Stavamo seduti vicini, in una grande, illuminata, asettica, deserta, sala d’aspetto con manifesti che invitavano alla prevenzione.
Melanomi, noduli al seno, ipertrofia prostatica, asma, prevenzione HPV.
C’era tutto per prevenire e vivere cent’anni. Morire malati, ma vivere sani…
Ragazza magrissima, gambe strette e sottili, in una gonna larga con scarponi neri alti coi lacci, come vanno oggi, su caviglie sottili che sciacquavano su quelle gambe asciutte come una gru.
Composta, impaurita mentre aspettava il suo numero.
“Chissà che analisi deve fare, quale indagine, oppure parlare solo col medico per ritirare il referto”. Pensavo.
Minuta, incerta, spaesata, lontana, preoccupata, altrove.
Non so, il solo vederla accanto a me in quello stato, mi aveva dato come una morsa al petto mista ad agitazione.
Le avrei detto mille cose a conforto perché si vedeva che l’angoscia trapelava dai pori e dalle guance pallide, ma stetti muto forse per non disturbare il caos ordinato che si avvertiva dentro di lei e che doveva essere lasciato così senza conforto.
Invece lei mi rivolse la sua voce sottile chiedendomi in un sussurro “sto per morire, soffrirò, quanti pochi mesi mi rimangono?”.
Mi girai, le feci il sorriso migliore che avessi, e non trasalii a quelle frasi disperate che per forza dovevano uscire per trovare uno sfogo per un conforto seppur da uno estraneo.
Ma il solo fatto di sedere vicini in una sala semivuota aveva creato una sorta di abbandono tra lei e me, doloroso, caldo, su quelle spalle magre.
Cominciai a parlare, a tranquillizzarla, a stringerle forte le piccole mani…
Ma chiamano il suo numero, e si alza con uno scatto e si avvia allo studio indicato, stavolta decisa nel passo e pronta al peggio.
Passano i minuti, la porta si riapre, e cerco il suo viso per capire.
E fu meraviglioso trovare il suo sguardo ora diventato luminoso, arrossato, e libero da alcuna angoscia.
Pareva che tutto il peso del mondo fosse annullato, che i respiro oppresso sia stato liberato, che la gioia era irrefrenabile.
Torna a sedersi accanto a me dopo aver pagato. Stavolta mi stringe lei le mani con forza, asciutte, magre, non tremanti come poco prima.
Mi ringrazia come se fossi il suo salvatore, mi appoggia la sua fronte sul mio vecchio viso rugoso senza piangere, come se fossi l’artefice di tutto ciò, e del miracolo avvenuto.
Non mi ero mai sentito in odore di santità, ma per un attimo credo splendei di una mia luce, oserei dire transnaturale.
Passarono alcuni mesi per rincontrarla sempre lì.
Stavolta con due ricette in mano scritte proprio da quel medico.
Ricette diverse, di Omeopatia.
Dettavano: Phosphorus 06/LM-30LM, Litio Catalitic fiale os.
L’aspetto della ragazza era ancora migliore come me la ricordassi. Più “in carne”, assolutamente non emaciata né disperata.
Ci siamo sorrisi riconoscendoci, senza salutarci, entrambi sapevamo che le nuvole nere erano passate: infatti quella mattina splendeva un maestoso sole sul golfo.