La cosiddetta “istruzione parentale” (chiamata anche home-schooling oppure home-education) è sempre più praticata in Italia e in particolare, dopo la pandemia, ha avuto una ulteriore diffusione specie nel Centro-Nord. Un numero crescente di genitori sta scegliendo percorsi scolastici non istituzionali per i loro figli e nonostante le difficoltà che questo comporta, si dichiarano in genere, soddisfatti di questa scelta.
Le scuole parentali hanno sede in abitazioni e in luoghi spesso fuori dai centri abitati, ritenuti adatti ad accogliere gruppi di bambini di età anche molto diverse tra loro. Esistono numerose Associazioni culturali o APS, Enti del Terzo Settore, che hanno fondato le proprie attività proprio sull’educazione parentale e che offrono spazi organizzati e collaudati per ospitarle.
Il Ministero dell’Istruzione, nelle linee guida che regolano le modalità di gestione delle scuole parentali, rispetta le disposizioni e i dettami della Costituzione e del Codice Civile. Secondo la Costituzione l’istruzione dei bambini è una responsabilità primaria dei genitori e in misura secondaria dello stato.
Questo viene spesso dimenticato dalle istituzioni politiche che travalicano con leggi ad hoc i diritti genitoriali. Ci riferiamo a elementi quali le limitazioni della libertà di scelta terapeutica, ovvero come curare i propri figli e a elementi pedagogici che vanno sempre più verso l’omologazione e l’appiattimento della personalità del singolo. Il Ministero dell’Istruzione, all’interno delle disposizioni normative rivolte agli istituti scolastici e agli insegnanti, esorta sempre ad adottare un piano di studi individualizzato. Anche il Codice Civile (Art.147) invita i genitori ad educare con valori che tengano conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.
Quello che leggiamo sulla carta è decisamente diverso da ciò che sta accadendo nelle scuole pubbliche o nella maggior parte di esse.
I modelli educativi
Il motivo prevalente che porta la famiglia a scegliere le scuole parentali o altre non ortodosse, è la tendenza all’omologazione e la presenza di alti livelli competitivi (o poco collaborativi) che sono imperanti quasi in ogni scuola dell’area istituzionale.
Il termine educazione è usato nei documenti ministeriali e ha un significato più evoluto di “istruzione”. Mentre l’istruzione sottende l’acquisizione di nozioni e informazioni, il significato di educazione è più ampio e in sintonia con le linee guida ministeriali. Non si tratta di una questione da poco e neanche recente. Da decenni molte scuole parificate offrono modelli culturali di istruzione e di educazione diversi da quelli istituzionali sia nei valori umani che nei programmi.
Il rispetto delle capacità e dei talenti individuali entra spesso in conflitto con le esigenze del gruppo e degli standard di preparazione scolastica. Il saper coniugare le attitudini del singolo con le esigenze collettive (come possiamo vedere nelle scuole montessoriane, steineriane ecc.) è a carico dell’insegnante, ma in pratica è sempre meno seguito.
Prerogativa dei metodi non ortodossi è di seguire modelli educativi che privilegiano:
- 1. La socializzazione
- 2. La cultura umanistica
- 3. L’espressione artistica
- 4. La mobilità
Stili di vita e benessere
I genitori che scelgono le scuole parentali adottano mediamente stili di vita diversi da quelli della popolazione generale. Tra questi mettiamo in evidenza l’aspetto nutrizionale. Un vantaggio delle scuole parentali riguarda la possibilità di scegliere la dieta dei propri figli.
In genere sono proprio i genitori a preparare il cibo, oppure uno di essi si occupa di cucinare, anche se in molti casi la presenza di una cuoca garantisce pasti migliori o l’educatrice stessa che prepara i pasti.
I cibi che i genitori propongono sono gli stessi che consumano in casa, sono prevalentemente biologici e di alta qualità. A fronte di mense con cibo massificato, preparato industrialmente, spesso processato e non fresco, con associazioni alimentari incongrue e proposte da una scienza nutrizionale decisamente condizionata dai dettami dell’industria agro-alimentare.
Altro elemento che depone a favore delle scuole parentali è l’ubicazione. Spesso situate in luoghi non inquinati e salutari, anche se si stanno diffondendo quelle cittadine. Questo permette alla scuola di gestire spazi all’aperto in contatto con una natura più incontaminata e ai bambini di muoversi più liberamente.
I limiti maggiori invece sono determinati dai costi, dagli spostamenti, dal numero e dalle diverse età degli iscritti, dal reperimento di insegnanti/educatori e di strutture adatte, ma complessivamente questi ostacoli vengono considerati superabili e in genere più trascurabili dei benefici.
