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22 Agosto, 2025

Il medico e la cura

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Il medico ha il compito di curare, non di guarire. La guarigione è compito della natura, della risposta del malato, non merito del medico. Altrimenti il medico si sostituirebbe a Dio e le medicine sarebbero da considerarsi al pari di miracoli.
La funzione del medico, ripeto, è la cura. O meglio, dovrebbe essere perché oggi la cura non si sa più cosa sia.

Aver cura significa innanzitutto riconoscere la persona che viene da te a chiederti aiuto perché ha qualcosa che non va. E quando quel qualcosa riguarda la salute crea una situazione di allarme estremo, soprattutto se non si sa di cosa si tratti.
Aver cura significa accogliere quella persona senza giudizio né pregiudizio. Un sintomo sicuramente è conseguenza di alcuni comportamenti errati ma il medico non è un giudice e non deve giudicare quei comportamenti ma ascoltare il paziente per comprendere perché li abbia messi in atto ed aiutarlo a correggerli.

Aver cura significa ascoltare la persona che è venuta da te. Non sentire ma ascoltare: riuscire a percepire anche ciò che non viene esplicitato a parole, attraverso, ad esempio, la postura. Significa andare oltre i sintomi ed oltre la prima richiesta della persona. Perché spesso la richiesta è solo una piccola parte di quello che il paziente vuole comunicare ma spesso non sa come farlo.

Aiutare significa mostrare al paziente, rimandargli ciò che dice, comprese le sfumature o i colori che la persona non vuole o non riesce a vedere.
Aver cura significa accompagnare il paziente nel viaggio attraverso i sintomi e la “malattia” per rendere possibile il processo di guarigione. Senza mai sostituirsi a lui.
Aver cura significa mostrare al paziente delle possibili strategie terapeutiche ma lasciare a lui la scelta, anche se non condivisa. Compresa la scelta di non fare terapia alcuna.

Aver cura significa dire al paziente che non lo si può seguire se i suoi comportamenti vanno contro la nostra morale o la nostra ideologia. Ma senza giudizio, senza critica facendo solo notare l’impossibilità, la non capacità, da parte nostra, di seguire quel paziente.
Aver cura significa rispettare il paziente e le sue scelte.
Ma soprattutto aver cura significa prendere parte dell’ansia, della paura se non del terrore di quel paziente senza trasmettergliene altra, in modo da permettere al paziente di fare un scelta, di prendere una decisione nel modo più sereno possibile.
Significa quindi tranquillizzare e non terrorizzare.

La nostra finalità, da medici, non è imporre una terapia che noi consideriamo giusta perché ne sappiamo di più ma mettere il paziente in condizioni di poter decidere.
Per questo la dinamica, la relazione medico-paziente rimane di fondamentale importanza, anche nell’epoca dell’intelligenza artificiale o della robotica.
Il processo di guarigione non si instaura senza la cura e la cura è compito del medico.
Per questo ho sempre amato l’omeopatia: perché alla base della scelta del rimedio c’è l’ascolto, quello vero. Ed il colloquio deve durare tanto ed interessare tutti gli ambiti della vita del paziente. Perché attraverso il colloquio e l’interazione il medico può comprendere il significato di quella malattia e rimandare al paziente il vissuto che l’ha determinata.

Non esiste e non esisterà mai programma alcuno che possa sostituirsi al medico.
Il problema è che il medico deve saper fare il medico, deve sapere come aver cura e come relazionarsi. E, per farlo, la laurea non basta. E neanche 50 specializzazioni.
Per farlo è di fondamentale importanza ritrovare la propria umanità.

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