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7 Dicembre, 2024

La tendenza dei gruppi umani a sospettare cospirazioni: una vestigia evolutiva

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BIO – Medicina Costruzione Sociale nella Post-Modernità – Educational Papers • Anno IX • Numero 33 • Marzo 2020

 

Il dubbio sulle intenzioni dell’altro: strategia ancestrale di sopravvivenza

Quanti di noi, umani, potremmo proclamarci liberi di mai aver espresso dubbi, più o meno fondati, nei confronti di qualcuno scarsamente conosciuto o del tutto sconosciuto. Infatti, affidandoci alla nostra soggettività possiamo affermare che il sospetto circa le intenzioni degli altri appartenga alla nostra condizione umana. Ma, oltre che un’esperienza individuale, la diffidenza nei confronti di coloro che non sono “NOI” è raffinatamente sociale e deriva da una spinta evolutiva a sopravvivere, come sostiene lo psicologo evoluzionista Jan-Willem van Prooijen. Precisamente, stando a certi studiosi della cultura umana dalla prospettiva dell’evoluzione, la cognizione di sfiducia in cui ci si dubita dell’onestà altrui o ci si crede che un altro, venuto dall’esterno della propria comunità, sia colpevole di un qualche tipo di illecito o crimine, anche senza prove certe, è un meccanismo ancestralmente iscritto nel comportamento umano.

Nella sua dimensione sociale, questa modalità di sfiducia è stata identificata nel comportamento di certi gruppi sociali rispetto alle versioni fornite dalle fonti ufficiali circa avvenimenti che suscitano forte impressione nell’opinione pubblica. In tali circostanze, certi gruppi sociali tendono ad elaborare spiegazioni critiche circa le dichiarazioni ufficiali, fornendo un’interpretazione degli eventi che gli studiosi del comportamento umano usano denominare “una teoria del complotto”. Stando agli esperti in materia, la nostra tendenza a pensare che gli altri potrebbero complottare contro di noi è sempre stata con noi umani, alimentata da una spinta evolutiva a sopravvivere. Interpretata alla luce delle conoscenze che noi abbiamo di noi stessi, questa strategia potrebbe rivelarsi alquanto disfunzionale, tuttavia, oggi, questo sospetto circa le intenzioni reali degli altri si ripropone e, a volte, sembra rovinare la convivenza civile. Tale persistenza di qualcosa che ha perso di funzionalità rispetto al nostro passato ancestrale consente agli studiosi di interpretarla come una vestigia. Ma come spiegare che ciò che è stata una strategia di sopravvivenza ancestrale funzioni ancora oggi in un contesto culturale dominato dall’idea dell’essere umano come un essere razionale? Per cercare delle intuizioni che diano risposta alla nostra domanda, torniamo alla primavera dell’anno scorso.

La primavera del 2019

Il grande incendio di Notre Dame del 15 aprile 2019 ha spezzato il cuore agli ammiratori dei simboli della cultura cristiana, anche al di fuori delle sue frontiere. I parigini piansero in pubblico mentre le fiamme riducevano in ceneri fumanti gran parte di questa monumentale cattedrale. Il presidente francese Emmanuel Macron twittò il suo sentire in meno di 50 caratteri: ‘Je suis triste ce soir de voir brûler cette part de nous’ [Sono triste stasera nel vedere bruciare questa parte di noi], sentimento di tristezza che non provavano solo i francesi. Secondo fonti ufficiali, l’incendio è stato un evento accidentale, molto probabilmente a causa di un mal funzionamento tecnologico. Tuttavia, nel giro di poche ore iniziarono a circolare sui social media le prime voci circa la possibilità che si trattasse di una cospirazione. Ancor prima che il fuoco si spegnesse, alcuni siti web iniziarono a sostenere che il fuoco fosse stato avviato dallo stesso governo francese, altri asserivano che fossero stati gli ebrei ed alcuni altri che fosse stato l’atto di un gruppo terroristico islamico. Quasi istantaneamente tali accuse si sono diffuse tra un pubblico ricettivo su scala mondiale. Certamente, alla luce delle conoscenze attuali sul comportamento umano, questo era il corso naturale in cui potevamo aspettarci che l’evento fosse interpretato. Gli eventi di grandi dimensioni che impattano la società, come un incendio che devasta un monumento storico, un’inondazione, un attentato terroristico, lo scoppio di una guerra, in genere, suscitano l’emergere di teorie cospirative tra gruppi di cittadini che mettono in discussione i comunicati ufficiali di ciò che è accaduto, probabilmente come sostengono alcuni studiosi, spinti da un istinto di punizione morale ancestrale interconnesso con una strategia di difesa primordiale che imporrebbe diffidenza nei confronti di coloro che non appartengono al proprio gruppo.

