Redazione

Il cibo ultra-trasformato fa male, soprattutto agli anziani

Sappiamo da ormai 10 anni che questi alimenti sono nocivi. Oggi ne abbiamo un'ulteriore conferma per la terza età
31 Luglio, 2020
Tempo di lettura: 3 minuti

Tutti noi siamo abituati a categorizzare i cibi in base alla loro composizione. Più precisamente in base alle classi di nutrienti di cui sono costituiti: a prevalenza di carboidrati, di proteine o di grassi e così via. Siamo abituati a sentirci dire che dobbiamo ridurre il consumo di grassi, e siamo diventati esperti nel distinguere il grasso buono (colesterolo HDL) da quello cattivo (LDL). Eppure da ormai 10 anni abbiamo prove sempre più eclatanti che non sia questa suddivisione la più adatta a distinguere i cibi sani da quelli dannosi. Piuttosto, dovremmo imparare a dividere ciò che mangiamo secondo le quattro categorie del metodo NOVA, come suggerito dagli studi di Carlos Augusto Monteiro, professore di Nutrizione e salute pubblica dell’Università di San Paolo, in Brasile. Questo metodo divide i cibi in base al grado di lavorazione rispetto al prodotto originario, e identifica quattro livelli di trattamento: da quelli semplici a quelli ultra-trasformati. Questi ultimi sono, secondo Monteiro, i più dannosi, a prescindere da quali nutrienti contengano. Oggi questa divisione, che dopo un iniziale scetticismo è stata fatta propria anche dai programmi delle Nazioni Unite, in particolare dalla FAO, trova un’ulteriore conferma per quanto riguarda la salute degli anziani.

Un nuovo studio, condotto dal Centro Ciber di Epidemiologia e sanità pubblica e dall’Università di Madrid e pubblicato su Journals of Gerontology, mostra come il consumo di alimenti ultra-elaborati (tra cui prodotti lattiero-caseari, biscotti, torte, succhi industriali) può arrivare anche a triplicare il rischio di sviluppare la sindrome della fragilità negli anziani. Non solo: il consumo di cibo che abbia subito eccessiva sofisticazione rispetto agli elementi originali naturali è legato a doppio filo a una lunga serie di altre patologie quali obesità, colesterolo alto, ipertensione, sindrome metabolica e cancro. Più in generale, questo tipo di alimenti risultano strettamente legati a episodi di mortalità precoce. Lo studio ha riguardato una coorte di 1.822 persone ultra 60enni, di cui 132 hanno sviluppato la sindrome da fragilità, e si è focalizzato sul consumo di prodotti quali: bibite analcoliche, snack, biscotti, dolci, gelati, pizze industriali, zuppe istantanee, carni lavorate. “I risultati di questo studio hanno permesso di determinare che gli adulti anziani con un più alto apporto energetico da alimenti ultra-elaborati avevano un rischio fino a 3 volte maggiore di sviluppare la sindrome da fragilità rispetto a quelli con un minore consumo di questi prodotti – ha spiegato Pilar Guallar, scienziata e coordinatrice del la ricerca.

Il metodo NOVA è stato teorizzato da Monteiro la prima volta nel 2009. Il professore brasiliano si era reso conto che, sebbene la vendita di zucchero fosse progressivamente diminuita dagli anni ’80, il numero di casi di diabete tipo 2 e obesità aveva inaspettatamente subito un’impennata. Ciò lo indusse a cercare altri fattori che avessero potuto influire su di esso. Si accorse così che esistevano sul mercato un’enorme quantità di prodotti che, sebbene non sembrassero direttamente legati allo zucchero, ne contenevano in realtà una grande quantità, insieme a grassi saturi e sale. Si trattava, appunto, dei cibi ultra-trasformati. Si convinse quindi a utilizzare una classificazione in 4 gruppi, diversa da quella tradizionale:  Il primo comprende i cibi non trasformati come frutta, verdura, carne, pesce, latte e uova. Il gruppo 2 comprende ingredienti culinari poco trasformati come sale, zucchero, farine, olio e burro. Nel terzo gruppo, quello degli alimenti trasformati, sono compresi cibi come i legumi in scatola, il pane artigianale, il salmone affumicato e il prosciutto crudo. Il quarto, quello più rischioso di tutti, è appunto quello dei cibi ultra-trasformati, nei quali sale, zuccheri e un gran numero di additivi vengono impiegati per rendere artificialmente più appetibile il gusto. In essi si trovano inoltre molte tracce di ingredienti tipici della produzione alimentare industriale, quali proteine della solia o l’olio di palma.

Oggi è considerato assodato che i cibi ultra-trasformati siano legati all’aumento di peso. Ciò nonostante è estremamente difficile modificare le abitudini alimentari di una larga parte della popolazione, dal momento che questo tipo di cibi sono più economici, più rapidi da preparare, e spesso utilizzano campagne di marketing molto pervasive che le legano al nostro immaginario in maniera quasi indissolubile. La speranza è che la cultura in materia possa portare a un livello di consapevolezza sempre maggiore.

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