Non è solo una questione di privacy violata. Quando una donna scopre che le proprie foto sono state diffuse senza consenso su siti sessisti o gruppi online, l’effetto va ben oltre la rete. I casi di cronaca di Phica.eu, dove immagini intime vengono diffuse senza consenso su un blog sessista, e del gruppo Facebook Mia Moglie, diventato teatro di revenge porn, dimostrano quanto la violenza digitale sia una ferita reale e profonda nella psiche delle vittime. Non basta denunciare: è in gioco la dignità personale, l’equilibrio emotivo, la fiducia in se stesse e negli altri.
Le cicatrici psicologiche della violenza digitale
L’Ordine degli Psicologi sottolinea come queste aggressioni «abbiano a che vedere con il senso della propria libertà e sicurezza», causando ansia, vergogna, perdita della fiducia e, nei casi più gravi, depressione, attacchi di panico o sindrome da stress post-traumatico.
Uno studio pubblicato su Feminist Criminology ha analizzato interviste qualitative con 18 donne vittime di revenge porn, rivelando effetti devastanti: PTSD, ansia, depressione, pensieri suicidi e profonda sfiducia.
Un altro approfondimento sulla Journal of the American Academy of Psychiatry and the Law evidenzia come la non-consensual dissemination di immagini intime lasci spesso conseguenze mentali durature, isolamento e relazioni compromesse.
Il trauma non resta confinato alla dimensione privata: molte donne coinvolte nei casi di Phica.eu e Mia Moglie hanno dichiarato di essersi ritratte dai social, evitare contesti pubblici e restringere le proprie interazioni quotidiane. È un’esclusione silente che limita la libertà personale e la capacità di partecipazione sociale.
Supporto psicologico e cura olistica
La denuncia è un passo fondamentale, ma non sufficiente. L’Ordine degli Psicologi sottolinea l’importanza di accompagnare le vittime in percorsi di ascolto e sostegno psicologico. Colloqui individuali, gruppi di sostegno e comunità sicure sono strumenti preziosi per ricostruire fiducia e resilienza. La condivisione dell’esperienza in spazi protetti riduce l’isolamento e permette di trasformare il senso di vergogna in un processo di riappropriazione della propria dignità.
La letteratura scientifica mostra come il supporto psicologico, se tempestivo, riduca in modo significativo i livelli di ansia e depressione nelle vittime di violenza digitale. Ma il percorso non è solo clinico: per molte donne si tratta di rimettere insieme i frammenti della propria identità, di ritrovare il piacere della quotidianità, di riabitare il corpo e la mente senza sentirsi osservate o violate.
In questo cammino, possono avere un ruolo anche pratiche complementari e approcci di benessere che guardano alla persona nel suo insieme. Non si tratta di sostituire la psicoterapia, ma di affiancarla con strumenti che aiutino a recuperare armonia interiore: attività creative, contatto con la natura, discipline corporee e spirituali. Sono vie che, in sinergia, sostengono la capacità di resilienza e la ricostruzione di un equilibrio emotivo più stabile.
Rimettere al centro la persona, e non soltanto il trauma, significa restituire alle vittime la possibilità di riscoprire se stesse non come “donne violate”, ma come individui completi, capaci di rigenerarsi e riprendere in mano la propria vita. È in questa prospettiva più ampia che la cura diventa davvero integrata: non un insieme di tecniche frammentate, ma un accompagnamento rispettoso, che unisce sostegno psicologico e percorsi di crescita personale, verso una salute che non riguarda solo la mente ma tutta la persona.
Una responsabilità che ci riguarda tutti
Contrastare siti sessisti come Phica.eu e il gruppo Mia Moglie, contrastare la cultura che li alimenta, non può essere una battaglia che lasciano sole le vittime. Serve una risposta collettiva: istituzioni, piattaforme digitali e comunità devono promuovere ambienti online rispettosi, educazione digitale e accesso a percorsi di cura psicologica.
Difendere la salute mentale e la dignità delle donne significa garantire il diritto alla libertà, alla partecipazione e alla sicurezza. La nostra comunità, improntata sull’ascolto, la cura e l’integrazione tra supporto psicologico e approcci olistici come l’Omeopatia, è una comunità che genera salute, dentro e fuori dal digitale.
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