Personaggi di spicco di gruppi identificati come “destra radicale” promossero la teoria della cospirazione secondo cui l’incendio fosse stato un attacco terroristico da parte di musulmani radicali. Il commentatore politico della così chiamata “estrema destra” Hal Turner aveva visto un legame tra l’incendio di Notre Dame ed altri incendi recenti in chiese cristiane negli Stati Uniti di America, in Australia e in Russia, affermando che tali incendi erano il risultato di una “guerra islamica” e pubblicando persino un video che suggeriva che un musulmano fosse nella Cattedrale quando era iniziato l’incendio. La verifica dei fatti (fact-checking)1 in seguito rivelò che la persona nel video non era un musulmano ma un vigile del fuoco che indossava un casco, una maschera e indumenti protettivi. Ma, a quel punto, il video era già stato inoltrato nella rete centinaia di volte.

Camere di eco online

Negli ultimi anni, le teorie della cospirazione sono onnipresenti su Internet e sui social media. Queste moderne forme di comunicazione consentono alle teorie del complotto di diffondersi più velocemente che mai, facilitando la connessione tra le persone che la pensano allo stesso modo e formano, utilizzando il concetto di C Thi Nguyen, “camere di eco online”. Infatti, ad esempio, il movimento della Terra Piatta, che sostiene la teoria secondo cui la Terra sarebbe in realtà piatta e che gli scienziati mentono al pubblico da più di 500 anni, è oggi una società organizzata, la Flat Earth Society, con conferenze regolari sulla cospirazione degli scienziati ed altri poteri per farci credere che la Terra sia sferoidale.

Sulla scia delle elezioni di Donald Trump negli Stati Uniti di America e del voto sulla Brexit nel Regno Unito, le teorie della cospirazione sono diventate una parte abituale del discorso politico, in particolare tra i sostenitori dei movimenti populisti ma non solo. Questi movimenti, in genere, descrivono una lotta tra “élite corrotte” e “il popolo nobile”. La mentalità populista facilita le teorie della cospirazione, supponendo che le élite impongano, deliberatamente, attacchi terroristici, crisi economiche o epidemie di malattie sul resto delle popolazioni. Più cittadini che mai sembrano credere alle teorie della cospirazione e la nostra società, certamente, fornisce loro un terreno eccezionalmente fertile per prosperare, al punto che sembra che oggi viviamo in un’epoca di cospirazione.

Ma è davvero così? Certo, al giorno d’oggi le teorie della cospirazione si diffondono rapidamente e credenti affini si trovano rapidamente online. Ma ciò non dimostra che la percentuale di credenti sia effettivamente aumentata né che le moderne tecnologie siano la causa principale. In effetti, un debole per l’idea della cospirazione è in circolazione sin dalla comparsa stessa dell’Homo sapiens.

Nello specifico, una teoria della cospirazione, stando a van Prooijen, consiste nel sospetto che un gruppo di attori si sia unito in accordo segreto per pianificare atti malvagi. Questa definizione implica che una cospirazione è sempre composta da più attori che lavorano insieme in una coalizione o in un gruppo. Attori solitari possono anche progettare di fare del male e portare avanti quei piani, ma gli attori solitari non costituiscono cospirazioni organizzate fintanto che non cospirano con gli altri. Inoltre, la definizione suggerisce che le cospirazioni siano pianificate da gruppi nemici che “stanno cercando di danneggiare Noi”.

L’osservazione che sostiene che i cittadini credano spesso alle teorie del complotto sulle azioni del proprio governo è abbastanza condivisibile. Infatti, i cittadini possono sentirsi privati ​​dai loro diritti e alienati dalla politica del governo del loro paese. Negli Stati Uniti di America, ad esempio, i cosiddetti “democratici” possono credere alle teorie della cospirazione governativa in particolare quando è in carica un’amministrazione repubblicana e viceversa. In altre parole, è molto probabile che i cittadini credano a tali teorie della cospirazione quando percepiscono il governo come qualcun altro che non li rappresenta.

Il nostro debole ancestrale per l’idea della cospirazione

Questi semplici accenni alla contemporaneità, stando alle interpretazioni di certi studiosi del comportamento umano alla luce della teoria dell’evoluzione, suggerirebbero, nell’irrazionalità e nell’insensatezza dei comportamenti in questione, che la radice del pensiero della cospirazione risieda nel nostro ancestrale istinto di dividere il mondo sociale nelle categorie dicotomiche di “Noi” e “Loro“. Infatti, l’ipotesi psicologica evoluzionista è quella di assumere che le teorie della cospirazione fossero già comuni millenni fa, quando tutti gli esseri umani vivevano come cacciatori-raccoglitori in un ambiente paleolitico.

