Redazione

L’arma segreta contro il Covid-19 potrebbe essere l’arancia

Più precisamente, una sostanza contenuta all'interno della buccia, la naringenina
5 Novembre, 2020
Tempo di lettura: 2 minuti

L’arma segreta contro il Covid19 potrebbe l’arancia. Più precisamente, una sostanza contenuta all’interno della buccia, la naringenina. Questo composto chimico naturale prodotto dagli agrumi, infatti, pare avere la proprietà di mettere fuori uso alcune classi di proteine. Fra queste, la proteina chiamata TPC2, che pare avere un ruolo chiave nell’infiltrazione del coronavirus all’interno delle cellule umane. Il meccanismo è simile a quello dell‘idrossiclorochina. Quest’ultima, però, non ha superato il vaglio degli ultimi studi, che l’hanno ritenuta praticamente inutile nel trattamento dell’infezione da Sars-Cov-2.

L’arma segreta contro il Covid19 potrebbe l’arancia

Lo studio sulla naringenina è frutto del lavoro di due scienziati italiani che, partiti da settori diversi e indipendenti, hanno fatto confluire le loro ricerche in uno studio di più ampio respiro. Armando Carpaneto, fisiologo vegetale dell’Università di Genova, si era reso conto durante i suoi esperimenti che a contatto con la naringenina una classe di proteine veniva messa fuori uso. L’istologo della Sapienza di Roma Antonio Filippini in contemporanea, aveva dimostrato in un suo studio pubblicato su PNAS (il giornale dell’Accademia delle scienze degli Stati Uniti) che nella cellula umana la rimozione di una proteina chiamata TPC2 blocca il formarsi di angiogenesi, i vasi sanguigni che alimentano un tumore.

Lo studio italiano

Mentre i due italiani lavoravano ai rispettivi studi, altre ricerche mediche mostravano la correlazione tra TPC2 ed infezioni molto aggressive, quali quelle da Ebola e da Mers, nei topi. Vista la stretta somiglianza del virus della Mers al Sars-Cov-2, è stato logico approfondire l’eventuale efficacia della naringenina sulle cellule umane nel contrasto di quest’ultimo. Così i due hanno unito le proprie forze per tentare, attraverso il composto, di inibire la proteina TPC2, per cercare di aggiungere un’arma da utilizzare nella pandemia in corso. La strada pare, finora, aver trovato più di una conferma. Dopo che, a febbraio, Filippini e Carpaneto ne hanno scritto sul giornale scientifico Frontiers in Microbiology, altri studi sembrano aver corroborato la loro ipotesi. Un’equipe di ricercatori tedeschi si è spinta fino a definire la proteina TPC2 il “tallone d’Achille” del coronavirus.

Le conferme internazionali

«L’abbiamo verificata con esperimenti in laboratorio, su cellule tumorali infettate con il virus. La naringenina funziona», dice Carpaneto. Le risultanze venute a galla dal lavoro dei due sono state vagliate alla Sapienza dai virologi Guido Antonelli e Carolina Scagnolari, e al San Raffaele di Milano dal gruppo di Massimo Clementi e del suo allievo (ma non parente) Nicola Clementi. I risultati, il 16 ottobre, sono stati pubblicati in un altro articolo, sulla rivista Pharmacological Research. «Domani la naringenina potrebbe essere somministrata in forma di aerosol, o spray nasale, o pastiglia», dice Filippini. Una scoperta del genere potrebbe rappresentare una vera e propria svolta nella lotta al Covid19, dal momento che «la naringenina è una molecola nota, è già molto presente nella nostra dieta. La mangiamo».

Sebbene, ovviamente, nel caso venga utilizzata come farmaco la concentrazione di naringenina sarebbe molto più concentrata di quanto non sia negli agrumi, secondo Filippini «si hanno notizie di studi clinici in Cina, senza controindicazioni. Il vaccino – continua – dovrebbe evitare l’infezione, la naringenina sarebbe la base di un trattamento medico atossico, a basso costo, semplice, che ridurrebbe i sintomi, eviterebbe crisi respiratorie e terapie intensive, e darebbe al sistema immunitario il tempo di reagire» Carpaneto è ottimista. «In pochi mesi potremmo avere una soluzione».

 

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