Affrontiamo due nemici: il virus e la solitudine
“La mia paura? Non è il coronavirus, nella mia vita ho vissuto di peggio. Il mio vero timore è che a causa di questa psicosi generale, e di quel che sento alla televisione, io possa rimanere vittima di una sola malattia: la solitudine“. La testimonianza di Anna Fiorillo, 92enne napoletana che affida le sue parole alle pagine del Mattino, è il sentire comune di una larghissima fetta della popolazione, quella degli over-75. Sono loro la fascia di gran lunga più colpita dalla terribile epidemia di COVID-19, la polmonite virale che sta mettendo in ginocchio i sistemi sanitari del mondo intero. Eppure per queste persone non è la paura di morire la prima preoccupazione. Del resto, giunti a una certa età si valutano gli eventi umani in modo diverso. La morte non è più un’ombra velata in un lontano orizzonte, ma una presenza concreta e prossima. E, per fortuna, vista da vicino ha un volto meno terrificante di come non appaia a distanza. Non dimentichiamo poi che, come dice la signora Anna, le persone che hanno superato gli 80, in Italia, hanno vissuto le manifestazioni della crudeltà umana, al cui confronto il coronavirus sembra un’inezia.
Soli si muore…
Ciò che invece lascia davvero sgomenti è l’horror vacui della solitudine, una sensazione soffocante alla quale non esistono validi palliativi. Purtroppo è proprio in questo punto debole che questo infido virus ha colpito. Oggi, in un assurdo ribaltamento del sentire comune, il bene che si vuole a una persona anziana lo si dimostra standole lontana. Per l’anziano in questione è un cambiamento incomprensibile e inaccettabile. Non perché razionalmente non sappia quali sono le motivazioni che lo inducono, ma perché il lato emotivo fatica a seguire quello razionale.
Quando la tecnologia aiuta veramente
Chi ne ha la possibilità, perché anziano particolarmente smart, o magari perché aiutato da persone care, fa ricorso alle tecnologie (come ultimamente facciamo un po’ tutti) per parlare con figli e nipotini via videochat. Mezzi che certo non possono resituire lo stesso calore umano di un abbraccio, ma che in questo momento sono benedetti, dandoci la possibilità di avere comunque una parvenza di vicinanza. E dire che, mai come in questo momento di scuole chiuse, i nonni sarebbero fondamentali nell’economia domestica delle famiglie, sostenendo i genitori spesso indaffarati perché ancora in giro a lavoro (nel caso di servizi di prima necessità) o impegnati nello smart working.
Perdere i punti di riferimento
All’allontanamento degli affetti familiari, poi, si somma la perdita di quella rete di sostegno su cui in molti hanno sempre potuto contare, quella dei coetanei. Storie e amicizie che si incrociavano nei centri per anziani, o semplicemente su una panchina del parco cittadino. Entrambi luoghi vietati, in questo momento. Fino al 3 aprile almeno, ma ormai sono in pochi a credere a questa data.
L’eccellenza del volontariato italiano
La chiusura dei centri di aggregazione è compensata solo in piccolissima parte dalle tante iniziative che stanno fiorendo in ogni parte della Penisola: in Liguria, ad esempio, la Regione ha istituito un numero verde (800 593235) al quale chiamare per un sostegno psicologico, anche solo per fare quattro chiacchiere. Anche Napoli si è mossa in tal senso con l’iniziativa «InsiemeMaiSoli», attiva sia per telefono che su whatsapp (081-7955555). Bologna ha nvece attivato il Piano Mais (Monitoraggio anziani in solitudine), per il quale sono gli stessi operatori comunali a chiamare a casa per accertarsi delle condizioni e chiedere ragguagli su ogni possibile esigenza. Ci sono poi le tante iniziative di Onlus o semplicemente di cittadini che vogliono impegnarsi a dare una mano. Insomma, se da una parte il momento è durissimo per tutti, dall’altra le difficoltà sembrano aver risvegliato un sentimento di fratellanza che sembrava sopito da sempre.