Esaminando le possibili origini evolutive del comportamento che ci spinge ad elaborare teorie di cospirazione, Mark van Vugt e Jan-Willem van Prooijen, si ispirano a ciò che può essere immaginato come la “natura tribale degli uomini del Paleolitico” e ci ricordano che prima della rivoluzione agricola di circa 12.000 anni fa gli esseri umani vivevano in piccole bande di cacciatori-raccoglitori. Queste piccole società non avevano social media, movimenti populisti, democratici contro repubblicani né i conflitti attuali circa le diversità etniche e religiose. Ciò che molte di queste forme societarie ancestrali avevano, invece, sostengono questi ricercatori, “conflitti letali” con altri gruppi. Sebbene la prevalenza della guerra tribale variava sostanzialmente tra epoche e luoghi, è ipotizzabile che in media i primi gruppi di popolazioni umane dovevano stare in guardia per i gruppi nemici molto più degli umani moderni. Se considerati con uno stato d’animo lontano dalle idealizzazioni romantiche circa il passato naturalistico primordiale, i documenti archeologici suggeriscono che era relativamente comune per gli umani ancestrali morire in violenti conflitti partecipando in coalizioni contro gruppi considerati ostili. Infatti, porzioni sostanziali di resti fossili trovati in varie località del mondo mostrano prove di morte violente, molto probabilmente dovute a lotte tra gruppi tra loro ostili.

I pericoli reali dei gruppi ostili costituivano, quindi, un problema adattivo o di sopravvivenza per gli umani ancestrali. Ciò sarebbe ancora evidenziato dai tributi di morte prodotti dalla violenza tribale nelle società di cacciatori-raccoglitori di oggi. Ad esempio, il popolo Yanomamö2 in Sud America subisce regolarmente alti tassi di vittime fatali a causa della guerra tribale. Tali guerre spesso assumono la forma di faide che possono perpetuarsi per generazioni in cui i membri di un villaggio si vendicano dei danni causati da un altro villaggio. Gruppi di circa 10-20 uomini, in genere, attaccano un villaggio nemico all’alba. Molto spesso, queste coalizioni uccidono i primi pochi abitanti che incontrano e, poi, si ritirano prima che il villaggio vittima sia in grado di organizzarsi e combattere. Gli antropologi Robert Walker e Drew Bailey hanno stimato che circa il 22% di tutti i decessi tra gli Yanomami siano dovuti a simili omicidi commessi delle coalizioni tribali. Senza la protezione dei grandi stati e un forte stato di diritto, le coalizioni guerresche, cioè le cospirazioni reali nel mondo degli Yanomami, rappresentano un pericolo reale e serio per la sopravvivenza e il benessere delle persone e dei villaggi.

Lungimiranza empatica e sopravvivenza

A questo punto del loro ragionamento gli studiosi in questione hanno dovuto chiedersi quali caratteristiche psicologiche avrebbero aumentato nell’arco dell’evoluzione umana le probabilità di sopravvivere ai pericoli della violenza commessa da altri gruppi. Un fattore importante è, certamente, la capacità umana di fare ipotesi sulle intenzioni degli altri. Infatti, se cerchiamo di concepire con la fantasia gli uomini già all’uscita del Paleolitico possiamo immaginare che qualunque clan o qualsiasi tribù, incontrando un gruppo diverso nelle vicinanze, si chiedeva quali erano le intenzioni di costoro, se avevano intenzioni positive e pacifiche o se, invece, stavano pianificando degli attacchi per ucciderli e impossessarsi del loro territorio e/o delle loro risorse. Formulando tali ipotesi, i membri del clan o della tribù valutavano quanto fossero pericolosi gli altri gruppi prima di colpire. Tale lungimiranza empatica, si potrebbe congetturare, avrebbe consentito di agire in tempo utile per salvare vite tra i membri dei nostri gruppi ancestrali di appartenenza. Se gli umani ancestrali, nelle loro capacità di formulare ipotesi sulle intenzioni degli altri, credevano, ad esempio, che un altro gruppo stesse cospirando per danneggiarli, potevano migrare in un ambiente più sicuro, sviluppare un solido sistema di difesa, persino commettere un attacco a sorpresa (un “attacco preventivo”) per scacciare o sopprimere la sospetta cospirazione. In ogni caso, le persone potevano proteggere sé stesse, prole e parentela dalla violenza letale riconoscendo le intenzioni ostili di altri gruppi in una fase iniziale.

