Cercando in internet notizie sul cambiamento climatico quello che si legge è davvero sconfortante. Dalle siccità al riscaldamento globale, passando per l’aumento delle frane e lo scioglimento dei ghiacciai, fino alla scomparsa di intere zone costiere che verranno inondate dal mare a causa dell’aumento del volume di acqua.
In molte zone della terra, compreso il nostro Paese, le previsioni sono poco rassicuranti. In Italia, ad esempio, è prevista una riduzione delle piogge associata ad una riduzione dei giorni di copertura nevosa dell’arco alpino, e di conseguenza uno stravolgimento dell’ecosistema. Nei prossimi 30 anni ci saranno modificazioni estreme del clima che porteranno ad aumenti di temperatura in tutto il mondo. Questi cambiamenti si ripercuoteranno su una serie di attività: cambieranno l’assetto economico, il turismo, l’utilizzo delle risorse energetiche.
Cambierà anche l’ecosistema mondiale. Vedremo la comparsa di nuove specie animali in aree geografiche dove prima non c’erano. Ne è già una dimostrazione la presenza di pesci tropicali in aree a clima temperato, e la scomparsa di altre specie. Nessuno può prevedere con certezza come reagiranno gli animali a questi mutamenti. Secondo uno studio dell’Earth Institute della Columbia University, gli animali potrebbero reagire al cambiamento climatico in tre modi: spostandosi, adattandosi o estinguendosi, e si spera ovviamente che prevalgano i primi due adattamenti. Tutto ciò influisce ovviamente anche sull’incidenza delle così dette malattie stagionali.
Cambiamento climatico e malattie
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità l’aumento delle temperature ed il cambiamento climatico potrebbero aumentare il rischio di diffusione di alcune malattie, in particolare quelle trasmesse da vettori, come ad esempio zanzare, mosche della sabbia, roditori e zecche.
L’European Center for Disease Control (Ecdc), il centro Europeo che monitora la diffusione delle malattie, ha effettuato una valutazione secondo la quale la diffusione di patologie infettive trasmesse da vettori è in espansione; malattie come la Dengue, la febbre chikungunya, la nefropatia epidemica e l’encefalite da morso di zecca (Tbe) e la febbre del Nilo occidentale (West Nile Fever) hanno il potenziale di divenire epidemie anche in Europa a causa del proliferare dei vettori che le diffondono.
Sempre secondo l’Ecdc oltre al cambio climatico anche la globalizzazione gioca un ruolo fondamentale nella diffusione dei vettori: viaggi intercontinentali sempre più semplici da effettuare trasportano vettori insieme ai passeggeri, e con loro malattie infettive. O viceversa, i viaggiatori infetti possono trasmettere malattie infettive prima inesistenti in determinate aree endemiche.
Un recente esempio è stata un’epidemia di febbre chikungunya che nel 2007 colpì a zona del Ravennate in Emilia Romagna, e fu probabilmente causata da un viaggiatore proveniente dall’India che, punto da zanzare tigre presenti in Emilia Romagna, le aveva infettate, rendendole vettrici del virus. In quell’occasione più di 250 persone furono contagiate. Anche in medicina veterinaria si stanno riscontrando situazioni simili con l’isolamento, per citare un caso, della Leishmaniosi in aree geografiche del centro e nord dell’Italia dove, fino ad una decina di anni, fa era impossibile anche solo pensare all’esistenza di questi protozoi aree climatiche così fredde.
Piccole esperienze personali
Quando circa 20 anni fa ho iniziato a lavorare i mesi più indicati per effettuare i test sierologici per lo screening della leishmania erano quelli di novembre, dicembre e gennaio; già da novembre, infatti, era quasi impossibile trovare un flebotomo, i piccoli moscerini che trasmettono la leishmaniosi. Già da diversi anni ho dovuto spostare questo importante appuntamento per la prevenzione nei mesi successivi a gennaio perché, come in molti avranno fatto caso, almeno fino a dicembre inoltrato ci sono zanzare, e di conseguenza anche flebotomi; questo significa che testare un cane a novembre è diventato inutile in quanto, fino a dicembre inoltrato, un cane potrebbe contrarre la malattia a seguito della puntura dei flebotomi e pertanto, trovare un soggetto negativo a novembre non garantisce che lo stesso soggetto non si ammali a dicembre.
