Fermarsi prima che il corpo dica basta

29 Settembre, 2020
Tempo di lettura: 7 minuti

Gli anni che ho passato in Sud America, sono stati indimenticabili, ho imparato moltissimo da un popolo semplice e genuino. Ho imparato tanto dai miei amati indigeni quanto dai libri e dai maestri che ho seguito. Ho imparato che la malattia si manifesta nella necessità della vita, quasi a renderci liberi da ciò che noi stessi non comprendiamo e ci fa prigionieri. Come nel caso di Maria, impressa nella mia mente con la lucidità del presente.

Maria giunse alla visita su di una lettiga fatta con pali e stracci. Era una donna indigena della razza Mixtec, di montagna, dalla Sierra Azul de Oaxaca, in Messico. La trasportavano i suoi due figli. Quando l’ho incontrata, poteva avere circa 60 anni. Era una donna di campagna, piccola, raggrinzita, molto invecchiata. Con i capelli bianchi corti. Non poteva badare a se stessa perché aveva tutte le articolazioni gonfie a tal punto da essere il doppio delle dimensioni normali e sentiva dolore. Erano di un colore rosaceo e perlaceo per l’enorme quantità di liquido al loro interno e l’intensa infiammazione cronica. Si presentava come una sorta di artrite sierosa, con un quadro di reumatismi articolari cronici di natura deformante. Aveva già tutte le dita delle mani e dei piedi contorte.

Malgrado questa situazione la donna era dolce e gentile anche se si lamentava. Manteneva un atteggiamento di estrema umiltà tipico delle persone indigene semplici, caratteristica del popolo messicano. La donna piangeva facilmente, era scoraggiata e nel suo silenzio conteneva un’infinita disperazione. I figli dicevano che era cambiata, che era diventata irritabile, inusuale per la sua natura. La donna mi dice che malgrado fosse anziana e ammalata per le articolazioni da tre anni, ha continuato il lavoro nei campi fino a che ha potuto. A poco a poco i dolori intensi le hanno impedivano di continuare fino ad impedirle di muoversi normalmente.

Un progressivo peggioramento

I dolori sono iniziati nelle articolazioni delle ginocchia e delle caviglie. Prima la parte destra e poi la sinistra. Gradualmente sono saliti lungo le braccia e le mani, immobilizzando completamente anche la colonna vertebrale. Come da prassi è stata trattata con corticosteroidi, con l’unico risultato di un continuo peggioramento. Per questo, non trovando alcun miglioramento e vedendo il grave e progressivo avanzare della malattia, hanno deciso di venire da me, avendo sentito tanto parlare degli “stregoni bianchi”.

I dolori si presentavano  continuamente come punture foranti e brucianti ad ogni minimo movimento, cosa che la costringeva a stare continuamente a letto a  riposo totale. Al tatto le articolazioni erano molto sensibili e come impastate. Naturalmente la stitichezza dovuta alla vita sedentaria era presente.  A un certo punto hanno dovuto aiutarla, e hanno raggiunto un qualche risultato con grande difficoltà con massaggi e un clistere di acqua tiepida e olio d’oliva. Le evacuazioni sono state dure, asciutte e grandi.

Una vita dolorosa alla base della sofferenza

Aveva avuto tre figli.  La sua vita è stata difficile e faticosa. La donna mi ha detto che per tutta la vita suo marito l’aveva fatta lavorare come un mulo. L’aveva caricata fin da che era una giovane donna, con pesi enormi, come gli animali, e le aveva fatta scalare le montagne. E quando si fermava, la colpiva come fosse un mulo da soma. Piangeva molto, ma più piangeva, più la picchiava. E così è andata avanti per molti anni fino a quando si è ammalata.