Ma le ipotesi possono essere errate e non tutti i tipi di errori hanno lo stesso costo. Si consideri l’esempio di vedere una strana ombra nel bosco. Immaginiamo che emergano due ipotesi: che si tratti di una tigre pericolosa o invece solo dell’ombra di una roccia dietro gli alberi. Se l’ombra fosse realmente una roccia ma la si scambiasse per una tigre, si farebbero pochi danni. Tranne una deviazione non necessaria e un po’ di stress, la vita continuerebbe come al solito. Tuttavia, se l’ombra fosse veramente una tigre ma la si scambia per una roccia, si è in grave pericolo attraversando, inconsapevolmente, il percorso della tigre. Le teorie evoluzionistiche perciò propongono che quando i costi dei falsi positivi (vedere erroneamente una tigre quando in realtà non ce n’è) sono minori rispetto ai costi dei falsi negativi (erroneamente non vedere una tigre quando in realtà ce n’è una), la selezione naturale favorisce una tendenza a commettere l’errore meno costoso.

La selezione adattiva tra falsi positivi e falsi negativi

Quando, sia a livello individuale che sociale, noi, umani, commettiamo errori di valutazione circa le intenzioni altrui, la nostra scelta di un falso positivo o di un falso negativo comportano dei costi. Ad esempio, quando un membro di un ceppo famigliare degli Yanomamö muore in circostanze inspiegabili, i membri del ceppo famigliare spesso sospettano che la morte abbia potuto essere causata dalla stregoneria commessa da membri di un altro villaggio, cioè da un altro ceppo. Probabile che questa accusa cospiratoria non sia vera ma può causare conflitti e persino uccisioni per vendetta. Un simile falso positivo (in questo caso, interpretare una morte naturale o accidentale come il risultato di una stregoneria) implica un conflitto inutile con un gruppo che potrebbe bensì essere un utile alleato o partner commerciale. Questa è certamente un’opportunità sprecata, e quindi costosa. Tuttavia, in un ambiente in cui i conflitti letali tra i gruppi sono consueti, è probabile che il prezzo di un falso negativo (cioè non vedere un pericolo quando in realtà c’è) sia molto più elevato.

Alcune tribù hanno una storia di incursioni reciproche e conflitti violenti circa il territorio o le risorse preziose, come, ad esempio, tra il popolo Nyangatom e il Daasanach in Etiopia. Tra questi raggruppamenti umani, se esiste un rischio reale di un attacco nemico, sono garantite alcune precauzioni di sicurezza, anche se si potrebbero sopravvalutare le intenzioni aggressive dell’altro gruppo. La percezione di un gruppo ostile come innocuo, infatti, mette a rischio di vittimizzazione e potrebbe portare a lesioni, prigionia, lavoro forzato, stupro e morte. Questo sarebbe un falso negativo molto costoso per il gruppo. Quindi, se i falsi negativi si rivelano effettivamente più costosi dei falsi positivi quando si cerca di stimare le intenzioni di diversi gruppi, è comprensibile che le teorie evoluzionistiche prevedano che gli umani ancestrali si siano evoluti per essere teorici della cospirazione, cioè per vedere trame pericolose dove non c’erano. A causa dei pericoli reali delle coalizioni o dei gruppi violenti, nei tempi ancestrali era troppo rischioso correre rischi e fidarsi di gruppi che non si conoscevano molto bene e che erano abbastanza potenti da causare danni.

L’idea del complotto è rimasta malgrado l’insorgere dei sistemi di difesa nazionali e transnazionali

Dopo la rivoluzione agricola, gli esseri umani iniziarono gradualmente a vivere in grandi stati e le società cambiarono rapidamente. Tuttavia, questo non ha mutato la tendenza delle persone a sospettare cospirazioni, come rivelano i miti dell’antica Grecia. Quando gli Argonauti arrivarono a Lemnos, scoprirono che solo le donne abitavano l’isola. Secondo la leggenda, dopo che queste donne avevano scoperto che i loro mariti le avevano tradite con le donne della Tracia, cospirarono per uccidere tutti gli uomini sull’isola.

