Il sottotipo Sociale dell’Enneatipo Cinque unisce la volontà di conoscenza con una ulteriore prerogativa a teorizzare, più che a parlare di se stesso. Intellettualmente vanitoso, emotivamente ancora più freddo. La sua ricerca di relazione si cristallizza in una superiore idealizzazione, una sorta di totem che scambia per la realtà. “Una ricerca del valore supremo delle cose che determina una perdita di senso della vita e del valore umano” (D’Agostini, Fabbro, Enneagramma e Personalità). Utilizza la sua conoscenza come un totem per esorcizzare le sue emozioni.
Questa idolatria della torre d’avorio della conoscenza è quella per esempio irrisa da Elias Canetti (Il Testimone auricolare) nel personaggio del Trincalibri: “Il Trincalibri legge di tutto, qualunque libro, purché sia difficile”. “A diciassette anni aveva già l’aspetto di adesso che ne ha quarantasette. Quanto più legge, tanto più rimane lo stesso”. “Poiché c’è sempre qualcosa che non conosce ancora, non si è mai annoiato”.
Il professor Isak Borg ne Il posto delle fragole, film di Ingmar Bergman, sta coronando la sua carriera di studi e per ricevere l’onorificenza compie un lungo viaggio, in compagnia della nuora incinta, ripercorrendo i luoghi della sua infanzia. Rivive il distacco algido della madre, il mancato amore della gioventù, le accuse della moglie ora morta che a lui rimproverava di essere gelido ed insensibile. La nuora francamente lo accusa del suo raffinato egoismo e della sua severa distanza. Ed Isak rielabora oniricamente: sogna di essere morto, sogna di un giudice che lo accusa di essere incompetente, poiché indifferente ed incapace di comprendere. Il giudice sentenzia: “La punizione è la solita: la solitudine”. A loro durante il viaggio si uniscono tre ragazzi, l’atmosfera si anima, il viaggio diviene un suo percorso di redenzione e di apertura.
Lo scrittore perfezionista e solitario William Forrester (nel film Scoprendo Forrester di Gus Van Sant) viene stanato dalla sua solitudine da un ragazzo, Jamal, che entra di nascosto nel suo appartamento: entra con lui in confidenza e relazione riconoscendo anche in lui un talento letterario.
L’incantesimo che ha la parola scritta per questo carattere si ritrova nel protagonista del film The Reader (di B. Schlink), sedotto e che a sua volta seduce la sua anziana amante leggendole libri. Resta peraltro indifferente quando la rivede anni dopo processata per aver lasciato morire delle donne ebree in un incendio. Solo decide di inviarle in carcere delle registrazioni nelle quali egli legge ad alta voce dei romanzi.
Può esserci anche della saggezza in questa sete di conoscenza, come nel Prospero di Shakespeare. Ma anche il destino di una vita mediocre ed anonima, come quella del marito di un’eroina del teatro di Ibsen, Hedda Gabler. Mentre Hedda presume di aver spinto al suicidio una sua vecchia fiamma e possibile rivale del marito, distruggendo un suo manoscritto geniale, l’attenzione del marito è quella piuttosto di cercare di ripristinare in qualche maniera quel testo. Lui, George, il marito, è un intellettuale piccolo-borghese, studioso di storia medioevale, mediocre eppur borioso e contegnoso. George non crea niente da sé, ma assiduamente studia le creazioni di altri, fino a cercare di ricostruire lui il manoscritto perduto del suo rivale.
Decisamente vanitoso ed egocentrico è invece agli occhi di zio Vanja il Professore, ex cognato e che ha sposato la giovane Elena, di cui Vanja è innamorato. Vanja un tempo credeva nella grandezza del Professore e lo adorava; oggi ne è deluso, ha compreso quanto la sua comprensione delle cose non sia originale, ed arriva per i loro contrasti fin quasi ad ucciderlo. Il carattere del Cinque Sociale può suscitare grandi ammirazioni, ma anche grande delusioni.
Grande ingegno e grande fragilità emotiva, spettro autistico ed orientamento omosessuale, sono i contorni che ritaglia a questo carattere la vicenda di Alan Turing, raccontata nel film Imitation Game, di Morten Tyldum. C’è una frase emblematica del film, che lui rivolge alla sua più arguta collaboratrice ed intima amica, ed è la frase che lei rivolge a lui alla sua morte: “Sono le persone che nessuno immagina possano fare certe cose quelle che fanno cose che nessuno può immaginare…”
Phosphoricum acidum è, secondo C. Coulter (Portraits of Homeopathic Medicines), il rimedio centrale del sintomo dell’Indifferenza. “Relazionarsi agli altri ed avere aspettative comporta inevitabilmente dolore e delusione. Ognuno coltiva in qualche grado una sorta di indifferenza che, come un fossato scavato attorno ad una fortezza, tenga lontano il trauma dell’abbandono e del fallimento; e Phosphoricum acidum è uno dei maggiori rimedi per pazienti che, per autodifesa, provino a creare un blocco ad ogni coinvolgimento emotivo profondo”.
È interessante il modo in cui P. Bailey cerca di ritrovare nelle caratteristiche di Phosphoricum acidum un tipo caratteriale. La cui patologia risiede soprattutto nel torpore emotivo, nella mancanza di emozioni. È come se io non fossi vivo. “Nessuna felicità, nessun amore, nessuna tristezza… dove dovrebbero esserci i suoi sentimenti c’è proprio un vuoto”
C’è una sofferenza psichica, un trauma, un amore non corrisposto dietro uno stato acuto di Phosphoricum acidum. Il tipo caratteriale può ritrovare nella cura il suo animo sensibile, gentile, impressionabile; più mite e delicato del focoso fosforico.
L’algida lucidità di questo tipo degenera in confusione mentale, quando il filo sottile del suo legame sentimentale al mondo si rompe.
Da una vicenda di cronaca è tratto un libro di Emmanuel Carrère, L’avversario, da cui è stato tratto un film. Jean Claude Roman aveva effettivamente finto per diciotto anni di essere medico, prima di sterminare genitori, moglie e figli. Dal secondo anno di medicina in poi, in seguito ad una delusione d’amore procuratagli da colei che poi riuscirà a sposare, ha accumulato una serie di finzioni – finta malattia, finti esami, finta laurea, finto incarico professionale – a copertura di una vita apparentemente esemplare e serena, e riuscendo a procurarsi soldi proponendosi come gestore dei risparmi dei genitori, dei suoceri, di amici. I lunghi momenti di solitudine lo spingono via via sull’orlo dell’esplosione di follia. Il suo vuoto affettivo, appeso ad una fragile finzione, rassegnato all’infelicità, proviene da una serie di traumi repressi, a cominciare dalla famiglia d’origine tanto rispettabile quanto anaffettiva, e procede verso il disastro. Alla fine tenta il suicidio, ma poi sopravvive al processo, quasi anzi interpretando il nuovo ruolo di vittima sacrificale dei mali del mondo. Quello che irreversibilmente gli sfugge è la realtà umana dei suoi sentimenti: ha finto la vita che si è costruito imparando ad occultare la sua interiorità, a non connettersi emozionalmente. Si prova più empatia nei suoi confronti di quanta lui ne provi anche per se stesso, che conduce una vita di cui è spettatore distaccato. “A volte non essere smascherati, è peggio di esserlo”. Il protagonista mente anzitutto a se stesso, è lui il suo principale avversario.
2 commenti
giuliabarile322@gmail.com
Molto interessante
Generiamosalute
Grazie Giulia
I commenti sono chiusi.