Arrivare entro il 2024 ad un trattato che limiti l’inquinamento da plastiche e che sia vincolante per gli Stati membri. È questo l’ambizioso obiettivo che si è posto il Comitato intergovernativo di negoziazione (INC), nella prima delle 5 sessioni previste, svolta in Uruguay dal 26 novembre al 6 dicembre alla presenza di 2.000 delegati provenienti da 160 paesi. Ambizioso, sì, ma non certo a portata di mano, se è vero che le divisioni tra gli Stati che vi hanno aderito sono tante e non sembrano trovare alcuna facile soluzione di compromesso.
I colloqui delle Nazioni Unite sulla plastica
Dagli anni ’50 ad oggi, le plastiche hanno invaso ogni centimetro della nostra vita. Sono nell’acqua, nell’aria, in quello che mangiamo e in quello che beviamo. Studi recenti hanno trovato microplastiche perfino nei ghiacciai antartici, dimostrando oltre ogni ragionevole dubbio che ormai le plastiche sono ovunque. Il great garbage patch, l’immensa isola di rifiuti plastici che galleggia in mezzo all’oceano, è ormai grande ben più della Francia, e ogni iniziativa, per quanto piena di buona volontà come quella di Ocean Cleanup, si è rivelata fin qui inadatta a risolvere il problema. Per questo in molti (tra cui noi) pensano che solo un intervento coordinato degli Stati di tutto il mondo possa riuscire ad invertire la rotta e garantirci di ripulire il mondo dalle plastiche entro il 2040.
Gli obiettivi del Comitato intergovernativo di negoziazione (INC)
Già, perché, almeno sulla carta, sarebbe proprio questo l’obiettivo dell’INC, al quale però pare che al momento si contrappongano interessi troppo forti. In ballo, come facile immaginare, ci sono decine, se non centinaia di miliardi di dollari. È anche per questo che la prima sessione del Comitato si è risolta senza l’adozione di alcun provvedimento incisivo. Anche sul percorso da intraprendere per arrivare al risultato, le visioni dei singoli Stati non sono omogenee: chi vorrebbe l’immediata adozione di provvedimenti giuridicamente vincolanti, chi invece vorrebbe solo tracciare un quadro d’insieme, dando poi ai singoli Stati la possibilità di intervenire come meglio credono. Col rischio, se non la certezza, che alcuni di loro farebbero di tutto per boicottare gli interventi richiesti.
Un primo passo nella direzione giusta
Ciò nonostante, i delegati si sono detti ottimisti verso il raggiungimento degli obiettivi preposti, e anche noi siamo felici di vedere che si sia fatto un primo passo (almeno formale) verso una risoluzione dei problema negoziata ai massimi livelli delle organizzazioni internazionali. Certo, i punti da sciogliere sono ancora molti, e alcuni di essi riguardano la questione più spinosa di tutti, ossia il bilanciamento negli interventi tra i paesi che hanno storicamente inquinato di più e quelli in via di sviluppo, le cui emissioni “storiche” sono molto più basse ma che spesso hanno mezzi di produzione più obsoleti e inquinanti.