Anche nell’antica Roma proliferava la tendenza delle persone a sospettare cospirazioni e la parola latina coniuratio (“cospirazione”) appare frequentemente negli scritti degli storici romani Tacito, Sallustio e Livio, così come nei discorsi di Cicerone3. Questi autori hanno spesso espresso sospetti su come gli schiavi, le donne o gli stranieri abbiano cospirato contro le élite romane. Livio descrive4 come nel 331 a.C. molti cittadini dell’élite romana soffrivano e morivano per una malattia sconosciuta. Una giovane schiava accusò un gruppo di donne patrizie di averli avvelenati. Secondo Livio, due di queste donne cospiratrici furono costrette a bere le loro preparazioni avvelenate al Senato e morirono in pubblico. Un totale di 160 delle più illustri matrone romane è stato ritenuto colpevole di partecipare a questa cospirazione. Inoltre, gli imperatori romani sospettavano regolarmente che si formassero cospirazioni contro di loro. Tacito, ad esempio, descrisse l’imperatore Tiberio come un sovrano sospettoso che uccise vari possibili rivali al trono. Questi omicidi coinvolsero il nipote del precedente imperatore Augusto. Anche il nipote germanico adottato da Tiberio morì in circostanze inspiegabili e Tacito sospettò che fosse stato ucciso anche lui. Quando gli imperatori erano sospettosi, non era sempre irrazionale: si verificarono vere e proprie cospirazioni, l’assassinio di Giulio Cesare fu un caso ben noto.

Le teorie della cospirazione erano numerose anche in epoca medievale. Molti sospettavano che società segrete come Gli Illuminati, originariamente apparsa in Baviera, controllassero il mondo attraverso una rete internazionale di connessioni e gruppi di facciata. Altri hanno diffuso l’idea dell’”accusa del sangue”, in cui gli ebrei erano accusati di uccidere un bambino cristiano ogni anno e di usare il sangue per riti religiosi. Nella città francese di Blois, nell’anno 1171, tutti i membri della comunità ebraica locale furono bruciati sul rogo a seguito di una simile accusa cospiratoria. Anche le teorie della cospirazione soprannaturale erano comuni. Il famigerato libro del 15° secolo Malleus Maleficarum (“Il martello della strega”) di Heinrich Kramer5 ha dato slancio alle cacce alle streghe in tutta Europa. Un presupposto fondamentale del libro è che le streghe avrebbero cospirato e avuto rapporti sessuali con il diavolo. In linea con ciò, si diceva che sacrificassero i bambini non battezzati al diavolo (non solo uccidendoli ma impedendo loro di andare in paradiso), cucinando il midollo osseo dei primogeniti per creare creme magiche (che applicavano a bastoni o scope, fornendo loro le capacità di volo e di diffondere malattie e far fallire le colture.

Discrepanza evolutiva e xenofobia

La tendenza delle popolazioni umane a supporre l’esistenza di complotti ha permeato la storia dell’umanità dai nostri primi giorni di cacciatori-raccoglitori fino a tempi odierni. Abbiamo meno probabilità rispetto ai nostri antenati di essere uccisi dai nemici e siamo relativamente ben protetti dal sistema legale, per citare solo alcune differenze. Tuttavia, il fatto che il nostro ambiente sia cambiato non significa che il nostro cervello ancestrale, evolutosi durante un lunghissimo periodo, sia cambiato con esso. Questa differenza è l’idea di base del concetto di discrepanza evolutiva. Negli ultimi 12.000 anni, il modo in cui noi umani viviamo è cambiato in modo rapido e drammatico. Ma su scala evolutiva, 12.000 anni sono solo una frazione di tempo e le nostre predisposizioni adattive non sono cambiate di molto. Il nostro cervello si è evoluto come risposta adattiva ad un ambiente dell’età della pietra ma oggi viviamo in tempi post-moderni.

Di conseguenza, alcuni tratti che una volta erano da ritenersi come funzionali oggi potrebbero risultare persino disfunzionali. Prendiamo, ad esempio, il nostro appetito per il dolce. Nel Paleolitico, una preferenza per i gusti dolci era adattiva perché ci stimolava a mangiare cibi nutrienti dalla natura, come bacche e patate dolci. Nei tempi attuali, questa stessa preferenza fa sì che consumiamo quantità eccessive di bevande zuccherate e caramelle, causando obesità e richiedendo costosi trattamenti di salute.

Una simile discrepanza evolutiva potrebbe trovarsi alla base del nostro fascino per l’idea della cospirazione: gli umani ancestrali erano facilmente sospettosi di una tribù diversa nelle vicinanze e conservare questo comportamento di diffidenza poteva significare salvare le loro vite. Infatti, tale pratica, ad esempio, consentiva ad un clan o ad una tribù di trasferirsi e mettersi in salvo prima che un’altra tribù commettesse un attacco letale. Noi, umani moderni, siamo ancora facilmente sospettosi di diversi gruppi e oggi questi diversi gruppi possono consistere in governi, medici, scienziati, società farmaceutiche e via dicendo. Oppure possono consistere in minoranze etniche, amplificando la xenofobia, la discriminazione e le politiche di esclusione.

