In alto c’è scritto “Sala Parto Santa Caterina 2* piano, Prof…”
Il papà e fuori, nervoso, ma composto, cammina su e giù, guarda il cellulare, non ci sono sedie, può solo aspettare in piedi.
È da solo, non ci sono parenti con lui, non può fumare né ha sete, è lì fuori da almeno due ore.
La porta della sala parto si apre ogni tanto per fare entrare o uscire qualcuno.
Inutile chiedere notizie di sua moglie, di come va il travaglio, e di quanto stia soffrendo.
Non l’hanno fatto entrare a dare forza alla sua compagna, neppure con la mascherina, perchè raffreddatissimo è dovuto rimanere fuori, sfortuna più stress.
Io sono infermiere capo, nel reparto di ostetricia, mi occupo dell’accoglienza delle gravide, cioè dell’accettazione delle future puerpere, raccolgo i dati, preparo la cartella clinica di ingresso, spiego in dettaglio come funzionerà il parto. È con me sempre Cristina, l’ostetrica.
Quasi mai sono donne sole, di solito è sempre presente il compagno, marito, amante, non so.
Mi basta dare una occhiata alla coppia però per capirne la tipologia.
Ragazze molto giovani, totalmente impreparate, ma coraggiose, altre volte “primipare attempate” (termine odioso), altre volte donne al secondo matrimonio con un nuovo partner e stessi difetti, oppure un lui molto grande di età con una lei giovane straniera al primo figlio. Localizzazione di solito nord est europeo o Sudamerica.
Mentre raccolgo i dati, so già come andrà a finire quella coppia, o almeno mi faccio dei film in testa e giudico e pronostico come andrà la storia.
Stavolta quel giovane futuro padre, oggi sugli spilli, e conosciuto pochi giorni fa, mi fa tenerezza, troppo smarrito e confuso.
Mi chiedo: “pensa alla Juve o alla partita di calcetto del prossimo venerdì a cui non potrà andare. O ha fatto un passo avanti e riflette come può, alle giornate prossime e sconvolgenti che lo attenderanno?”.
Si avvicina con finta sicurezza al mio box a vetri sul corridoio, e mi chiede quanto ci vorrà.
“Vado a vedere, mi attenda”.
Ritorno: “Il canale da parto non è totalmente dilatato, ci vorrà ancora un po’”.
Ci pensa un attimo: “Le chiedo una gentilezza potrebbe dare questi granuli a mia moglie?” E me li mette in mano.
“Cosa sono”
“Niente di che, zuccherini, Omeopatia”.
Leggo sul dorso dei due tubi granuli: Actaea racemosa 9CH e Caulophyllum 5CH.
Li scuoto al mio orecchio, sono pieni e sembrano veramente dal rumore, caramelline.
Ma le conosco bene so cosa sono.
Obietto che la signora non può assumere nulla, è in travaglio.
“La prego, gliela metta in bocca lei, tre granuli e tre granuli, nelle pause di dolore, la prego, sono cosucce omeopatiche innocue, la prego. Guardi, le faccio vedere come si danno, vede facile facile, nò?”.
Mmmhhh, non potrei, ma tanti anni di preciso servizio senza errori, a pochi mesi dalla pensione, sento che posso osare.
Conosco l’Omeopatia, mi curo da anni con ottimi risultati. Vado.
Aggiro l’ostetrica e distraggo l’anestesista, non visto eseguo il compito come un carbonaro.
Venticinque minuti dopo.
È nato, è nato Lorenzo, 3 chili e 400, rubizzo, sano e grande urlatore di già.
L’ostetrica lo appoggia tra le braccia del papà che momenti sviene e lo sorreggo (non ci sono sedie), pallido come un muro bianco, piange.
Ritorna l’ostetrica che riprende il bambino per la visita a seguire del pediatra.
Riprendiamo fiato, si ricompone. Anche io con lui.
Previsioni ?
Una coppia che durerà a vita, lo sento, e certamente torneranno per il prossimo figlio, ma… io allora sarò altrove con mia moglie, nel mio rifugio a Tagliacozzo, con i miei fiori, il mio orto, e i miei cani beagle Asso e Full, pronti per andare a caccia o solamente per passeggiare.
C’est la vie …
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