Un blog ideato da CeMON

5 Luglio, 2022

Jean Baudrillard e la scomparsa della realtà

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Ogni lunedì riceverai una ricca newsletter che propone gli articoli più interessanti della settimana e molto altro.
Tempo di lettura: 4 minuti

Jean Baudrillard (1929-2007). Filosofo, sociologo, critico culturale e fotografo, è stato tra i più importanti teorici e critici della postmodernità.

Vogliamo cominciare da un suo libro Dimenticare Foucault, in cui contesta a Foucault che nelle società postmoderne l’esercizio del potere non avvenga tanto come un capillare dominio, ma piuttosto come un uso cinico di simboli trasformati in simulacri e simulazioni. “Dietro il potere c’è il vuoto, o anche nel suo stesso cuore, nel cuore stesso della produzione, e questo vuoto dà oggi al potere e alla produzione un ultimo barlume di realtà.”
Ma il vero luogo del potere ed in generale delle società postmoderne è l’iperrealtà, un luogo di seduzione più che di produzione. Ed il nodo cruciale di un’analisi del moderno è quello di riconoscere la sua autoreferenzialità, la difficoltà ad acquisire un punto esterno ed a tirarsene fuori.
L’emergere dell’ingannevole regno del simulacro e della simulazione come vera matrice della realtà è il più decisivo scacco a quel razionalismo occidentale che aveva invece pensato di potersi rispecchiare nella realtà. Dove Hegel si aspettava che chi guarda il mondo con gli occhi della ragione, ne sia ricambiato con lo stesso sguardo, ciò che viene restituito secondo Baudrillard al nostro sguardo è solo l’incoerenza di un paradosso. Un pensiero radicale, per diventare il suo stesso oggetto “deve farsi simulazione”, “deve prendere la forma di un mondo da cui la verità si è ritirata”.

Il sistema degli oggetti

Jean-Baudrillard-Paris-1986
Photo by Jean Baudrillard (Paris 1986)

La società dei consumi è nata sottraendo i suoi beni al processo materiale della loro produzione, per inserirli nell’ordine simbolico e seduttivo di una sorte di manna dal cielo del progresso tecnologico.
Gli oggetti sono come segni che costituiscono l’ordine simbolico nel quale viviamo. L’oggetto non è più lo zoccolo duro di una realtà non riducibile all’uomo, ma è divenuto suo oggetto di consumo. Il sistema degli oggetti è quello delle merci a nostra disposizione, ma anche quello di una continua sfida seduttiva al nostro stesso dominio su di esso. “Il soggetto è fragile, non potendo che desiderare, mentre l’oggetto si fa forte proprio dell’assenza di desiderio”.
Dietro la libertà degli oggetti di non riferirsi ad altro che alla loro funzionalità, sta la costrizione dell’uomo di sottostare alle loro regole. In un mondo dove scompaiano gli oggetti, l’uomo si sentirebbe più smarrito che libero. Gli oggetti costituiscono una rete di informazioni di cui sentiamo di non poter fare a meno. Con le parole di Vanni Codelupi, autore di una bella monografia su Baudrillard: gli oggetti “oppongono alla nostra passione di essere umani per la libertà e la differenza, la passività della loro fredda seduzione”.
Nell’epoca della tecnica l’uomo si scopre indotto a sostituire la realtà con un suo simulacro. Quasi che i segni si emancipassero dal loro significato.

La scomparsa della realtà

Dice Edgar Morin a proposito di Baudrillard:
“Il grande e discusso problema della realtà è stato ripreso a suo modo da Jean Baudrillard secondo il quale il mondo degli oggetti industriali, della tecnica, dei media e oggi del digitale crea una falsa realtà che con la sua pervasiva invadenza diventa alla fine la sola realtà. Con la diffusione e l’estensione del virtuale il massimo della irrealtà diventa il massimo della realtà.”
L’uomo si crea una protesi, un mondo virtuale, ed anziché vivere il terrore di questa apparenza onnipervasiva, ne approfitta per scomparire.
Ad ogni modo è a livello simbolico che si gioca il senso delle nostre esistenze: ad un livello che non è reale nel senso di razionale, ma è un ordine nel quale vita e morte, bene e male possono scambiarsi tra di loro.

Photography-of-Jean-Baudrillard
Photo by Jean Baudrillard

Le strategie fatali

“L’universo non è dialettico – è votato agli estremi, non all’equilibrio. All’antagonismo radicale, non alla riconciliazione, né alla sintesi.” E di fronte ad un mondo impermeabile, indifferente ed incomprensibile, cambieranno le nostre strategie. “Al più vero del vero opporremo il più falso del falso. Non opporremo il bello e il brutto, cercheremo il più brutto del brutto: il mostruoso. Non opporremo il visibile al nascosto, cercheremo il più nascosto del nascosto: il segreto”.
Il linguaggio di Baudrillard è accattivante. “Ogni tensione metafisica si è dissipata, lasciando il posto a un’atmosfera patafisica, e cioè alla perfezione tautologica e grottesca dei processi di verità”. Più gioiosa di una teoria critica sarà una teoria ironica.
L’irrealtà della seduzione è più vera della realtà di un amore che non esiste.
La morte si insedia alla base dello scambio simbolico. “Contro l’illusione insensata dei vivi di volersi vivi a esclusione dei morti, contro l’illusione di ridurre la vita a un plusvalore assoluto sopprimendone la morte, la logica indistruttibile dello scambio simbolico ristabilisce l’equivalenza della vita e della morte – nella fatalità indifferente della sopravvivenza. Rimossa la morte nella sopravvivenza – la vita stessa non è allora, secondo un ben noto riflusso, che una sopravvivenza determinata dalla morte”. Nello scambio simbolico il sovrappiù viene nella morte riconosciuto: “la vita esiste soltanto nell’irruzione e nello scambio con la morte”.
Il pensiero di Baudrillard è oltremodo paradossale. “Dire il Male significa dire quella situazione fatale e paradossale che è il concatenamento reversibile del Bene e del Male”.
Il mondo è più che falso ed ingannatore, il reale e l’immaginario si sono derealizzati insieme. Non resta che l’ordine simbolico. Che fa della non pretesa di dire la realtà la sua forza. Il doppio, la magia, la morte danno forma al simbolico.  La sfida di uno scambio impossibile.

Siena Jean-Baudrillard
Photo by Jean Baudrillard (Siena)

Scrisse Oscar Wilde: “La vita imita l’arte più di quanto l’arte imiti la vita”. Se il simulacro ha preso il posto del reale, vuol dire che il reale era già un simulacro. Nel miraggio americano dell’utopia realizzata, non c’è più storia. E Baudrillard provocatoriamente ha indicato nel terrorismo una catastrofe annunciata, se non la seduzione della fine del mondo. L’ossessione securitaria come il rovesciamento del terrorismo nel suicidio dell’Occidente.

Ma allora forse bisogna dimenticare Baudrillard: riguardare alla Natura, alla Terra, a Gaia come a quel mondo che è stato insultato dalla nostra distruzione della realtà. E guardare all’ecologia non solo come ad un sentimento nostalgico, ma come ad una lucida critica dell’attualità.
Oltre un nichilismo che fagocita ogni cosa e la restituisce derealizzata, resta l’atto della scrittura di Baudrillard come testimonianza di un’ironia vertiginosa ed impertinente, sconcertante ed in qualche modo gioiosa. “Un nichilismo che dice il mondo nella sua radicalità, nella sua forma duale e reversibile, il che non ha mai significato una scommessa sulla catastrofe, e ancor meno sulla violenza”.