Le teorie della cospirazione si ripropongono in tutte le culture, in tutto il mondo. Ad esempio, l’Indonesia ha subito una buona dose di attacchi terroristici negli ultimi decenni ed una teoria comune della cospirazione in quella regione è che il mondo occidentale sarebbe alla base di questi attacchi, sperando di incolpare l’Islam. In Polonia, molte persone danno la colpa dell’incidente aereo di Smolensk del 2010, in cui hanno perso la vita tutte le 96 persone a bordo, tra loro molti politici di spicco come il presidente polacco Lech Kaczyński, ad una cospirazione russa. In Sudafrica, un paese con alti tassi di infezione da HIV nella popolazione, una teoria comune della cospirazione è che le società farmaceutiche avrebbero prodotto e diffuso il virus HIV per vendere farmaci antiretrovirali. Infine, le teorie della cospirazione sono comuni nell’Africa rurale, tra cui Tanzania, Nigeria e Mozambico, dove molte persone credono che la moderna tecnologia occidentale sia una forma di stregoneria progettata per danneggiarle o controllarle.

L’essenza psicologica di tutte queste teorie della cospirazione è più o meno la stessa: le persone fanno ipotesi su come un gruppo diverso colluda in segreto per danneggiarle o ingannarle. In ogni modo, si può asserire che le moderne teorie della cospirazione sono radicate nel nostro ancestrale istinto tribale che classificare il mondo in “Noi” rispetto a “Loro” [o meglio Noi contro di Loro]. Questa intuizione aiuta a spiegare il richiamo delle teorie della cospirazione tra i movimenti populisti, che descrivono un’eterna lotta tra cittadini regolari e laboriosi e un’élite corrotta. Sebbene il populismo abbraccia tutto lo spettro politico, i movimenti populisti di estrema destra, in particolare, tendono a demonizzare le minoranze etniche o religiose come gruppi ostili. Le idee di Hal Turner sul fuoco di Notre Dame sottolineano come i sentimenti xenofobi alimentano le teorie della cospirazione sui gruppi minoritari.

La lotta tra il popolo nobile e un’élite corrotta alla luce della prospettiva delle vestigia nell’evoluzione

Un fattore che potrebbe aver contribuito al recente successo elettorale dei movimenti populisti è la crescente pluralità delle società moderne. I conflitti armati in Medio Oriente hanno stimolato un afflusso di rifugiati in tutta l’Unione Europea e molti cittadini dei paesi centroamericani cercano di sfuggire alla violenza e alla povertà immigrando negli Stati Uniti o in Canada. Oltre a tali forme di immigrazione basate sui bisogni, nel nostro mondo in via di globalizzazione ora è anche più facile lavorare o studiare all’estero, viaggiare in luoghi diversi o trasferirsi in un paese diverso per iniziare una vita con un partner abbastanza romantico come per abbracciare una persona straniera.

Mentre alcuni gruppi sociali potrebbero considerare tale pluralità come positiva, è probabile che alcuni altri la considerino minacciosa, ritenendo che il proprio gruppo sia minacciato da estranei, aprendo, in questo modo, la strada a teorie della cospirazione come strumento di rivendicazione sociale e politica. Queste teorie rafforzano il fascino della retorica populista che enfatizza i sentimenti contro l’immigrazione e la globalizzazione e promette di reinstallare la gloria precedente di una nazione.

La prospettiva della discrepanza evolutiva fa luce anche per interpretare le organizzazioni estremiste che appoggiano violenti conflitti con altri gruppi. Gli estremisti della così chiamata “sinistra” propagano teorie della cospirazione su come i banchieri e le multinazionali controllano segretamente il mondo. Gli estremisti della ammessa “destra” appoggiano le teorie della cospirazione su come le minoranze etniche arriveranno a cancellare la cultura nazionale. I gruppi fondamentalisti musulmani sostengono le teorie della cospirazione su come il mondo occidentale cerca di sovvertire l’Islam. Infatti, si può affermare che quando una nazione è in guerra, il nostro antico istinto tribale per classificare il mondo in “Noi” rispetto a “Loro” si avvia. Ricordiamo che l’amministrazione di George W. Bush giustificò la guerra contro l’Iraq con accuse secondo cui Saddam Hussein stava segretamente sviluppando e nascondendo armi di distruzione di massa. Queste accuse si rivelarono essere una teoria della cospirazione non valida. Infine, gli eventi angoscianti in generale, come il Coronavirus, suscitano convinzioni sulla cospirazione ma, soprattutto, nella misura in cui le popolazioni attribuiscono la colpa di tali eventi a gruppi di cui non si fidano o con cui sono in lotta per il controllo delle risorse e/o del potere. Attraverso l’idea della cospirazione, determinati gruppi sociali possono incolpare di una crisi economica o finanziaria ai banchieri, di un attacco terroristico alle organizzazioni dei servizi segreti, di un’epidemia all’industria farmaceutica e così via.

