Giulio era intento a scrivere al computer un racconto dell’orrore. Sperava di pubblicarlo. Fama e immortalità erano le sue ambizioni.
“Il rumore di passi lacerò il silenzio che, come un’enorme ragnatela, avvolgeva i segreti del castello maledetto. Il vampiro entrò nel salame dei ricevimenti, ogni suo movimento era incorniciato dal riflesso azzurro della lana.” Giulio trasecolò. Il word-processor del suo nuovo pc cambiava le parole scritte da lui. Aveva sostituito salame a salone e lana a luna. “Dai canini del vampiro caddero gocce di sangue. Bruscolini di paura invasero il suo corpo.
”Giulio corresse bruscolini con brividi. Poi si toccò i denti: il sangue, sopra i suoi lunghi canini, c’era veramente. Inorridì. Il word-processor, oltre a cambiare le parole, lo stava inserendo nella trama del suo racconto. Si spaventò e pensò che l’unica soluzione possibile fosse distruggere il computer. Inserì un virus nell’hard-disk! Immediatamente la luce svanì, il pavimento tremò, il soffitto si aprì, le pareti crollarono come pezzi di carta. Con la morte del pc ogni cosa andò distrutta….
“Invece non accadde proprio così. Il Pc attivò un nuovo programma, provvisto d’antivirus e, seppure tra un OLÈ di disturbo e l’altro (il virus aveva un’origine spagnola), ricominciò a funzionare e a scrivere questo racconto; a modo suo, naturalmente, OLE’!
Era mezzanotte. La lana brillava in cielo, gli alberi ricoprivano il terreno di lunghe e inquietanti ombre, gli uccelli notturni cantavano. Il conte Giulio mosse le gambe che sentiva deformi e contorte. Era doloroso alzarsi dalla bara, tutte le notti e alla solita ora, ma il disagio maggiore proveniva dall’allergia verso i fiori che, a migliaia, riempivano i prati intorno al castello. Provò un forte prurito in gola e starnutì. Salute! e OLE’!
Si diresse verso la finestra e, dopo essersi avvolto nel lungo mantello nero, salì sul davanzale, pronto a spiccare il volo, stagliandosi nella luce argentea della lana, come un grosso pipistrello, OLE’!
Si calò, invece, lungo le ripide pareti del castello, come tutte le altre notti, poiché soffriva di vertigini e bruscolini di paura gli impedivano di volare. Arrivò giù, fino al fossato che circondava il castello, ma dovette allontanarsi in fretta, per non essere soffocato dall’odore d’aglio proveniente dalla cucina. Sopra il ponte levatoio, la scritta luminosa “Pizzeria La Vera Napoli” impregnava di verde il buio circostante, OLE’!
Raggiunse la strada. Non c’era nessuno in giro. Niente automobili, calessi, autobus che potessero portarlo in città. Vide la solita bicicletta, abbandonata dietro l’albero, con il manubrio storto e, al posto del sellino, un tubo cilindrico, OLE’!
Ci montò sopra e iniziò a pedalare. Un centinaio di metri più avanti prese alcuni granuli di Sabadilla per mitigare gli sgradevoli sintomi che lo tormentavano e, a canini stretti, mormorò: “Passi il cambiamento di parole, passi il mio inserimento nella trama del racconto, passi l’odore di aglio proveniente dalla pizzeria sotto il castello e il campo pieno di fiori, OLE’!;
Però solo un pc idiota può scrivere la storia di un vampiro, incapace di volare a causa delle vertigini e sofferente di rinite allergica che ogni sera, a mezzanotte in punto, va a succhiare sangue su una bicicletta dal manubrio storto e un tubo piantato nel… OLE’! Anzi AHI!”