I benefici più rilevanti vengono determinati dalla tipologia dei modelli formativi che sono applicati e ispirano la crescita mentale e fisica dei bambini.
I più comuni sono:
– una socializzazione calibrata sui bisogni dei bambini
- – il superamento dei modelli cognitivi e nozionistici con altri che privilegiano lo sviluppo umano, emotivo e fisico.
- – una maggior libertà di espressione: il giudizio non viene applicato così come esiste una competitività moderata e non esasperata
- – lo sviluppo e la ricerca del talento nei bambini attraverso le sue modalità espressive e la sua identità
- – la promozione e la rivalutazione di una cultura classica, umanistica e una attenzione fondamentale alle materie artistiche
- – il rispetto delle diversità di genere, di provenienza, di linguaggio e la capacità di aggregazione degli insegnanti
- – stili di vita salutari ed educazione a modelli naturali
- – ritmi di studio e bioritmi adeguati all’infanzia
Una visione sistemica
L’adeguamento alla socialità proposto nelle scuole parentali segue spesso un modello “sistemico”. Il pensiero sistemico nasce in ambito biologico ma ben presto si sviluppa in una dimensione sociale ed ecologica.
La cooperazione è al centro del modello sistemico. Le varie componenti e gli attori del processo sono connessi e interattivi. L’ambiente, il cibo, i genitori, i bambini, gli educatori ecc. sono collegati da dei principi condivisi che riguardano i valori etici, le scelte terapeutiche, i modelli culturali ecc.
La Dott.ssa Michela Lupi, Sociologa della Comunicazione, aggiunge:
“… il modello sistemico, mutuato dalle scienze della complessità e dalle teorie ecologiche dei sistemi viventi, propone una riorganizzazione dell’esperienza scolastica fondata sull’interconnessione tra saperi, contesti e persone.
Tra i principi fondanti del pensiero sistemico in ambito scolastico vi è l’integrazione disciplinare: la conoscenza non è più concepita come una somma di contenuti isolati, ma come una rete dinamica e interrelata di concetti, fenomeni ed esperienze. Un secondo elemento cruciale riguarda il rapporto con la natura. Nel paradigma sistemico, la natura non è un oggetto esterno da studiare, ma un sistema vivente di cui l’essere umano è parte integrante.
Inoltre, il pensiero sistemico promuove un approccio profondamente collaborativo, che rafforza il senso di co-progettazione e allena la capacità di lavorare in rete in modo generativo e creativo…”
Conclusioni
Storicamente nella scuola si apre, a periodi, l’annosa questione sul sistema di valutazione: meglio il voto o il giudizio? I pedagogisti e gli insegnanti si dividono su una questione che dovrebbe rappresentare un genere di approccio, più umanistico oppure più tecnico-scientifico. In realtà si tratta di una diatriba inutile nella misura in cui sta palesemente aumentando, e in modo pericoloso, lo stimolo competitivo. Questo fenomeno ha coinvolto decisamente anche le famiglie. Le differenze tra allievi, le aree svantaggiate, le situazioni emotivamente problematiche, sono medicalizzate, per lo meno psicologicamente, nonostante gli sforzi di inclusione. Anzi a volte vengono stigmatizzate se non alimentate (vedi ADHD).
Il fenomeno delle scuole parentali sta prendendo piede perché questi aspetti diventano sempre meno tollerabili dalle famiglie. Il rispetto dell’individualità come descritto, così come un miglioramento delle condizioni scolastiche, della vivibilità e del benessere, sono determinanti sempre più perseguite per migliorare la qualità della vita dei bambini.
Esistono delle evidenti difficoltà, come già accennato, nella organizzazione di queste scuole. Una loro organizzazione presuppone vari adempimenti e complicazioni. Una di quelle più temute è la scelta della scuola dove il minore sosterrà l’esame di idoneità. Un percorso scolastico fondato su un impianto sistemico basato sulla collaborazione e meno sulla nozione, può crollare nel momento in cui si verifica il giudizio e la valutazione. Le indicazioni nazionali per il curriculum dello studente prevedono, rispetto ai “programmi” la normativa sugli esami di idoneità, chiari intenti, a norma dell’art. 3 del DM n.05 del 08/02/2021.
Tale documento vuole intendere che nel momento valutativo, ovvero l’esame, pur perseguendo gli obiettivi di apprendimento previsti, ciascun alunno potrà garantire il raggiungimento di obiettivi didattici in tempi più lunghi e calibrati sulla persona.
Lo spirito dei documenti ministeriali è più in sintonia con le realtà delle scuole parentali di quello che si pensava. La tempistica per acquisire competenze e conoscenze è così più elastica e dilatata in relazione alla personalizzazione del piano di studi e alle inclinazioni di ogni singolo studente.
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