Alla luce della teoria della discrepanza evolutiva, possiamo asserire che i gruppi sociali differiscono per quanto siano inclini o meno a credere alle idee della cospirazione, cioè per quanto agiscano o controllino il nostro ancestrale istinto tribale di classificazione del mondo in “Noi” (buoni) rispetto a “Loro”(cattivi). Alcuni cittadini sono attivi sui siti Web delle cospirazioni e attribuiscono una cospirazione per quasi tutto ciò che accade nel mondo, mentre altri sono scettici sulla maggior parte delle teorie della cospirazione e tendono a respingerle.

Molte teorie odierne della cospirazione non sarebbero più adattive e porterebbero a scelte inadeguate

Questo quadro comportamentale solleva una domanda: se una tendenza a credere alle teorie della cospirazione si è evoluta attraverso la selezione naturale, non dovremmo tutti credere alle teorie della cospirazione nella stessa misura? Ma, in effetti, le differenze individuali sono un prerequisito per la selezione naturale: se tutti avessero lo stesso tratto esattamente nella stessa misura, non ci sarebbe nulla per cui selezionare. Prendiamo, ad esempio, la velocità nei predatori. Alcuni leopardi corrono più velocemente di altri. Questa osservazione va contro l’idea che la velocità nei leopardi sia un prodotto della selezione naturale? Ovviamente no. I leopardi hanno sviluppato la velocità perché c’erano variazioni. Alcuni leopardi erano più capaci di altri di sopravvivere e riprodursi perché correvano più velocemente e, quindi, avevano maggiori probabilità di catturare prede. La velocità media dei leopardi è progressivamente aumentata nel corso delle generazioni, ma questo sradica la variazione tra generazioni. Se la selezione naturale favorisse la tendenza a credere alle teorie della cospirazione, c’è d’aspettarsi molte teorie della cospirazione nelle popolazioni umane senza escludere possibili variazioni nella forza con cui i diversi gruppi le credano.

È interessante notare che i gruppi sociali non solo differiscono riguardo alle loro convinzioni circa la cospirazione ma, anche, in quanto sono inclini a interpretare segnali sociali ambigui come prova di conflitto con altri gruppi. Ad esempio, il narcisismo collettivo, cioè la convinzione irrealistica nella grandezza del proprio popolo o della propria nazione, è un buon indicatore della aggressività verso altri gruppi. Allo stesso modo, i gruppi sociali differiscono per quanto apprezzano l’autorità, l’ordine e la tradizione, un tratto noto come autoritarismo, che è, infatti, strettamente associato al pregiudizio sui gruppi diversi. La ricerca indica che quelli con alti livelli di narcisismo collettivo e di autoritarismo credono anche nelle teorie della cospirazione. In altre parole, i tratti della personalità che predispongono tali gruppi sociali al pregiudizio, alla discriminazione e all’ostilità nei confronti di altri gruppi vanno di pari passo con la tendenza a credere alle teorie della cospirazione. Alcuni gruppi vedono ostilità e conflitti con altri gruppi dove altri non ne vedono alcuna minaccia. Ciò permette di asserire che la percezione del conflitto, reale o presunto, con altri gruppi guida le credenze della cospirazione.

Nell’argomento evoluzionista vi è però un paradosso sul quale prestare attenzione: i processi evolutivi sono descrittivi e non prescrittivi. Scoprire che le teorie della cospirazione si sono evolute per una buona ragione in passato non significa che è auspicabile credere alle teorie della cospirazione nel presente. Molte delle odierne teorie della cospirazione sono disadattive e portano a scelte inadeguate in certi contesti, come ad esempio, il rifiuto dei contraccettivi, il negazionismo dei cambiamenti climatici, la xenofobia e, in casi estremi, la violenza.

