Nel dicembre 2018 l’ANMVI (Associazione Italiana Medici Veterinari Italiani) ha condotto un’indagine su un campione rappresentativo di famiglie italiane che possiedono un animale domestico. Rispetto alle indagini effettuate negli anni precedenti è emerso che la percentuale di proprietari che si reca dal veterinario regolarmente, ovvero più di due volte all’anno, è in crescita. Tuttavia le motivazioni più comunemente addotte dai proprietari che si recano poco dal veterinario sono che il proprio animale sta bene, e che si recano dal veterinario solo per le vaccinazioni o in caso di emergenza. La vaccinazione resta quindi una delle motivazioni più frequenti della visita dal veterinario.
Molto spesso però si assiste ad una sopravvalutazione della reale necessità della vaccinazione nei cani e nei gatti. Nel 2015 la WSAVA (World Small Animal Veterinary Association) ha emanato le ultime linee guida a firma del Vaccination Guideines Group, ovvero del gruppo di studio dedicato proprio alle linee guida sulla vaccinazione di cani e gatti. Il primo documento risale al 2007 ed è stato aggiornato nel 2010 e poi nel 2015.
Queste linee guida, redatte da esperti internazionali della materia, raccomandano caldamente che, se possibile, tutti i cani e tutti i gatti vangano vaccinati per creare un “immunità di popolazione”, al fine di ridurre la circolazione di determinati patogeni veterinari; gli autori individuano all’interno dell’offerta vaccinale i così detti vaccini core, ovvero quei vaccini che tutti i cani ed i gatti dovrebbero ricevere indipendentemente dalla localizzazione geografica e dalle circostanze, in quanto li proteggono da patologie molto gravi, potenzialmente fatali, e che sono distribuite in tutto il mondo, ed altri vaccini cosi detti “non core”.
Vaccini “core”
Per il cane sono stati individuati 3 vaccini core, ovvero quelli che proteggono contro il virus del cimurro, dell’adenovirus canino responsabile dell’epatite infettiva e quello della parvovirosi che causa la gastroenterite infettiva. Per il gatto si individuano altrettanti vaccini core, ovvero quelli che proteggono dal parvovirus felino che causa la panleucopenia felina, quello per l’herpesvirus e per il calicivirus, che causano, insieme ad altri patogeni, il complesso della condizione clinica conosciuta come rinotracheite infettiva del gatto. Normalmente i vaccini per cani e gatti sono composti da un’associazione di virus e batteri formanti un cosiddetto vaccino “polivalente”, ovvero che immunizza per più malattie contemporaneamente, ed altrettanto spesso i vaccini core sono mescolati a quelli non core. Queste preparazioni vaccinali sono molto comode per il veterinario che le utilizza e per il proprietario che può recarsi meno volte a vista dal veterinario, ma molto spesso garantiscono una risposta anticorpale meno intensa nei confronti delle malattie più gravi, risposta che è caldamente auspicata per le malattie scongiurate dai vaccini core.
E’ sempre bene quindi informarsi dal proprio veterinario circa il tipo di vaccino che propone per il vostro amico a 4 zampe, ma anche sul calendario vaccinale, sia per le prime vaccinazioni dei cuccioli che per i richiami futuri.
Il prof. Shultz, coautore delle Linee Guida Wsava, chiarisce infatti che l’immunità prodotta dall’inoculazione del vaccino si instaura statisticamente in modo più efficace a patto che siano rispettate delle tempistiche ben precise.
Vaccini “non core” e vaccini “non raccomandati”
Le linee giuda individuano anche dei vaccini “non core” ed altri “non raccomandati”;
i primi sono vaccini che immunizzano per malattie meno letali, ma che sono largamente presenti nei territori dove vivono gli animali, e sono quindi consigliati specialmente nelle zone endemiche di talune malattie, o per soggetti particolarmente a rischio, in quanto conducono uno stile di vita che li espone al rischio di contagio. Questo è ad esempio il caso di cani che frequentano centri cinofili o parchi ai quali hanno accesso molti altri cani, magari anche randagi dei quali non si conosce lo stato immunitario né di salute, potendo quindi fungere da vettori, oppure dei gatti che vivono allo stato semilibero ed hanno contatti con altri gatti randagi o che ne condividono il territorio, e per quelli che almeno una volta all’anno vengono portati in pensione.
