Sebbene sia indiscutibile che l’invecchiamento è un processo naturale, non è altrettanto scontato il peso e il ruolo che questo processo abbia sui singoli individui e sugli equilibri sociali. Questi sono fortemente influenzati dal valore che la cultura dominante attribuisce all’invecchiamento e alla vecchiaia. Sono da poco trascorsi, o meglio stiamo tentando di lasciarci alle spalle, gli anni in cui lo scorrere del tempo ed i suoi effetti sui nostri corpi, erano considerati come da nascondere e contrastare. Basti pensare alle campagne pubblicitarie di cosmetici, la cui parola chiave era antiage. Qualcosa più vicina al desiderio alchemico dell’eterna giovinezza che a pratiche legate al reale benessere della persona. La promessa dell’eterna giovinezza non poteva che tradire le nostre aspettative, così le campagne pubblicitarie promettevano, e ancora promettono, di rendere invisibili gli effetti del tempo, come eliminare rughe e gli “imbarazzanti” segni del tempo. La pubblicità è lo specchio dei tempi che viviamo, la cartina di tornasole del sentire comune e come tale interpreta e da voce ai desideri e alle credenze che la società intimamente sente.
Per fortuna si registra una contro tendenza, andiamo verso un approfondimento delle dinamiche sociali e dei bisogni delle fasce più anziane della popolazione. Siamo passati da una visione antiage, in cui l’invecchiamento era una condizione da celare il più possibile, ad un approccio proage. Comprendere e assecondare il naturale processo di invecchiamento favorendo le migliori condizioni di salute possibile anche ad età molto avanzata. Un processo ambizioso che però è ancora lontano dall’essere raggiunto. L’innalzamento dell’aspettativa di vita rende questo processo urgente e improrogabile.
Nel 2020, la popolazione mondiale di 60 anni e
over (persone anziane) è poco più di 1 miliardo di persone,
che rappresentano il 13,5% della popolazione mondiale di
7,8 miliardi. Quel numero è 2,5 volte maggiore di
nel 1980 (382 milioni) e si prevede che raggiungerà
quasi 2,1 miliardi entro il 2050.
OMS: Healthing Age 2021-2030
Il passaggio da proage a Healthy age è breve, cioè quella condizione psico fisica e sociale che consente agli anziani di vivere al meglio questo periodo della loro vita. I’obiettivo da raggiungere è ambizioso, e siamo ben lontani; ma siamo ormai consapevoli che non è sufficiente vivere molti anni, bensì viverli in salute. Una differenza sostanziale che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sintetizza chiaramente nel suo programma: Decade of Healthy Ageing 2021-2030. L’OMS evidenzia tre punti centrali su cui gli fonda il benessere in età avanzata.
La salute
La partecipazione
La sicurezza
L’Oms propone, infatti, una struttura teorica sull’invecchiamento sano che considera varie caratteristiche sanitarie, cambiamenti fisiologici e psico-sociali associati con l’invecchiamento e che interagiscono nel determinare le capacità funzionali delle persone anziane. Struttura alla quale le dovranno fare riferimento stati ed organizzazioni per realizzare gli obiettivi che la stessa OMS ha stimato di poter raggiungere nel decennio appena iniziato.
In particolare, gli obiettivi del Decennio dell’invecchiamento sano si concentrano su 5 “abilità” specifiche che tutte le persone anziane dovrebbero avere:
- la capacità di soddisfare i bisogni di base quotidiani;
- continuare ad imparare e prendere decisioni;
- la possibilità di muoversi all’interno del proprio ambiente di vita;
- costruire e mantenere relazioni;
- continuare a contribuire alla società
Perché, ricordiamo, invecchiare bene è una questione che coinvolge vari aspetti, sia individuali sia collettivi. E’ una questione che riguarda sia l’aspetto psicologico e fisico del singolo, sia la società in termini di caregiving, di sanità, di costi sociali e di importanza di tradizioni e memorie.