Illustrissimo dottore, come già le accennai con la precedente mia lettera, ho tenuto fede all’impegno preso e, quando l’esercito si accampò nelle vicinanze di una città, immediatamente mi recai in farmacia a comprare il tubulo omeopatico da lei prescritto: Onosmodium virginianum. Pochi granuli sotto la lingua e, dopo alcuni giorni, recuperai tutte le energie sprecate a causa di quel piccolo problema che le avevo confidato, quel vizietto che mi affliggeva da parecchio tempo.
– Cose da birichino. – Sussurrò lei con un sorrisetto malizioso.
Poi, facendosi più serio, sentenziò:- Lei soffre di impotenza da eccessiva masturbazione!
– Esimio dottore provi lei a trovarsi solo, di notte, sdraiato su una branda nella semioscurità di una tenda. Provi lei a sentirsi stanco per avere comandato un’intera compagnia di ruvidi militari dopo una lunga marcia nella prateria, con due candele accese e dei fogli sparsi qua e là sul tavolo, incapace di trovare la concentrazione per scrivere il rapporto della giornata. Che cosa avrebbe fatto lei, trovandosi al posto mio, se non desiderare di rilassarsi, magari cercando un po’ di intimità con se stesso? Sinceramente non credo di avere compiuto un’azione riprovevole, anche perché il pensiero era sempre rivolto alla mia adorata moglie Elizabeth e a nessun’altra donna. Tuttavia questa azione, ossessiva e ripetuta, ben presto iniziò a procurarmi dei problemi. Svogliatezza, mancanza di orientamento, irritabilità, intorpidimento e formicolio agli arti inferiori sono i sintomi che maggiormente mi affliggevano. Inoltre, come mi minacciava il prete quando io ero un ragazzo, iniziai a soffrire di una notevole perdita della vista! A quel punto, egregio dottore, mi rivolsi a lei. Grazie alle sua cura ottenni un risultato sbalorditivo. Queste mie angustie scomparvero. Quasi tutte, poiché proprio oggi, pur mantenendo un ascetico quanto faticoso distacco da me, noto con un certo disappunto che la mia vista rimane confusa e sdoppio le immagini. Per essere più chiaro, brevemente le descrivo ciò che vedo in questo momento. Ha presente quei simpatici ragazzotti chiamati indiani o pellerossa? Sì, proprio quei birbantelli che girano con tutte quelle penne sulla testa da farli assomigliare a dei tacchini? Ebbene io ne sto vedendo a migliaia da ogni parte io punti questo mio binocolo, tutti con le stesse facce dipinte come se fosse carnevale. Tanti Kiowa, Arapaho e Comanche insieme e nello stesso posto? Impossibile. Quindi questo è solo un problema della mia vista che sta moltiplicando quei monelli dal nome buffo, come Toro Seduto o Cavallo Pazzo. Sa cosa farò, adesso? Uscirò da questa postazione e gli sparerò contro qualche colpo di pistola, in modo da spaventarli e costringerli ad una fuga tanto veloce che non avremo loro notizie per un bel pezzo.
Cordiali saluti
George Armstrong Custer
Little Bighorn 25 giugno 1876