I vaccini “non raccomandati” sono invece quelli per i quali le evidenze scientifiche non sono sufficienti a giustificarne l’uso, per cui il rapporto rischio/beneficio è a favore del rischio: praticare un vaccino per il quale non ci sono effettivi benefici espone infatti soltanto al rischio degli effetti avversi e collaterali a breve e lungo termine, senza alcun vantaggio per il soggetto che viene vaccinato.
Protezione passiva da mamma a cucciolo
Cuccioli e gattini ricevono attraverso l’assunzione del colostro, durante i primi giorni di allattamento, una buona quota di anticorpi protettivi di derivazione materna. Questa quota è variabile in base ad una serie di fattori poco calcolabili: in primis l’immunità della mamma stessa, e poi la qualità e la quantità di anticorpi trasmessi col colostro. Un’altra quota di anticorpi viene trasmessa anche per via transplacentare, ma è una quota abbastanza trascurabile a causa delle caratteristiche di connessione vascolare tra madre e feto. Nei carnivori domestici e selvatici, infatti, la placenta ha una connessione vascolare molto più superficiale rispetto, ad esempio, che nella specie umana, pertanto molte molecole, tra cui le immunoglobuline, faticano a passare questa barriera placentare. Poi ci sono i casi in cui l’assunzione del colostro è ridotta se non addirittura assente, come per cuccioli e gattini che rimangono orfani.
Gli anticorpi trasmessi dalla madre ai cuccioli sono un fattore molto importante da considerare perché, se da un lato garantiscono una protezione per i piccoli fino ad un’età di circa 2 – 3 mesi di età, dall’altro la loro presenza in circolo interferisce con la produzione di anticorpi che si formerebbero dopo l’inoculazione dei vaccini.
Quante variabili! Cosa fare con Fido e Micia?
Tutte queste variabili hanno quindi portato i ricercatori, a seguito di studi prospettici sull’immunità passiva materno-fetale, a stabilire un “periodo finestra” durante il quale è bene iniziare a vaccinare cuccioli e gattini. Questo periodo deve necessariamente estendersi dopo i 55/90 giorni di vita per il cane, e l’ultimo richiamo per completare il ciclo delle prime vaccinazioni, deve essere fatto dalla sedicesima/ventesima settimana di vita in poi, quindi dai quattro mesi di vita del cucciolo ed anche ai 5 mesi nel gattino in cui è dimostrata una permanenza degli anticorpi materni fino a 20 settimane. Nelle situazioni economiche e/o culturali in cui si può praticare un solo vaccino al cucciolo ed al gattino, come ad esempio per animali abbandonati ed ospiti di rifugi, canili e gattili, le linee giuda raccomandano che questo venga fatto a 16 settimane o più. Queste indicazioni dipendono dal fatto che il sistema immunitario dei cuccioli tende ad essere più reattivo ed a produrre una quota più consistente di anticorpi se viene stimolato dal vaccino a 4 mesi rispetto a che se il vaccino viene praticato a 2 mesi. In commercio esistono alcune preparazioni particolarmente immunizzanti nelle quali sono presenti soltanto poche valenze di malattie pericolose, e gli antigeni che provocano la risposta vaccinale sono presenti ad alta titolazione. Questi vaccini andrebbero praticati ovviamente soltanto in caso di necessità, quando si desidera immunizzare precocemente un cucciolo o un gattino perché o non si ha contezza dell’efficacia e della quantità degli anticorpi ricevuta dalla madre, o perché vivono in contesti pericolosi da un punto di vista epidemiologico, come ad esempio nei canili o nei gattili. Il fatto che queste preparazioni iperimmunizzanti contengano solo vaccini “core” la dice lunga sull’efficacia dei vaccini monovalenti o con poche valenze, rispetto a quelli polivalenti, pertanto conferma i risultati degli studi del prof. Shultz e colleghi.
