Quando una persona entra in un percorso di trattamento oncologico, è come se venisse ingaggiata in una maratona contro il tempo: la chemioterapia attacca le cellule tumorali, ma il “terreno di gara” — il corpo umano — paga un prezzo. Nausea, affaticamento, lesioni alla bocca, alterazioni della pelle, perdita di capelli, abbassamento delle difese immunitarie: tutti segni visibili e invisibili che la chemioterapia lascia dietro di sé. È in questo spazio di sofferenza che molti pazienti (e professionisti) si chiedono: l’Omeopatia può aiutare?
In questo articolo esploriamo le evidenze scientifiche inglesi per rispondere a questa domanda, indicando cosa sappiamo finora, cosa resta da chiarire, e come integrare responsabilmente questo approccio all’interno di un modello di oncologia integrata, come discusso anche nei Principi di oncologia integrata di Francesco Marino e Massimo Bonucci, che abbiamo recensito qui nel blog.
Cosa dicono le ricerche sull’Omeopatia in oncologia
Risultati del più ampio studio clinico controllato su nausea e vomito
Uno studio randomizzato in doppio cieco, con placebo, su pazienti con cancro al seno non metastatico ha valutato l’aggiunta di un rimedio omeopatico complesso, Cocculine, al trattamento antiemetico standard per la gestione di nausea e vomito indotti dalla chemioterapia (CINV). I risultati hanno mostrato che non c’è stato miglioramento significativo nei punteggi di nausea o di vomito tra il gruppo omeopatico e il placebo.
Effetti sull’indice di qualità della vita e benessere soggettivo
Uno studio pragmatco randomizzato con 410 pazienti ha misurato l’effetto di un trattamento classico omeopatico (questa volta con medicinale omeopatico unitario e individualizzato) in aggiunta alle terapie standard oncologiche, concentrandosi non tanto sui singoli sintomi, ma sullo stato di salute globale (global health status) e sul benessere soggettivo (subjective wellbeing). I pazienti che hanno ricevuto l’Omeopatia hanno mostrato miglioramenti significativamente maggiori rispetto ai controlli su entrambe le misure.
Una recente revisione sistematica
La più recente revisione sistematica (2022), pubblicata su Frontiers in Pharmacology, ha analizzato in modo approfondito le evidenze disponibili sull’uso dell’Omeopatia per la gestione degli effetti collaterali della chemioterapia. Gli autori hanno preso in considerazione studi clinici e osservazionali, concludendo che, pur con alcune limitazioni metodologiche legate alla dimensione ridotta dei campioni e all’eterogeneità dei protocolli, esistono segnali incoraggianti a favore dell’efficacia di alcuni rimedi omeopatici nel ridurre sintomi come nausea, mucosite, fatigue e dermatiti da trattamento. La revisione sottolinea la necessità di ulteriori trial clinici ben disegnati e multicentrici, ma riconosce che l’Omeopatia, se integrata in un approccio di medicina complementare, può rappresentare un supporto sicuro e potenzialmente utile per migliorare la qualità di vita dei pazienti oncologici.
Come inserire Omeopatia nel percorso di oncologia integrata
Oggi l’inserimento dell’Omeopatia all’interno di un percorso di oncologia integrata richiede un approccio coordinato e basato sulla collaborazione tra specialisti. Sempre più centri oncologici riconoscono l’importanza di affiancare alle terapie convenzionali strumenti che aiutino i pazienti a gestire gli effetti collaterali e a migliorare la qualità della vita.
L’Omeopatia, grazie al suo profilo di sicurezza e alla personalizzazione dei trattamenti, può essere proposta come complemento alle cure, senza interferire con i protocolli farmacologici. La sua integrazione avviene solitamente attraverso la presa in carico multidisciplinare, in cui oncologi, medici esperti in Omeopatia e altre figure di supporto condividono piani terapeutici mirati. Questo modello consente di rispondere non solo ai bisogni clinici, ma anche alle dimensioni psicologiche ed emotive della malattia, offrendo al paziente un percorso più umano e completo.
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