Cos’è una cascata prescrittiva? È il fenomeno per cui la somministrazione di un farmaco produce un effetto collaterale, che viene scambiato per una nuova patologia che richieda la prescrizione di altri farmaci. E così via, appunto, a catena. Ciò può verificarsi, e in effetti si verifica, in pazienti di ogni età, sebbene in età avanzata sia molto più frequente. Questo sia per il maggior numero di medicine che le persone anziane prendono abitualmente, sia per la loro maggiore fragilità.
Cos’è una cascata prescrittiva
Il fenomeno rientra nella più ampia casistica della “politerapia inappropriata”. Nei casi, cioè, in cui diverse terapie farmacologiche si sovrappongono, peggiorando la situazione invece di migliorarla. Com’è ovvio più la condizione del paziente è grave (e più il suo approccio terapeutico complesso) più le probabilità di una politerapia nociva aumentano. Fino al punto, nelle ipotesi peggiori, da rendere necessario il ricovero in ospedale.
Un fenomeno complesso da riconoscere
Riconoscere un caso di cascata prescrittiva può essere molto difficile, e per questo motivo richiedere molto tempo. La dottoressa Eugenia Gallo, medico del CERFIT di Careggi e esperta di fitoterapia e fitovigilanza. ha affrontato l’argomento in un articolo a sua firma comparso su Farmacista 33. “Se un paziente che assume un inibitore della colinesterasi per la gestione della demenza sviluppasse incontinenza urinaria e venisse trattato con un anticolinergico – Scrive la dottoressa Gallo – avrebbe un’accentuazione dei sintomi parkinsoniani, con conseguente prescrizione di ulteriori farmaci anti-Parkinson in aggiunta alla terapia in atto”.
Le interazioni con dispositivi medici e automedicazioni
La questione non riguarda solo i farmaci allopatici propriamente detti, ma può estendersi a terapie da banco, dispositivi medici e automedicazione. “Ad esempio, dal trattamento con un inibitore della colinesterasi, che porta allo sviluppo di sintomi gastrointestinali e all’automedicazione con subsalicilato di bismuto da banco, allo sviluppo di bradicardia e in alcuni casi al successivo inserimento di un pacemaker” – aggiunge la dottoressa.
Per questi motivi è sempre opportuno conoscere in modo adeguato effetti collaterali e possibili interazioni tra farmaci. E, più in generale, evitare l’iper-medicalizzazione del paziente nei casi in cui non sia strettamente necessario. Una consapevolezza che sta lentamente facendosi strada in ambito medico, dopo decenni di adagiamento su più rapide e lucrative terapie farmacologiche prescritte con disinvoltura.
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