L’importanza dello stato di salute globale
Sottoponendo Fido e Micia alle vaccinazioni andremo a stimolare il loro sistema immunitario al fine di produrre anticorpi protettivi. Se Fido e Micia non godono di ottima salute il vaccino può essere inefficace e nella peggiore delle ipotesi addirittura provocare effetti collaterali. Dobbiamo quindi avere cura della salute globale dei nostri amici a 4 zampe, a prescindere dal vaccino, attuando dei presidi di prevenzione, per aiutarli ad essere più forti. Questa prevenzione possiamo metterla in atto avendo cura della loro alimentazione ed offrendogli diete quanto più possibile naturali, evitando cibi ricchi di conservanti e coloranti; possiamo inoltre aggiungere ai loro pasti degli integratori vitaminici in quanto è oramai acclarato che alcune vitamine, come quelle del gruppo B, aiutano il corretto funzionamento del sistema immunitario. Un’alimentazione equilibrata agevola anche il buon funzionamento del microbiota intestinale, vero e proprio “organo” immunitario presente in tutte le specie animali. Per microbiota si intende il pool di microrganismi presenti a livello intestinale che agevolano la digestione di molti nutrienti e che sono essi stessi produttori di vitamine. Inoltre, con la loro presenza, sono in grado di competere con altri microrganismi potenzialmente patogeni. La presenza di un buon microbiota intestinale impedisce la proliferazione di altri microrganismi patogeni ed aiuta ad assorbire nutrienti preziosi per lo stato di salute generale. Il buon funzionamento del microbiota si può favorire non solo attraverso l’alimentazione corretta, ma anche attraverso cicli di somministrazione di fermenti lattici specifici che vadano a nutrire ed arricchire questo pool di microrganismi “buoni” presenti nell’intestino dei nostri cani e gatti. Anche l’immunomodulazione dei sistemi di difesa è molto importante ed esistono molti integratori fitoterapici a base di piante quali l’echinacea, la propoli, la rosa canina e l’olivello spinoso che, grazie ai loro fitocomplessi, modulano la risposta immunitaria rendendo il sistema di difesa più forte e pronto ad affrontare eventuali incontri sgraditi con virus o batteri. Rivolgetevi quindi al vostro veterinario di fiducia per pianificare un programma immunomodulante ed un corretto piano dietetico per il vostro amico con la coda, da seguirsi sempre ed in particolare prima degli appuntamenti vaccinali.
Come si fa a sapere se il mio cucciolo o il mio gattino si sono effettivamente immunizzati e sono protetti?
Iniettare un vaccino non significa necessariamente ottenere la produzione di anticorpi dal soggetto che lo riceve. Vi sono, come abbiamo visto, innumerevoli variabili legate allo stato immunitario di partenza ed alle condizioni ambientali, oltre che condizioni individuali che determinano una risposta anticorpale insufficiente o addirittura assente, come nel caso dei soggetti “non responder”, che, pur essendo una bassa percentuale, possono raggiungere, in base al tipo di vaccino che si prende in considerazione, dal 5 al 40% dei soggetti. L’unico modo quindi per essere certi che un vaccino abbia effettivamente provocato la risposta immunitaria e la relativa produzione di anticorpi nel soggetto vaccinato, è quella di misurare la quota di anticorpi prodotta a seguito dei vaccini. Esistono infatti dei test sierologici specifici che servono per valutare la risposta al vaccino attraverso l’analisi della titolazione anticorpale. Quelli più utilizzati su larga scala si usano proprio per i vaccini core, quindi per parvovirus, epatite da adenovirus e cimurro nel cane, e per herpes, calicivirus e parvovirus felino nel gatto.
Perché effettuare la titolazione anticorpale al mio cucciolo ed al mio gattino?
La durata dell’immunità di una malattia naturale è variabile in base all’effetto dell’agente patogeno sul sistema immunitario e sulla produzione di anticorpi. Per alcune malattie l’immunità dura infatti tutta la vita, mentre per altre soltanto pochi mesi o qualche anno. Questo dipende molto da come il virus ed il batterio interagiscono col sistema immunitario dell’ospite, e dalla produzione di anticorpi. Per quanto concerne i vaccini, l’immunità conferita è sempre inferiore a quella della malattia naturale perché i virus ed i batteri contenuti nei vaccini tradizionali sono solitamente resi molto meno aggressivi e pertanto non riescono a provocare la malattia vera e propria, tranne in casi particolari, ed evocano una risposta anticorpale meno duratura nel tempo.
Negli anni precedenti al 2007, prima della pubblicazione delle linee guida Wsava, molti produttori consigliavano di ripetere il vaccino ai cani ed ai gatti ogni anno. Poi a seguito degli studi sulla durata dell’immunità vaccinale (DOI –Duration of Immunity) si è visto che molti ceppi vaccinali sono in grado di produrre anticorpi che durano molto più di un anno, in alcuni casi perfino tutta la vita del soggetto. Le variabili sono tante anche in questo caso perché l’interazione tra soggetto e vaccino è pressoché unica: gli stessi cuccioli di una stessa cucciolata possono infatti aver succhiato più o meno colostro rispetto ai fratelli, per cui possono avere una condizione di partenza differente. Poi nella loro crescita possono avere una serie di interferenze interne o esterne e produrre quindi più o meno anticorpi, di durata più o meno lunga.