Quando nel dicembre 2016, Edgar Maddison Welch ha sparato e cercato di appiccare fuoco al ristorante-pizzeria Comet Ping Pong a Washington, DC, si potrebbe dire che stava seguendo il suo evolutivo istinto cospiratorio. Credeva nella teoria della cospirazione del “Pizzagate”, cioè che eminenti membri del Partito Democratico si impegnassero nel traffico di esseri umani e nella pedofilia nel seminterrato del ristorante, e lui cercava di liberare le vittime. Sia lo stesso sicario che chiunque fosse presente nel ristorante avrebbe avuto miglior fortuna se Welch fosse stato in grado di sopprimere i suoi istinti cospiratori e riflettere più razionalmente sulla plausibilità di questa teoria cospirazionista. Proprio come i medici oggi ci spingono a superare il nostro appetito ancestrale per lo zucchero, un’importante sfida futura potrebbe essere quella di superare il nostro retaggio evolutivo di saltare subito ad una teoria della cospirazione ogni volta che ci sentiamo insicuri.

Il fuoco di Notre Dame è stato un evento scioccante che ha stimolato le persone a cercare spiegazioni. Come può un edificio così monumentale a cui tutti noi teniamo tanto aver preso fuoco? Nel trovare spiegazioni, la mente umana è programmata per sopravvalutare la probabilità che una cospirazione abbia causato l’evento. Macron aveva ragione: eravamo davvero tristi quella notte per vedere bruciare una parte di “Noi”. Ma si potrebbe aggiungere che il fatto che un gruppo di valore sia stato danneggiato in modo così significativo ha indotto la tentazione di incolpare “Loro”, cioè qualunque gruppo sociale conflittuale. Il principio scientifico della parsimonia prevede che la spiegazione più semplice di solito sia la più probabile, in questo caso, un malfunzionamento tecnologico, tuttavia la risposta naturale delle persone è quella di assumere il peggio, e niente è peggio di un attacco coordinato da una cospirazione nemica.

Oggi, nonostante la nostra conoscenza del comportamento umano, sembra che viviamo in un’epoca di crescente cospirazioni di Loro contro di Noi. I social media hanno certamente introdotto nuove dinamiche su come si diffondono le teorie della cospirazione, come si organizzano i teorici della cospirazione e quanto facilmente si possono trovare teorie della cospirazione. È anche innegabile che molti cittadini nel mondo credano alle teorie della cospirazione e che i movimenti populisti che propagano attivamente le teorie della cospirazione abbiano avuto un notevole successo elettorale negli ultimi anni. Tuttavia, ammesso il potenziamento della tecnologia delle comunicazioni nella diffusione di fake news, ciò non rende il presente sensibilmente diverso dal passato. Nel corso della storia, le teorie della cospirazione sono state comuni, diffondendosi attraverso qualsiasi canale di comunicazione disponibile e alimentando conflitti, pregiudizi, odio e guerra. “L’età della cospirazione” dura da millenni, le teorie della cospirazione sono sempre state parte della condizione umana e forse lo saranno sempre nell’Homo Sapiens. La tendenza dei gruppi umani a cercare di prevedere difensivamente il comportamento altrui e, quindi, a sospettare cospirazioni, è una vestigia evolutiva e come tale rimane, operando in molte occasioni, in modo altamente disfunzionale. Prenderne atto potrebbe essere, in ogni caso, una modalità per non perderla di vista.

  1. La verifica dei fatti (anche verifica delle fonti, spesso indicato con l’anglicismo fact checking), nel lessico del giornalismo, è il lavoro di accertamento degli avvenimenti citati e dei dati usati in un testo o in un discorso. Questa pratica si applica in particolare alle informazioni date dai politici e, anche come autoverifica, alle notizie diffuse dai mezzi di comunicazione.
  2. Gli yanomamö sono un gruppo etnico che abita per lo più la zona di foresta compresa tra i bacini dei fiumi Orinoco e Rio delle Amazzoni, sicché la frontiera tra il Venezuela e il Brasile attraversa il loro territorio tradizionale. Si stima che abbiano una popolazione di circa 27.000-32.000 individui.
  3. Victoria E. Pagàn. Toward a Model of Conspiracy Theory for Ancient Rome. In “New German Critique”, No. 103, Dark Powers: Conspiracies and Conspiracy Theory in History and Literature. pp. 27-49, Winter 2008
  4. Livio. Libro 8, Decade I, Capo Undecim
  5. Malleus Maleficarum (letteralmente “Il martello delle malefiche”, cioè “delle streghe”) è un trattato in latino pubblicato nel 1487 dal frate domenicano Heinrich Kramer con la collaborazione del confratello Jacob Sprenger, allo scopo di reprimere in Germania l’eresia, il paganesimo e la stregoneria.