Il futuro, termine usato in abbondanza nelle promozioni pubblicitarie, si identifica spesso con la speranza, lo sviluppo, la crescita, la giovinezza.
Per l’anziano, tranne in rari casi, è poco conveniente parlare di futuro se non quello della propria discendenza, se c’è. Quando pensa al futuro (personale) fomenta la sua vulnerabilità in una propensione a essere influenzato negativamente dal pensiero stesso. Quindi meglio che non ci pensi troppo.
La suscettibilità al danno e la mancanza di capacità di adattarsi, quando esposto a rischi, fanno in modo che l’anziano venga obbligato a tenersi sempre più defilato e protetto con dispositivi medici vari.
Strumenti di cattura
La “fragilità” è un termine usato spesso per l’anziano. Si riferisce a una condizione multi fattoriale non codificata, che presagisce la malattia e aumenta con il procedere dell’età. Ci sono altri vulnus ben più significativi nell’anziano e che riguardano la salute psichica e le libertà individuali.
Ricevere lo sconto ai musei, nei treni e altri benefit non è certo paragonabile alle privazioni e restrizioni a cui sei soggetto.
Non parliamo poi delle tecnologie digitali, il ginepraio della telefonia, i codici QR, lo SPID, il check in on line, scaricare una App dell’Ufficio delle Entrate, ecc… Se per un giovane sono pratiche banali per l’anziano diventano torture, come leggere i numerini microscopici scritti in grigio chiaro sugli sfondi pastello delle bollette. Basta un inizio di cataratta e neanche un microscopio elettronico è sufficiente per portare a termine l’impresa. Quindi non solo madre natura ti limita nelle performance ma il comparto sociale non ti agevola certo.
Distacco, indifferenza, disinteresse fino all’esclusione e all’estromissione sociale aggravano e mettono in evidenza la vulnerabilità senile.
Studio sulla percezione del cambiamento climatico
Il Network Bibliotecario Sanitario Toscano è un valido strumento a supporto dei bisogni informativi degli operatori delle Aziende USL regionali. Ha appena pubblicato una ricerca per identificare studi che valutino gli effetti di eventuali interventi volti a comunicare il cambiamento climatico alle persone anziane (oltre i 65 anni).
Sembrerebbe uno studio piuttosto mirato perché su un totale di 5.486 articoli, nella sintesi narrativa sono state considerate solo 3 ricerche.
Come dimostrato dai risultati, anche nelle fasce di età più anziane, il livello di preoccupazione è aumentato. Questo è un fatto intuibile ma un po’ fine a se stesso, così come la volontà di impegnarsi in azioni comunitarie sull’adattamento ai cambiamenti climatici.
Negli studi è emerso non solo il problema della mancanza di fiducia in se stessi nelle competenze o conoscenze delle questioni ambientali, ma la limitata alfabetizzazione informatica e la scarsa attitudine alla tecnologia digitale.
Così come capita spesso, dagli studi arrivano risultati inaspettati. Inaspettati per la finalità dello studio ma molto prevedibili se chiedi all’anziano come gestisce le nuove tecnologie. D’altra parte se si usano gli stessi mezzi di indagine di altre fasce d’età il risultato è inevitabile. Sembra logico che l’anziano, con tutte le limitazioni dovute all’età, così come il disabile preso dai suoi problemi di sopravvivenza o il neonato incapace di intendere e di volere, presentino degli indicatori bassi sulla sensibilizzazione ambientale. Sarebbe come fare uno studio sulla raccolta differenziata a Gaza.
Bisogni concreti
L’anziano per sopravvivere deve guardare alle cose terrene, da dove mettere i piedi, a sistemare con raziocinio lo spazio in cui vive. Preservare la propria mobilità messa alla prova dall’età, adottare stili di vita consoni ecc. sono priorità per rendersi una quotidianità accettabile.
Il tempo passa e districarsi dalle insidie degli adempimenti in costante crescita diventa sempre più oneroso e impegnativo, come per esempio la gestione dei rifiuti.
Se non vive in una RSA e deve provvedere alla raccolta differenziata (porta a porta, sic!) e non ha nessuno che lo aiuta, passa il suo tempo tra un contenitore e l’altro, rimpiangendo l’era dei cassonetti. I contenitori occupano una superficie non proprio trascurabile di casa. Due sono grandi (alti oltre mezzo metro) e contengono carta (giallo) e materiale leggero (blu). Gli altri due più piccoli per indifferenziata e organico, sono marroni e assomigliano a delle pattumiere degli anni ’70, poi c’è quello del vetro, tutto rigorosamente di plastica.
