Saper aspettare è parte della terapia: il caso del piccolo Mustafà

23 Febbraio, 2021
Tempo di lettura: 6 minuti

Nell’articolo sul tempo necessario alla guarigione, ci siamo soffermati su questo importante aspetto del percorso di cura. Non riusciamo più a vivere il tempo della malattia o meglio, quel tempo necessario alla guarigione, con la giusta calma. Non riusciamo più a concedere il tempo necessario al nostro corpo e alla terapia per fare il corretto lavoro, nel tempo che occorre.

Le dinamiche al letto del malato

Quello di Mustafà è un esempio perfetto delle dinamiche che si attivano intorno al letto di un malato, seppure si tratti di una malattia molto comune soprattutto all’età del nostro paziente. Il piccolo Mustafà ha due anni. E’ venuto al mondo per caso, però è stato molto amato in primo luogo da sua madre e poi da tutta la famiglia. Figlio unico, unico cugino, unico nipotino. In una parola UNICO! Tuttavia non parla perché, tra l’altro, è figlio di un papà africano e di una mamma europea. E come si sa, il bilinguismo ritarda la dizione; però il mio piccolo Mustafà capisce tutto, si esprime con i gesti e comanda senza la necessità di aprire la bocca e pronunciare ciò che chiede. E’ poderoso nel mandare messaggi e nel dare ordini che sono eseguiti immediatamente da tutti i suoi familiari. Egli è al centro del mondo che gli ruota attorno. Con un carattere estroverso, simpaticissimo, teatrale, pieno di vivacità e irrequieto fino all’esaurimento di tutti quelli che lo seguono. Se viene contrariato è un autentico bambino teatralmente isterico e adorabile. Dal momento che è molto esplosivo, ogni sua manifestazione di malattia acuta è intensa, al punto che le febbri sono molto alte e ha avuto convulsioni febbrili, motivo per cui, alla minima vampata di calore, tutto il clan sta, logicamente, in allarme.

Malattia improvvisa e “controversa”

Un mese fa si è ammalato senza un apparente motivo, eccezione fatta per una epidemia che si è scatenata da tre mesi in tutto il mondo, apparentemente per il brusco cambio di clima che caratterizza la nostra epoca. E’ iniziata con una febbre secca, ardente e senza particolare sete. Anche senza brividi. E’ scattato l’allarme in famiglia e mi hanno chiamato. Dopo una dose di BELLADONNA 6CH ogni 2/3 ore per evitare il timore delle convulsioni dei suoi familiari, poi era opportuno osservarlo e lasciare che si manifestassero i sintomi chiari di ciò che si stava incubando. Tuttavia non c’era tempo per gli osservatori. A ciascun respiro del piccolo Mustafà, ciascuno dei familiari, che non gli toglieva gli occhi di dosso, guardava e mi riferiva un sintomo diverso. Uno diceva che aveva catarro nei bronchi, un altro diceva di no, che il muco era nel naso. Uno mi diceva che la febbre era alta e l’altro che non era tanto alta. Uno diceva che stava tranquillo senza sua madre, l’altro che era molto inquieto e non voleva niente. Uno diceva che aveva un’otite perché si toccava l’orecchio e l’altro diceva che era il muco del naso che lo molestava. Il nonno, di nascosto, gli dava la Tachipirina perché non poteva sopportare l’idea che il piccino avesse la febbre. La nonna lottava con tutti esausta per cercare di non ingenerare confusione mentre la madre doveva lavorare e pertanto il mio piccolo Mustafà si vedeva costretto a sopportare le ansie di tutti e senza il conforto delle braccia di sua madre. Il papà era in Africa e nel frattempo passavano le ore… e i giorni. Era irritabile e piagnucoloso senza poter sapere se era per il dolore, per la mancanza di sua madre o per lo stargli addosso dei nonni. Nonostante il campo di battaglia e l’assedio, il principio vitale del mio piccolo eroe, equipaggiato della sua buona forza vitale e a cavallo del suo sistema immunitario poté saltare “il ponte levatoio” e cominciò a dare sintomi peculiari i quali si mantenevano nonostante la confusione. Sintomi che stavano caratterizzando l’epidemia del momento. Una epidemia di bronchite catarrosa e evoluzione lenta. Catarro difficile da eliminare. Il piccolo Mustafà inizia ad ammalarsi in coincidenza col il suo affidamento alla scuola infantile.

