Che Arte e Salute abbiano un legame forte, quasi magico, non è certo notizia dell’ultim’ora. Ricordate, ad esempio, il caso della paziente operata al cervello mentre suonava il violino? Che la musica possa essere di grande aiuto nella gestione dello stress e dei livelli di ansia, o nella cura dei pazienti affetti da demenza è dimostrato da molti attendibili studi. A volte il legame tra l’arte e la mente umana può essere più profondo, finanche più oscuro, come sa bene chi ha sperimentato la sindrome di Stendhal, un’affezione che provoca tachicardia, vertigini, confusione e allucinazioni in persone messe al cospetto di opere d’arte di straordinaria bellezza.
A quanto pare, però, questo legame abbraccia casi molto più generali di quelli molto specifici fin qui presi in esame. Una nuova ricerca effettuata dallo University College di Londra e pubblicata sul prestigioso British Medical Journal sembra mostrare una forte correlazione tra frequentazione di musei, teatri, concerti e gallerie d’arte e aspettativa di vita.
Secondo questa ricerca, condotta durante un follow up medio di 12 anni, frequentare almeno una volta al mese uno di questi luoghi riduce il rischio di morire addirittura del 31%. Anche chi ha potuto godere di queste attività culturali solo una o due volte l’anno ha visto una riduzione del rischio di morte del 14%. E questo, a quanto pare, quali che fossero stato civile, l’occupazione, la ricchezza, l’istruzione e i gruppi di amicizia. Numeri che, se si dimostrassero veri, sarebbero strabilianti.
Per realizzare lo studio i ricercatori dell’University College di Londra hanno chiesto a 6.710 persone, di età superiore ai 50 anni, di elencare la frequenza con cui hanno frequentato eventi artistici di qualsiasi sfera. L’età media degli intervistati era di 66 anni e il gruppo era composto per il 54% da donne. Gli autori dello studio sottolineano che altri fattori potrebbero aver avuto un ruolo di disturbo nella ricerca: il fatto stesso di recarsi al teatro o al museo, ad esempio, potrebbe dimostrare una migliore salute mentale, o l’assenza di problemi di mobilità che renderebbero difficile o impossibile la fruizione di spazi artistici e che possono inficiare lo stato di Salute per altre vie. I risultati, tuttavia, sembrano gli stessi anche ove lo studio venga sterilizzato da queste incidenze esterne e adeguato a questi fattori.
La parte più triste di questo studio, però, è che coloro che trarrebbero i maggiori benefici da questa “terapia artistica” (depressi o persone in grande solitudine) sono proprio coloro che, volenti o nolenti, ne fanno meno uso. Allo stesso modo, il 40% degli appartenenti al gruppo meno ricco ha riferito di non aver avuto mai accesso ad attività culturali.
“È necessario che nella nostra concezione di Salute nuovo spazio sia dato a fattori sociali deteminanti – concludono i ricercatori della University College – e che si cominci a lavorare per garantire che i benefici per la Salute di queste attività siano accessibili a coloro a cui più gioverebbero”.
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