Kid, alle due di notte, entrò nel bar Santa Fè. Il killer a cui stava dando la caccia aveva una grossa taglia sulla testa ed era più pericoloso di un serpente a sonagli. Non era riuscito, nella stanza buia, a vedere il suo volto, aveva solo fatto in tempo a scorgere un impermeabile bianco che gli balzava addosso, poi il calcio di una pistola si era abbattuto sulla sua testa.
Kid era stramazzato al suolo, quasi privo di sensi era finito sul corpo morente di Pablo. Il killer aveva tagliato la gola del suo socio da parte a parte e il sangue sgorgava a fiotti dalle arterie recise.
Kid si era rialzato, aveva inseguito lungo i vicoli bui e malfamati della città quella sagoma bianca, cento metri davanti a lui, più assomigliante ad un fantasma che ad un uomo. Finché, davanti al bar Santa Fè, quel demonio sembrò scomparire nel nulla.
Kid si lasciò cadere pesantemente su una sedia. Il Santa Fè era un locale piccolo e male illuminato, sui muri scrostati risaltavano scritte di ogni tipo, mentre l’aria olezzava di fogna. Non c’erano altre porte, le finestre erano chiuse, quindi il killer si trovava ancora lì. Osservò il tubulo omeopatico di Scutellaria laterifolia, l’unica cosa che era riuscito a strappare al killer prima di essere colpito. “Questo rimedio può aiutarmi ad individuarlo?” Si domandò.
Il barman, da dietro il bancone, lo fissò con aria assente. L’uomo aveva lineamenti tirati, occhi cerchiati e la barba mal rasata che gli conferiva un aspetto da malato: tossiva e starnutiva a ripetizione. Un individuo dall’espressione di pietra sedeva su uno sgabello, gli occhi chiusi, sembrava dormire. Il barman, passandogli accanto, inciampò e gli rovesciò sul collo una tazza di acqua bollente. Il viso dell’uomo di pietra diventò di una stupefacente mobilità. Dalla dilatazione delle narici, dai tic che gli contorcevano la bocca, dal ritmo accelerato della sua respirazione, risaltò un’ira terribile. Urlò maledizioni in una lingua incomprensibile ed estrasse un coltello.
C’era un altro cliente nel bar, seduto ad un tavolo, in un angolo vicino al juke box. Il trillo ripetuto e insistente di un telefonino turbava il silenzio intorno a lui. L’uomo se ne accorse e, con una mano deformata dall’artrosi, lo spense. Spostandosi, lasciò intravedere il calcio di una pistola spuntare dai suoi pantaloni.
Kid sapeva di essere stato riconosciuto dal killer ed entro pochi istanti sarebbe morto se, a sua volta, non fosse riuscito ad individuarlo. “Chi tra costoro è il killer?” Si domandò. Si alzò e andò verso il centro del locale, la pistola stretta in pugno, il mento proiettato in avanti, pronto a sostenere un combattimento senza pietà contro un nemico sconosciuto. L’interrogativo su Scutellaria gli riecheggiò nella mente. Prese la mira e sparò un istante prima che lo facesse l’altro. Colpito a morte, il killer crollò a terra dietro al bancone, accanto al cadavere del vero barman. Kid guardò l’uomo agonizzante e disse: – Tremori, mancanza di controllo dei movimenti, vista annebbiata, incapacità a fissare l’attenzione. Stai passando i postumi di una brutta influenza che, senza l’aiuto del rimedio Scutellaria laterifolia, sono tornati ad affliggerti.- Si grattò il mento e aggiunse: – In una prossima vita voglio fare il medico omeopata, quella del cacciatore di taglie è troppo stressante!-