Anche nel caso del richiamo vaccinale annuale sarebbe prassi ottimale effettuare i test della titolazione anticorpale, sia per verificare che il nostro cucciolo o gattino sia davvero protetto, ma anche per valutare se è il caso di praticare un richiamo o se è possibile soprassedere.
Le linee guida raccomandano caldamente di non praticare vaccini se non ce n’è bisogno, ed il modo più sicuro per sapere se ce n’è bisogno è quello di sottoporre il nostro amico ad un test anticorpale.
Richiami vaccinali secondo le linee giuda Wsava
Per i vaccini core si raccomanda un richiamo ogni 3 anni e non annualmente; molti produttori di vaccini hanno effettuato dei test per valutare la DOI dei loro vaccini ed hanno modificato l’intervallo di raccomandazione di richiamo vaccinale sui bugiardini di vaccini, da 1 a 3 anni. Il caso più noto è quello del vaccino per la Rabbia, vaccino che è obbligatorio solo in caso si debba viaggiare al di fuori del confine italiano, anche per andare in un Paese dell’UE con il nostro Pet. La Rabbia è una malattia molto pericolosa e letale che è purtroppo ancora presente in numerosi paesi al di fuori dell’UE, pertanto esiste un rigido regolamento di Polizia Veterinaria sulla vaccinazione della Rabbia. Fino a qualche anno fa era consigliato il vaccino annuale per gli animali che viaggiavano fuori dal confine ogni anno o più volte all’anno. Adesso alcune aziende produttrici di vaccini, a seguito dei dati sulla DOI, hanno allungato il tempo consigliato per il richiamo da 1 a 3 anni, poiché hanno visto che la DOI per il vaccino della rabbia ha una durata triennale. Il calcolo della DOI resta quindi l’indice più affidabile per scegliere se praticare un richiamo vaccinale o meno. Va tenuto presente che anche la DOI triennale indicata dai foglietti illustrativi di vaccini è soltanto indicativa in quanto potrebbe essere la DOI minima. Questo poiché le aziende produttrici hanno controllato la durata dell’immunità fino a 3 anni, ma non è escluso che questa possa essere di gran lunga più duratura, permanendo a volte per l’intera vita di un animale. Ogni soggetto è differente e pertanto consiglio di effettuare la titolazione anticorpale per avere maggiori certezze sullo stato di protezione del nostro amico con la coda.
Gli studi dimostrano che non è possibile indurre un’immunità “migliore” in un animale vaccinandolo ripetutamente: in altre parole, un cane che riceve un vaccino core ogni 3 anni sarà protetto esattamente nello stesso modo di uno che riceve lo stesso vaccino ogni anno. Questo concetto però non è sempre valido per il gatto, soprattutto per l’herpesvirus ed il calicivirus.
Rapporto rischio/beneficio
Il compito delle Gruppo di Studio sulle linee Giuda Wsava è quello di indurre i medici veterinari a ridurre il “carico vaccinale” dei singoli animali, per minimizzare la possibilità di reazioni avverse ai vaccini, ed a ridurre il tempo e i costi per i clienti e i veterinari, legati a procedure mediche veterinarie non giustificate.
Andrebbero infatti praticati vaccini core e non core in particolari situazioni epidemiologiche, e con intervalli corretti, basandosi sui rischi geografici e di esposizione, sullo stile di vita dell’individuo e soprattutto sul rapportorischio/beneficio, vaccinando soggetti in cui il fattore rischio di non essere vaccinato, e quindi il rischio di contrarre l’infezione e morire a causa di essa, sia superiore al rischio di essere vaccinato e sviluppare una reazione avversa.
In questa ottica sono quindi stati individuati i così detti “vaccini non raccomandati” ovvero quelli per i quali c’è una scarsa giustificazione scientifica (evidence base insufficiente) per il loro utilizzo, rispetto al loro rischio di effetti avversi.
E se c’è una reazione avversa?