Nella prima visita medica era già tutto chiaro. Quando l’ho visitata, la donna aveva preso il cortisone fino a 15 giorni prima ed era in fase acuta e dolorante.  Considerando i sintomi ha cominciato a prendere un rimedio chiamato Brionia. Potenza 6ch 3 gr 3 volte al giorno, con la richiesta che mi avrebbe fatto sapere come stava in due o tre giorni. Dopo 3 giorni c’è stata una lievissima  diminuzione del dolore. Ha continuato per una settimana e c’è stato un ulteriore miglioramento molto lento e leggero. Viene aumentata la potenza  a 7 ch, poi a 9ch e molto lentamente avrebbe migliorato fino al 30% in 2 mesi, ma ancora non si manteneva in piedi, anche se faceva dei tentativi.

Fortunatamente la donna aveva la capacità di sopportare la sofferenza (proprio come aveva sopportato così tanto dolore per tutta la vita). Mentre questa situazione molto difficile, naturalmente incurabile è andata migliorando, abbiamo cercato di conversare. Nonostante siano stati rari tali momenti, sono riuscita a percepire molto del suo sentire interiore, un aspetto fondamentale per inquadrare il suo patimento. Un risultato evidente della terapia è stato il cambiamento nel tipo di  infiammazione rossastra delle articolazioni che erano diventate cangianti. Ha iniziato a percepire il desiderio di limonata e di cibo piccante, un elemento utile ai fini terapeutici.

La sua indole mansueta ed il rimedio Pulsatilla

La sua espressione era docile e gentile. Sono rimasta sorpresa, sconcertata. Nel chiederle di tutta la violenza che aveva subito immaginavo mantenesse un grande rancore nei confronti del marito. Ma non era così! Mi disse: “No, è mio marito! E non ho rancore, perche’ ora non mi picchia piu.”

I sintomi fisici,  l’estrema docilità e il carattere servizievole della donna, mi hanno indotto a darle Pulsatilla. Dato il miglioramento e lo sviluppo con la Brionia, temendo un aggravamento, ho prescritto pulsatila 30 ch 1 granulo ogni 3 giorni sciolto in un bicchiere d’acqua e sempre agitando forte prima di ogni somministrazione. Chiesi di essere avvisata come di consueto dopo circa 15 giorni.

La Pulsatila ha continuato con un progressivo miglioramento al punto che dopo 2 mesi la donna poteva già alzarsi ed i dolori erano stati ridotti del 50%. Con il tempo, i sintomi si stavano spostando verso manifestazioni più costituzionali e a un certo punto poteva iniziare a prendere la Calcarea carbonica alla 30ch, 3 gr a secco ogni 3, 4 giorni, per lungo tempo. Ho provato grande gioia quando ho visto questa donna venire alla visita camminando con un bastone, sui suoi propri piedi, nonostante l’incurabilità definitiva della sua malattia e  accompagnata dal marito.

La salvezza nella malattia

In questo caso vediamo, chiaramente, il potere  salvifico della malattia. Grazie al fatto che Maria  è una persone molto semplice e genuina, abbiamo potuto vedere la malattia manifestarsi in forma così reale e spontanea.

Di fronte al trattamento brutale del marito e alla consueta condizione culturale della sua zona, la donna, come tante altre, abbandonata al suo destino e abituata dagli esempi atavici aveva raggiunto il limite.  Quando non riusciva più a sostenere la sua condizione, il corpo si è ribellato, si è rifiutato di continuare così. L’estensione a tutto il corpo di una malattia non ereditata (tutta la  sua famiglia era fisicamente sana e tutti erano morti per vecchiaia) ci mostra quanto in questa donna tutto era stato prodotto in risposta alla violenza, all’eccessivo lavoro e allo sforzo quasi animale durato molti anni.

Il quadro clinico così serio ci mostra che la donna aveva una buona forza vitale. Che i sintomi erano reattivi al cattivo trattamento, al lavoro schiacciante, fatto nelle peggiori condizioni, anche sotto la pioggia malgrado i raffreddamenti. Questa condizione di sintomi reattivi ci permette di capire perché fu possibile il suo relativo recupero.  Erano i sintomi della “vita cattiva”. Quando queste condizioni di lavoro e di trattamento sono cambiate, il suo corpo è stato in grado di utilizzare le sue risorse per la guarigione, anche se purtroppo era già troppo tardi per raggiungere una ripresa piena e totale.