Il quadro morboso

Il 22 novembre inizia con febbre a 39°, tosse con catarro e raffreddore. E’ lamentoso, infastidito ed abbattuto. Gli si dà PULSATILLA 6CH: 1 granulo sciolto in un bicchiere d’acqua perché è un bambino molto sensibile ai rimedi. Un cucchiaino ogni 3 ore, ma la febbre persiste e tutta la famiglia è allarmata. Di fronte a sintomi confusi e a una febbre alta a 40°, ardente, secca, senza sete né appetito, gli si somministra SULPHUR 6CH 1 granulo sciolto in acqua, 1 cucchiaiata ogni 3 ore. Tutti sperano la risoluzione immediata del quadro e soprattutto della febbre nonostante questa stia diminuendo.  Inizia così “la danza dei rimedi” per mancanza di chiarezza. Dal momento che non posso vedere il bimbo né posso auscultarlo, lo mando dalla pediatra di base. Questa diagnostica una bronchite asmatica lieve. La febbre è diminuita a 37°. La pediatra prescrive ANTIMONIUM TARTARICUM 15 CH come rimedio. Io rispetto e accetto (la prescrizione) e il bimbo assume 3 gr sciolti in 1 bicchiere d’acqua, una cucchiaiata ogni 3 ore con il consiglio di diradare a mano a mano che migliora. Questa valutazione i parenti dei piccoli pazienti difficilmente sanno farla, perché abitualmente il timore non gli permette di osservare bene. Danno il rimedio per due giorni e sembra che la febbre sia scomparsa e in piena convalescenza mandano un’altra volta il bimbo a scuola.

Ricaduta

E dinuovo si ammala. Il pomeriggio del 3 dicembre, mentre gioca comincia ad essere infastidito, irrequieto, irritabile. Torna la febbre ma questa volta comincia a lamentarsi per il dolore nel lato sinistro mandibolare vicino all’orecchio. E’ di notte e gli prescrivo BELLADONNA 6CH 3 gr sciolti in un bicchiere d’acqua, un cucchiaio ogni 2, 3 ore … (nell’intento di attenuarla, la febbre inizia ad aumentare con allarme di tutti). Evidentemente la situazione non si risolve e il giorno dopo torna dalla pediatra con la febbre a 38,5 e questa diagnostica una otite anteriore dell’orecchio sinistro. Come vediamo i sintomi cominciano a girare senza una reale risoluzione e miglioramento totale del paziente per la mancanza di chiarezza. Torno a dare SULPHUR 6CH 3 gr sciolti in un bicchiere d’acqua, una cucchiaiata ogni 3 ore e comincia a presentare muco purulento al naso che non riesce ad espellere e piange con febbre alta come all’inizio, secca, la sera, senza sete, senza appetito, con sonno e spossatezza durante la febbre. Prescrivo PULSATILLA 6CH 2 gr ogni due ore. Il giorno dopo va all’ospedale, gli fanno le analisi del sangue che rivelano 18.000/9000 globuli bianchi e una PCR alta in modo coerente al quadro. Di fronte a tutto questo decido di passare un’altra volta al suo rimedio profondo. SULPHUR 30 CH 1 gr 3 volte al giorno fino alla guarigione e così avviene.

Riflessioni

Come abbiamo detto tante volte, il rimedio omeopatico non va diretto ad eliminare i sintomi bensì a scatenare la reazione curativa della totalità dell’individuo. Stimolata in modo adeguato la Forza Vitale, attraverso il Principio Vitale e il famoso Sistema Immunitario individuale del paziente, sbloccano i meccanismi di tutto l’organismo fisico e mentale verso la restituzione della salute e, come conseguenza, i sintomi spariscono perché sparisce il disordine vitale. Se i sintomi spariscono, ma il paziente non sta meglio al punto da essere più resistente, meno vulnerabile e naturalmente da stare bene sotto tutti gli aspetti, significa che il rimedio o i rimedi successivi non sono adeguati. Si è soppresso un quadro morboso o la malattia, senza la conseguente guarigione del paziente. E, come abbiamo visto, così è successo con il nostro piccolo Mustafà. Come si è visto, la difficoltà di non saper aspettare l’espressione specifica e sufficientemente completa del quadro e l’intervento prematuro con un rimedio prescritto “a occhio” va creando confusione. Prescrivere in base al nome di uno stato di malattia può creare confusione e sopprimere il quadro, cosa che si riconosce perché tutti i sintomi ritornano.

Si libera relativamente della febbre però il quadro generale comincia a girare in forma disordinata. Tentare di risolvere il problema ponendo in primo luogo le ansie familiari oscura la comprensione di ciò che si deve curare e di come si deve curare.

E’ necessario comprendere che lo stato di malattia di qualsiasi tipo ha un suo proprio tempo di evoluzione che corrisponde straordinariamente al rimedio adeguato, ma si deve compiere/rispettare. Oggi il desiderio, ormai abituale, che tutto sparisca istantaneamente, è controproducente , antinaturale e non giunge a buon fine. Come conseguenza, uno stimolo di disordine che complica le cose.

La conclusione per noi tutti, medici e pazienti, è che si deve saper aspettare il tempo giusto. Un tempo che può essere molto variabile, da 5 minuti a 5 ore, fino a che i sintomi si manifestino bene: predominanti, straordinari, peculiari e singolari, così come Hahnemann lascia scritto nel paragrafo 153 dell’Organon della Medicina, Scienza e Arte della guarigione.

Facendo così, si compie ciò che è l’ ideale della guarigione: che sia breve, soave e stabile. Questo si raggiunge in forma ottima con il riconoscimento del SIMILLIMUM o vero rimedio omeopatico, favorendo così non solo la restituzione della salute, ma anche lo sviluppo autentico del proprio paziente.

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