18 Agosto, 2023
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Monte Everest, 8000 metri d’altezza, che gran fregatura!

Cammino, da ore, in un incubo bianco: neve ovunque, una distesa maledetta e senza fine. Altro che paesaggio mozzafiato. Bianco il cielo che ho sopra la testa, bianco il terreno sul quale, metro dopo metro, trascino questo mio povero corpo. Sono stremato dalla fatica. La tempesta è un immenso gigante, il suo alito gelido mi penetra in bocca, mi stordisce la lingua, rimbalza sui denti e mi scivola in gola. Non ce la faccio a respirare. Il male di montagna, nausea, male di testa e dispnea, annienta ogni mia energia. Davanti a me, ormai lontani, vedo i miei compagni di sventura procedere con terribile lentezza, le spalle curve e la testa china in avanti, scossi come esili fuscelli dalle terribili raffiche del vento.

Improvvisamente uno sherpa si gira, punta il dito nella mia direzione e urla: – Yeh-teh!  Yeh-teh! – Mi giro anch’io. A pochi metri da me c’è lo Yeti. È un essere mostruoso, alto più di tre metri, dalle braccia lunghe fino alle ginocchia e il corpo pieno di peli bianchi, diritti come se avessero toccato i fili dell’alta tensione.

Dalla sua enorme bocca, che continuamente apre e chiude, esce un unico rauco suono: – Omeo! Omeo! – 

Tutti scappano. Io cado. Mi rialzo a fatica. Cerco di fuggire lungo il bordo di un profondo crepaccio.

L’abominevole uomo delle nevi mi insegue. – Omeo! Omeo!- Grida alle mie spalle. Scivolo. Il precipizio mi risucchia in un abbraccio di morte. Rotolo per parecchi metri. Sbatto contro rocce aguzze. Sto per morire e pezzi della mia vita scorrono davanti ai miei occhi: gli amici, il lavoro, le ambizioni, gli amori. La mia caduta termina contro una parete di ghiaccio dura come il marmo. Urlo di dolore. Ho braccia e gambe spezzate. Mi guardo attorno. Spero di avere seminato lo Yeti. Il mostro immondo, invece, mi ha inseguito saltando da una roccia all’altra meglio di uno stambecco. Mi viene vicino. L’Everest mi cinge in un doppio abbraccio di morte: davanti il mostro affamato e dietro la parete insuperabile.

Lo Yeti spalanca la bocca, i suoi denti sono taglienti spade pronte a dilaniare la mia carne. – Omeo!- Dice lui.

Per me è finita. Gli urlo in faccia: – Uccidimi e mangiami, ma smettila di chiamarmi “Omeo”, maledetto mostro!- 

Lui mi guarda perplesso. Poi allunga verso di me la sua zampa. Tra gli artigli tiene un tubulo di granuli omeopatici: Coca 200 CH . Mi chiede: – Tu non leggi Omeopatia 33?-

Io scuoto la testa. Lui si siede su una roccia, estrae un computer portatile e lo accende: – C’è un interessante articolo del dottor Saruggia che dimostra come diluizioni di Coca siano efficaci nell’alleviare il quadro complessivo del mal di montagna. –

Lo Yeti incrocia le mani dietro la nuca e accavalla le gambe, poi prosegue. – A queste altitudini anch’io, come te,  un tempo soffrivo di palpitazioni, dispnea, angoscia e insonnia. Sintomi tipici del male di montagna. Ero sempre stanco, svogliato e di pessimo umore. Per questo caratteraccio mi hanno messo il nome di  “abominevole uomo delle nevi”. Ma dopo aver letto l’articolo e assunto i granuli di coca, ho ripreso vigore e, adesso, salto come un grillo!-

Mi guarda, soddisfatto, con sguardo sognante aggiunge: – Penso che sia giunto il momento di cambiarmi nome: non più “abominevole uomo delle nevi” ma “adorabile grillo delle nevi”. Che ne dici? –

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