Oltre alla leishmaniosi ho notato, col passare degli anni, dei cambiamenti nei mesi di maggiore diffusione di alcuni gruppi di patologie. Le dermatiti peggiorate dal caldo e caldo umido oramai si trovano fino a novembre mentre fino pochi anni fa tutte le condizioni peggiorate dal caldo nello stesso mese, se non nel mese precedente, erano praticamente inesistenti. Lo stesso vale per la così detta tosse dei canili, una patologia infettiva respiratoria multifattoriale causata da virus e batteri la cui virulenza è facilitata dalle basse temperature.; mentre fino a 4 o 5 anni fa i primi pazienti che ne erano affetti si presentavano a visita ad ottobre, adesso prima di dicembre o gennaio è raro trovane… mentre, come detto pocanzi, la sala d’attesa è piena di cani con otiti e infiammazioni cutanee che solitamente si vedevano soltanto nel periodo classicamente estivo.
Sicuramente tutte queste patologie hanno più concause, ma lo spostamento in avanti della loro insorgenza sta modificando tutto il calendario delle affezioni che affliggono i miei pazienti animali.
Cosa possiamo fare
C’è chi dice che il cambiamento climatico sia una normale evoluzione dell’ecosistema del nostro pianeta, e che forse è solo un ciclo che passerà facendoci ritornare alle temperature più miti alle quali siamo abituati alle nostre latitudini. In ogni caso cercare di ridurre il nostro impatto ambientale su questo pianeta resta la sfida principale per i prossimi 30 anni. Ridurre le emissioni di Co2, la produzione di plastica e di rifiuti, scegliere un’alimentazione che sia meno dannosa per l’ambiente, ridurre gli sprechi di acqua e di energia, sono solo alcuni dei piccoli cambiamenti che ognuno di noi può fare e che di certo si ripercuoterebbero in modo positivo sull’ambiente.
Modificare il nostro stile di vita quindi, a prescindere dal riscaldamento globale, non può che giovare al nostro pianeta, e di conseguenza a noi che lo abitiamo. Ma nell’immediato, mentre compiamo queste modifiche, delle soluzioni terapeutiche per queste malattie che si manifestano in periodi inusuali e con presentazioni nuove, bisogna pur trovarle. E come sempre le medicine non convenzionali, ed in particolare l’Omeopatia, possono esserci di grande ausilio.
Omeopatia e cambiamento climatico
Ma come può, l’Omeopatia influire sul cambiamento climatico? A mio parere in due modi. Il primo è quello diretto dell’impatto sull’ambiente: ogni volta che noi ed i nostri animali assumiamo un farmaco chimico, dopo averlo metabolizzato, immettiamo nell’ambiente con i nostri liquidi organici i suoi metaboliti.
Per alcuni farmaci l’impatto ambientale è davvero importante; curandoci e curando i nostri amici con la coda con rimedi omeopatici l’impatto ambientale è praticamente pari a zero. Anche secondo le linee guida FNOVI, la Federazione Nazionale dei Medici Veterinari Italiani, infatti, i rimedi omeopatici, perfino se somministrati agli animali da produzione, non sono soggetti a tempi di sospensione. Per spiegare meglio il concetto, se ho una vacca che si ammala e prende un antibiotico, per utilizzare il suo latte dovrò aspettare un certo numero di giorni a partire dall’ultimo giorno di assunzione di quel dato farmaco, poiché c’è il rischio che in quel latte ci siano dei residui di farmaco. Con i medicinali omeopatici questo tempo di sospensione è fissato a zero giorni.
L’altro motivo per il quale i medicinali omeopatici influiscono positivamente sull’ambiente è di carattere pratico: queste nuove presentazioni patologiche possono infatti non rispondere ai tradizionali protocolli terapeutici o necessitare di più farmaci o periodi più lunghi di somministrazione; con l’utilizzo dell’Omeopatia, poiché la prescrizione si basa sui sintomi del soggetto, è più facile intervenire anche in situazioni non usuali e soprattutto, non si creano resistenze batteriche, ed in caso i rimedi omeopatici andassero usati per lunghi periodi, non si hanno effetti collaterali e tossici sui pazienti.
Chi va piano va sano e va lontano
Il mare, lo sappiamo è sconfinato, ma altro non è che l’unione di tante piccole gocce. Ed è proprio da questa unione che nasce la vastità. Anche noi quindi possiamo contribuire alla salute del nostro pianeta con piccoli gesti quotidiani, ed uno di questi è quello di scegliere di curare e di curarci con un tipo di medicina che, oltre ad agire in modo efficace, dolce e duraturo, non impatti sull’ambiente. Tra queste opzioni terapeutiche ad impatto zero possiamo scegliere per noi ed i nostri cari, bipedi o quadrupedi che siano, la medicina omeopatica, una delle medicine non convenzionali in grado di curare senza nuocere neanche all’ambiente.