Non sarebbe stato lo stesso se ci fosse stata una malattia artritica ereditaria o di diatesi reumatica. Questo successo terapeutico è senza dubbio dovuto al potere curativo della Medicina omeopatica nel suo senso pieno. Un successo da ascrivere alla precisione del rimedio simile, possibile solo grazie alla sperimentazione pura ed alla perfetta sintonia con le condizioni del paziente in quello specifico momento della sua vita.

La sua dottrina basata sulla sperimentazione pura e la straordinaria potenza del Simillimun o rimedio simile, prescritto con precisione in ogni momento di manifestazione dei sintomi del paziente.

Il tempo dell’arte medica

In un evento medico completo la consultazione deve comprendere il momento dell’arte/riunione e il momento tecnico e metodico.

Il momento dell’arte come momento di incontro è una comunicazione profonda e reale con il paziente. Con lo sviluppo e l’evento della sua storia e della sua vita irripetibile. I suoi sentimenti, il suo modo di leggere e sapere cosa gli è successo, a partire dall’origine del suo sviluppo.  La coscienza di quella sofferenza chiamata malattia. È questo! Il fondamentale racconto semplice e spontaneo della sua vita, semplicemente così com’è. L’incontro dell’uomo che soffre con la propria storia, attraverso il dolore che vive e soffre e si confessa attraverso un altro essere umano capace di capirlo e capace, a sua volta, di accompagnarlo e guidarlo verso la possibile restituzione della sua vita e del suo benessere fisico e mentale.

Quello che ha dell’arte, da parte del medico, non è solo ascoltarlo e comprenderlo umanamente.  Quello che ha dell’arte medica è conoscere l’invisibile del suo significato in quel paziente, in quel preciso momento e le sue possibilità psichiche e fisiche di recupero progressivo. Sappiate trasmetterlo e rendere la vostra persona e la vostra parola terapeutica in modo preciso e corretto. La cosa straordinaria dell’Omeopatia è che questo significato non è solo una profonda comprensione della situazione umana, ma è integrato nel potere di azione del rimedio omeopatico, nella somiglianza dell’unico rimedio che dà la possibilità di ripristinare la discrasia o il disordine della totalità mentale, fisica e vitale del paziente. E questa è la meravigliosa arte medica della scienza omeopatica.

Il tempo della tecnica segna il passo

Il ruolo della tecnica e della scienza omeopatica fredda non è quello di dare un rimedio che compensa una funzione metabolica o lesioni alla sofferenza di un paziente, come può essere fatto con anti-infiammatorio o cortisone. È il tempo per l’applicazione delle conoscenze mediche, per il metodo scientifico completo che permette di identificare con chiarezza e precisione l’intenzione di guarigione all’interno delle possibilità mentali e fisiche del paziente. E con la stessa precisione scegliere il rimedio più simile possibile alle vostre esigenze. Il Similimum!  Il più adatto a ciò che le forze vitali chiedono, attraverso tutti i sintomi organizzati, in quello che tutti noi comprendiamo come una malattia. In questo caso un’autentica artrite reumatica degenerativa grave e avanzata con probabili lesioni da osteoartrite generalizzate.

La voce profonda dell’essere

Dal punto di vista dell’arte o dell’incontro terapeutico, è stato un passo importante per una donna confessare anche davanti ai suoi figli il dolore di tutto ciò che ha vissuto. Stiamo parlando di una donna degli strati più umili e di una generazione, dove parlare di se stessa e delle proprie sofferenze non è mai stato consuetudine.  Ma questa confessione aveva senso non solo umano ma terapeutico essendo incluso nel riconoscimento di un rimedio che nella sua modalità di azione capisce ed è stato in grado di ripristinare l’ordine compreso il disordine della sua vita. Non solo si è reso cosciente, ma si è reso possibile che questa coscienza entrasse in un’invisibile restituzione curativa attraverso la quale la paziente è stata in grado di porrei limiti che non aveva mai fissato. Ha permesso di chiedere con la propria voce il necessario e accorato aiuto per recuperare la sua vita fisica, mentale e la sua più elementare dignità umana.

 

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