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22 Marzo, 2022

Noam Chomsky e la grammatica universale

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La prima sorpresa nell’approcciare il pensiero di Noam Chomsky, nato a Filadelfia nel 1928, è il fatto che in lui coincidano lo scienziato che ha rivoluzionato la linguistica ed il politico che è un punto di riferimento della sinistra radicale di tutto il mondo. Il fine è il medesimo: la comprensione profonda di ciò che è l’uomo, nelle sue relazioni, nel suo agire sociale.

Risale all’antica filosofia greca la definizione dell’uomo come animale logikòn, cioè prima e più ancora che razionale l’unico animale dotato di linguaggio, cioè – come ebbe a dire Darwin, citato da Chomsky – della capacità di “associare i suoni alle idee più diverse”. Un’associazione che è di per sé creativa: si adatta alle circostanze ma la sua genesi non può essere ridotta a cause esterne. 

La più nota teoria del linguaggio di Chomsky è quella della grammatica generativa, cioè lo studio del linguaggio a partire dalle regole che rendono possibili processi mentali ricorsivi potenzialmente infiniti e d’altronde generati da un insieme finito di regole più o meno comuni a tutti i linguaggi naturali. Come che si possa indagare una grammatica universale, una proprietà biologica che stia alla base della nostra capacità linguistica e che fornisca le regole di una sorta di linguaggio del pensiero.   

Nello studiare la mente Chomsky rifiuta non solo il dualismo metafisico cartesiano, ma anche il dualismo metodologico, quello secondo cui il cervello propriamente detto dovrebbe essere analizzato in modo differente da come si possa analizzare ad esempio il cosiddetto cervello intestinale. Non c’è coscienza che non discenda dalla nostra stessa fisiologia. La coscienza non è un mistero ma un processo naturale per comprendere tuttavia la quale la scienza deve andare oltre alcuni paradigmi. “Ci resta una seria e impegnativa ricerca scientifica: determinare le componenti innate della nostra natura cognitiva nel linguaggio, nella percezione, nella concettualizzazione, nell’elaborazione di teorie, nella creazione artistica e in tutti gli altri ambiti della vita.”

Mente e corpo

“Considererei la linguistica come quella parte della psicologia che concentra la propria attenzione su una specifica sfera cognitiva e una specifica facoltà della mente, quella del linguaggio”: così Chomsky inizia una sua conferenza nel 1978 alla Columbia University. Dando poi come implicita questa indicazione metodologica: “Nessuno crede che i corpi siano automi cartesiani o che i sistemi fisici siano soggetti alle restrizioni del meccanicismo cartesiano”. La mente a sua volta può essere indagata nella sua natura e nella sua fisiologia: “La nostra mente è un sistema biologico stabile, caratterizzato da un proprio campo d’azione e da limiti intrinseci.” La linguistica offre un ponte di comunicazione tra diversi ambiti della scienza dell’uomo. “Possiamo utilmente pensare alla facoltà linguistica… come a un organo mentale analogo al cuore, al sistema visivo o al sistema di coordinazione e pianificazione motoria”.

La conoscenza linguistica deriva dal nostro patrimonio genetico e dalle nostre esperienze. L’uso che di questa conoscenza facciamo deriva dalla nostra capacità di scegliere e di decidere che cosa fare.

Per Chomsky la lingua, prima che essere un sistema strutturato di significati socialmente determinati, riguarda la nostra capacità mentale individuale innata di collegare delle parole e delle frasi tra di loro. Regole innate formano la nostra competenza come capacità di produzione di frasi ben formate, a partire dalla quale è possibile l’esecuzione, la produzione effettiva di frasi in una data lingua. L’approccio di Chomsky spiega la creatività linguistica, la capacità di costruire un numero potenzialmente infinito di frasi con un vocabolario limitato e delle regole date.

D’altronde, se c’è una grammatica universale che riguarda la comune natura dell’uomo nella sua capacità di usare il linguaggio, è perché appartengono alla natura umana anche alcuni diritti e principi fondamentali che possano regolare il nostro agire morale e politico.

Il bene comune e la responsabilità degli intellettuali

Scrive Chomsky: “Il liberalismo classico è naufragato nelle secche del capitalismo, ma l’umanesimo di cui era portatore con le sue aspirazioni ed il suo impegno non sono morti”. La radice umanista del liberalismo, se non travisata dal liberismo economico, è la stessa del socialismo libertario se non addirittura dell’anarchismo. Ed è essa che può ancora dare linfa alla democrazia e difenderla dalle minacce di quelli che Chomsky chiama i nuovi padroni, i potentati economici supportati da un populismo autoritario. Ovviamente recentemente Chomsky ha sentito tutta la responsabilità di intellettuale nel doversi opporre a Trump, alla sua politica ed alla sua stessa idea di politica. Per salvaguardare la democrazia come bene comune.

Agli intellettuali “la democrazia occidentale fornisce l’agio, le possibilità e l’istruzione per ricercare la verità che giace nascosta sotto il velo delle distorsioni, delle false rappresentazioni, dell’ideologia e dell’interesse di classe”. Per ribadire ciò che dovrebbe essere evidente, ma a cui molti si sottraggono: “E’ responsabilità degli intellettuali dire la verità e denunciare le menzogne”.

Quello di essere intellettuali è un privilegio che va esercitato per il bene comune, mettendo in discussione l’operato di chi governa e di chi esercita il potere. “Una responsabilità morale in quanto esseri umani integri”.

Crisi ambientale e giustizia sociale

I problemi ambientali sono forse oggi i più significativi. Per salvare l’ambiente occorre una pianificazione sociale che coinvolga tutti e che sostituisca l’interesse di tutti ad una mera logica di profitto che non può che portarci all’autodistruzione. La salvezza del pianeta non può essere disgiunta dal fatto che ad inquinarlo siano fondamentalmente pochi ricchi che producono e consumano molto più di tutto il resto della popolazione. “Se esiste una pianificazione sociale compartecipata, e se quindi la gente decide in funzione dei propri interessi, cercherà di fare in modo che le possibilità di lavoro si concilino con la qualità del lavoro, con il tipo di energia disponibile, con le condizioni di interazione personale, con la necessità di avere la sicurezza che i figli possano sopravvivere e così via”.

Se i padroni del mondo fabbricano consenso verso il precipizio, è importante che gli intellettuali lavorino per una corretta informazione. Ed è ciò che sorregge l’ottimismo malgrado tutto del Chomsky puntualmente impegnato in molte battaglie civili del dibatto politico attuale.