiaro.
Ebbene sì gente, sono tornato: io Sergione bello, il gallo più forte e virile di tutta l’aia! Amiche, amanti e compagne aspettatemi che tra poco torno da voi.