Un patto generazionale che lega nonni e nipoti, con grandi benefici tanto per i primi quanto per i secondi. Potremmo leggere in questo modo le conclusioni di uno studio pubblicato sulla rivista Frontiers in Psychology, che ha provato a far ballare insieme 16 donne anziane con le rispettive nipoti, per poi provare a verificarne e quantificarne gli effetti. Con risultati sorprendenti, almeno per chi non è avvezzo a vedere lo stretto legame che unisce emozioni, movimenti e salute fisica e mentale. Le ragazzine al centro dell’esperimento si sono recate a casa delle nonne per sessioni brevi, della durata di 10-15 minuti, una volta a settimana per tre settimane. Nulla di troppo invasivo, dunque, sia per gli impegni delle giovani che per la resistenza delle nonne. È stato dato qualche suggerimento sull’approccio da avere, come assecondare i movimenti delle signore in terza età e lasciarle riposare qualora la fatica diventasse troppa. Al termine del periodo in esame sono state condotte delle interviste e analizzati gli appunti personali delle partecipanti, ed è stato suggerito di rivedere insieme i video delle sessioni. A quanto pare il periodo trascorso insieme è stato portatore di gioia per le une e per le altre: le nonne hanno alleviato il normale senso di solitudine della terza età, sentendo di passare il testimone della propria vita alle giovani nipoti. Le ragazze, dall’altra parte, hanno potuto dare un nuovo senso allo scorrere del tempo dell’esistenza, arrivando a comprendere più a fondo cosa per loro vorrebbe dire la perdita dell’anziana parente.
«Lo studio dimostra che “fare qualcosa con” è probabilmente l’approccio che permette di avvicinare e di condividere non solo un’esperienza, ma anche il valore di un legame e i significati che in esso si trovano sottesi, è sempre stato così: gli anziani hanno insegnato ai giovani la vita e come si sta al mondo, non solo attraverso la condivisione di storie, ma anche attraverso la condivisione di esperienze. Nelle botteghe dell’artigiano più anziano, il giovane apprendista imparava un mestiere. Ma imparava anche la vita da un maestro che gli stava a fianco e lo accompagnava verso l’età adulta – ci insegna Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva – Al tempo stesso, la vicinanza di un giovane e la carica vitale ed energetica che esso può esprimere, aiuta l’anziano a guardare avanti e non solo a vivere di ciò che è stato. Una dimostrazione, in questo senso, l’abbiamo da quelle esperienze in cui una scuola dell’infanzia viene aperta all’interno di un centro diurno o di una residenza per anziani. Il coinvolgimento reciproco nella relazione aiuta sia i bambini che gli anziani a sentirsi meglio, ad avere una visione positiva di sé e dell’altro ed è fonte di competenze per la vita per i più piccoli».
Ma i benefici della danza non si esauriscono certo nel campo empatico e relazionale. Per gli anziani il ballo rappresenta un’attività motoria piacevole e poco faticosa, con grande giovamento per la tenuta fisica da quasi ogni punto di vista. l’Università americana dell’Illinois ha condotto nel 2014 uno studio – finanziato dal NIH americano (National Institute of Health) – in cui sono stati coinvolti due gruppi di over 65 per quattro mesi, entrambi con abitudini di vita sedentarie. Mentre ai componenti del primo gruppo è stato offerto un corso con lezioni sulle buone pratiche da seguire in terza età (dieta da seguire, attività motoria da compiere e altri suggerimenti simili) con la richiesta di seguire le indicazioni ricevute, il secondo gruppo è stato invece condotto per lo stesso periodo a seguire un corso di balli caraibici. Al termine dei quattro mesi, entrambi i gruppi sono stati sottoposti a un test motorio, nel quale dovevano percorrere a piedi una distanza di 400 metri: gli anziani che avevano frequentato il corso di ballo hanno ottenuto prestazioni nettamente superiori rispetto alle persone che avevano frequentato quello teorici sui corretti stili di vita. “Ultimamente è emerso anche come la danza possa essere utilizzata a scopi riabilitativi – spiega Stefano Longo, docente della Scuola di Scienza Motorie dell’Università Statale di Milano – ad esempio in persone affette da problemi di deambulazione, Parkinson, e demenza senile. Sono anche molto interessanti quegli studi che hanno dimostrato un vero e proprio adattamento delle strutture cerebrali, indotto dalla danza negli anziani che produce miglioramenti importanti anche dal punto di vista cognitivo».
Anche per i giovani, infine, ballare può portare eccezionali benefici: miglioramento della coordinazione e della sicurezza in se stessi, efficienza dei sistemi cardiovascolare e respiratorio e incremento delle capacità mnemoniche. Senza contare che per molti di loro rappresenta un’incredibile momento di aggregazione, fondamentale nelle fasi più delicate dell’adolescenza.