Le reazioni avverse sono definite come qualsiasi effetto collaterale o conseguenza inattesa (inclusa la diminuzione di efficacia) associato alla somministrazione di un vaccino. Includono qualsiasi alterazione, tossicità o reazione di ipersensibilità associata alla vaccinazione, sia che l’evento possa essere o meno attribuibile direttamente al vaccino. Vanno sempre segnalate, anche se solo sospette, in quanto le osservazioni di campo sono il mezzo più importante con il quale l’azienda produttrice e l’agenzia regolatoria sono allertate su potenziali problemi relativi alla sicurezza o all’efficacia di un vaccino. Solitamente le reazioni avverse rare o ritardate, possono essere individuate solo nella sorveglianza successiva all’immissione in commercio, attraverso un’analisi delle reazioni segnalate. Purtroppo il Gruppo di Studio sulle linee guida vaccinali Wsava ha riscontrato che le reazioni avverse associate ai vaccini sono segnalate raramente, a causa della complessità degli schemi di segnalazione che impediscono di conoscere la sicurezza nel tempo di questi prodotti. Riportare una reazione avversa ad un vaccino non è un’accusa contro un particolare vaccino, ma facilita la revisione di condizioni temporalmente associate ed arricchisce il database di sicurezza del farmaco. Anche con l’Omeopatia e l’integrazione alimentare si può lavorare a livello energetico sullo stato di salute del paziente, riducendo quindi l’incidenza e la gravità delle reazioni avverse. Consiglio quindi sempre di chiedere al vostro medico veterinario un programma personalizzato prima del ciclo vaccinale.
Come si possono ridurre le reazioni avverse e gli effetti collaterali dei vaccini?
Il vaccino è un farmaco che va a stimolare il sistema immunitario di un individuo. Quanto più questo individuo si troverà in un buono stato di salute, tanto meno saranno i rischi e maggiore sarà l’efficacia. Dovrebbe quindi essere prassi una visita completa dal vostro veterinario e se necessario anche delle indagini diagnostiche prima della vaccinazione. Possono essere molto utili un prelievo di sangue che monitori emocromo e protidogramma, esami che sono indici diretti ed attendibili dello stato di salute generale e del buon funzionamento del sistema immunitario del vostro Pet. Altro esame molto importante per i nostri amici con la coda è quello coprologico che mira ad escludere se vi siano infestazioni di parassiti intestinali. La presenza di parassiti intestinali può infatti interferire in modo indiretto sulla corretta risposta ad un vaccino in quanto, il soggetto che ne è affetto, potrebbe avere il suo sistema immunitario impegnato a combattere i parassiti, e quindi potrebbe non rispondere correttamente allo stimolo vaccinale. E’ bene, se possibile, inviare il campione biologico ad un laboratorio specializzato, raccogliendo le feci da 3 emissioni consecutive, in modo da rilevare con maggior accuratezza l’emissione di uova, essa è infatti intermittente nel tempo. Molto utile per ottenere la massima risposta anticorpale con il minimo degli effetti collaterali, è l’assunzione, in previsione della data del vaccino, degli integratori immunomodulanti e dei rimedi omeopatici per disintossicare l’organismo.
E per chi non si può vaccinare?
Esistono alcune categorie di pazienti nei quali, a causa di patologie metaboliche importanti, o autoimmunitarie, allergiche o infettive croniche, è preferibile rimandare e distanziare quanto più possibile i vaccini o è addirittura sconsigliata la vaccinazione. Proprio in questi pazienti è molto importante programmare dei cicli di terapia immunomodulante, e prevedere una dieta corretta, oltre che uno stile di vita che agevoli il mantenimento dell’equilibrio nello stato di salute globale. In questo caso la scelta di un medico veterinario che utilizzi nella sua pratica clinica presidi quali l’omeopatia, la fitoterapia e l’alimentazione naturale può davvero fare la differenza per mantenere Fido e Micia in ottima forma.
… ma quindi quante volte devo portare Fido e Micia dal veterinario per il vaccino?
Le vaccinazioni devono essere considerate solo come una componente di un piano personalizzato completo e preventivo per la salute dell’animale, basato su età, razza, stato di salute, ambiente, stile di vita ed abitudini di viaggio del cane o del gatto. Fido e Micia vanno quindi regolarmente portati a visita dal vostro veterinario di fiducia almeno una volta, meglio se due volte all’anno e non necessariamente per un richiamo vaccinale! La visita veterinaria infatti può far emergere altri tipi di problemi di salute, ed il vostro veterinario di fiducia potrà fornirvi consigli anche sulla nutrizione, sull’igiene, sulla prevenzione di altre patologie ed anche su piccoli problemi comportamentali; a seguito di un accurata visita clinica, ed in base allo stile di vita del vostro amico a quattro zampe, valuterà quindi quale è il miglior protocollo vaccinale che lo protegga ed allo stesso tempo limiti gli effetti avversi e collaterali a breve e lungo termine.