La nuova tassa sui rifiuti TARIC (C sta per corrispettivo) ad alto quoziente innovativo, premia chi produce più rifiuti (differenziati).
Se abbiamo caterve di sacchi di plastica da smaltire siamo virtuosi, così come carta e cartoni o avanzi di cibo in quantità. Se non produciamo rifiuti siamo penalizzati, considerati colpevoli e paghiamo il massimo dei balzelli.
Così si muove la “transizione” ecologica. Ai politici interessa incrementare il numerino che indica la percentuale di rifiuti riciclabili nel proprio paesello. Se si brucia la carta nel camino, se si evita di comprare cibi o oggetti con imballaggi o si porta l’organico nei campi per fare il compost, non va bene, bisogna produrre il più rifiuti possibile per alimentare l’industria del riciclo.
Se n’è accorta persino la UE che dopo reiterati avvisi ha avviato un procedimento di infrazione all’Italia per non aver recepito correttamente la direttiva quadro sui rifiuti.
L’anziano (e non solo lui) fa un po’ di fatica a capirlo, ma se dà un’occhiata al business dei rifiuti capisce pure lui.
Il riscatto
I comportamenti discriminatori nei confronti degli anziani non si limitano nel lasciarli nel loro mondo di solitudine e di inutilità ma cercano (in buona fede) di limitare le loro libertà. Le istituzioni preferiscono rendere l’anziano (e non solo) omologato e neutralizzato e condurlo verso l’immunosenescenza. Lo abbiamo visto durante la pandemia, e anche dopo.
La Sanità italiana in questi ultimi decenni ha incentivato la proliferazione delle RSA con tutti gli sprechi, le inefficienze e i soprusi emersi.
Facciamo pure gli studi di come gli over 65 percepiscono il tema ecologico, ma studiamo anche come fare per aiutarli ad avere una qualità di vita migliore e a non penalizzarli inutilmente.
In sostanza si tratta di una questione politica. L’anziano viene indotto a star male da un sistema che lo blocca, lo obbliga a prendere farmaci e spesso a stare ancora peggio o almeno ad essere dipendente e a devolvere metà della sua pensione per curarsi.
Escludendo che la vecchiaia sia una malattia e pensando alla categorizzazione della questione anziani, si potrebbe organizzare uno sciopero.
Una giornata basterebbe. Lo sciopero dell’anziano fermerebbe l’Italia intera. La giornata del riscatto. Potrebbe organizzarlo l’ANPI insieme al CAI. Un quarto della popolazione totale, una parte della quale riveste ruoli rilevanti: dirigenti, parlamentari, professori e tutti gli altri over 65 in piazza, magari non nelle ore più calde, e comizio finale di Mattarella che di primavere ne ha viste parecchie pure lui.
Ringrazio Cemon generiamo salute per essersi occupato degli anziani
Io sono medico psicoterapeuta ed è da molto che parlo degli anziani come rifiuto della società consumista!
L’anziano è visto male perché non consuma!
Io dico sempre quanto la depressione post pensionamento abbia avuto una influenza nefasta sugli ultrasessantacinquenni colpiti dal virus sars-cov2 perché la depressione psichica porta alla depressione immunitaria!
Eppure pur parlando sempre del target del Covid ,nessuno ha mai posto l’accento sul perché proprio gli ultra sessantacinquenni!?
Questa è la nostra società che nkn onora e rispetta l’età della saggezza che invece nei popoli ancora non alienati dalla disumana era digitale e dell’IA dicono largo ai giovani e nk
non invece di dare il potere ai vecchi senectus da cui senatore come nell’antica Roma. e in tutto i popoli dove ancora non è arrivata la degenerazione digitalica che sta dando rimbecillendo il genere umano occidentale, detto dai Nativi Ameri ani Uomo Bianco.
Un giorni solo l’IA avrà il dominio perché l’uomo avrà perduto l’intelligenza…!
Come non essere d’accordo con lei… Il fisico e inventore Federico Faggin ha detto: “Se ci consideriamo macchine, saremo prima o poi superati dalle macchine”.
Grazie per le giuste e necessarie riflessioni su questa tematica non sufficientemente trattata e di importanza generale
Grazie per il suo apprezzamento, per noi conta molto